1 • Appiccicare etichette…
Un paio di mesi fa una ragazza ha recensito così una paginetta del blog:
«Sei simpatico e fai dei bei fumetti ma resta il fatto che proponi delle idee reazionarie»
Dopo un attimo di silenzio, mi è venuto in mente lo scambio di battute tra Fiorenza e Mario Brega:
(Mario Brega) E co’ ‘sta stronza che so’ du’ ore che sta a mastica’… Ma che te ciancichi? Aò!
(Fiorenza) Guarda che io a mi’ padre j’ho già sputato ‘n faccia! Attento fascio, che nun ce metto gnente!
(Mario Brega) A me fascio? Io fascio? A zoccole’, io mica so comunista così, sa… SO COMUNISTA COSÌ!!!
(dal film Un sacco bello, diretto da CARLO VERDONE (1980, Roma, Medusa Distribuzione))
Oh, beninteso: io non sono comunista…
…e non mi permetterei mai di dire «zoccoletta» a una ragazza…
Alla fine comunque ho fatto un bel respiro profondo…
Ho contato fino a 174.215…
…ed ho risposto in questo modo:
«In realtà, propongo quel che dice la Chiesa… 😊
Quando la Chiesa parla dei migranti, delle periferie esistenziali o della destinazione universale dei beni, la gente dice che è “di sinistra” o “progressista”…
Quando la Chiesa parla di antropologia o di bioetica, la gente dice che è “di destra” o “reazionaria”…
…in realtà è solo la Chiesa.
Senza aggettivi 🙃»
Fiuuù…
E anche oggi, ho rimandato l’embolo a domani…
2 • Chiesa cattolica, destra e sinistra
«Palombella rossa» è un film del 1989 di Nanni Moretti.
In una scena abbastanza famosa, c’è uno scambio di battute surreale tra Michele Apicella e una giornalista.
La giornalista usa neologismi, anglicismi e una serie di altre parole che infastidiscono talmente tanto Michele, che a un certo punto “esplode”, le tira un ceffone ed urla:
«Come parlaaa? Come parlaaa? Le parole sono importanti! Come parlaaa!»
(Michele Apicella in Palombella rossa, diretto da NANNI MORETTI (1989, Roma, Sacher Film))
Perché sto citando questa scena?
Beh, perché penso che le parole siano importanti!
Non so se anche nel resto del mondo sia così, ma ho notato che in Italia politicizziamo tutto – persino la Chiesa!
Diciamo che la Chiesa è «di destra» quando parla di:
- aborto
- eutanasia
- famiglia
- omosessualità
- castità
- altri temi che hanno a che fare con l’antropologia o la bioetica.
Invece, diciamo che la Chiesa è «di sinistra» quando parla di:
- solidarietà
- carità
- migranti
- bene comune
- destinazione universale dei beni
- qualche altro tema “sociale”.
Ora.
Fâmo a capisse.
A volte ci sono sacerdoti che dicono esplicitamente di essere «di destra» o «di sinistra».
Lo dirò senza girarci troppo intorno: i preti che indossano una casacca politica (di qualsiasi colore essa sia) sono uno degli scandali più grandi della Chiesa del terzo millennio.
Ciò che fanno è gravissimo.
Non sono scusabili.
Creano divisione all’interno della Chiesa.
Allontanano tanti cristiani, i quali non si riconoscono nell’agenda politica/ideologica del prete di turno.
O un sacerdote è «per tutti» e «di tutti», oppure non è un sacerdote secondo Cristo.
Se un sacerdote puzza «di partito politico», smette di essere «sacer» (dal latino «sacro»).
…
Comunque.
Al di là di questi casi plateali.
A volte invece accade che uomini di Chiesa (preti, cardinali, pontefici) vengano etichettati a sproposito – «di destra», «di sinistra», «rossi», «neri» – quando si limitano ad insegnare ciò che è scritto nel Catechismo, nella Dottrina Sociale della Chiesa o nei documenti di qualche concilio…
3 • La Chiesa e la politica
Non penso che abbia molto senso chiedersi se la Chiesa sia “di destra” o “di sinistra”.
Per due motivi:
- il primo è che – come accennavo sopra – alcuni aspetti dell’insegnamento della Chiesa sono più vicini al programma politico di alcuni partiti di sinistra, altri ad alcuni partiti di destra, altri ad alcuni partiti di centro, etc.
- il secondo è che, fino a pochi decennî fa, alcune battaglie avevano un colore politico, oggi ne hanno un altro, domani chi lo sa (ad esempio, oggi qualcuno direbbe che la tutela della famiglia è un tema «di destra»… ma un tempo non era così; guardate questa locandina del partito comunista italiano di qualche decennio fa… o queste altre due locandine comuniste, russa e francese).
Insomma, mi sembra un vicolo cieco.
Secondo me, invece, se proprio dobbiamo parlare di «Chiesa e politica», è più interessante fare un ragionamento di più ampio respiro.
Tanto per cominciare, partirei col farmi questa domanda: come funziona la politica?
Mi è piaciuta molto la risposta che ha dato Simone Budini, professore di Filosofia Politica all’Università Pontificia Salesiana:
La politica è un dispiegarsi di progetti all’interno del tempo, per organizzare e ordinare la cittadinanza in funzione di una prospettiva ideale.
(SIMONE BUDINI, da questa lezione tenuta alla Salesiana nel 2021)
Che vuol dire «in funzione di una prosettiva ideale»?
Beh, vuol dire che ogni partito politico, quando propone nuove leggi, quando modifica vecchie leggi, quando si oppone alla maggioranza, quando critica l’opposizione, etc… “prende spunto” da un’ideale di perfezione che ha in mente:
- a volte questo ideale ha a che fare col passato: usanze, tradizioni, culture, epoche storiche che non ci sono più;
- altre volte questo ideale ha a che fare col futuro: desiderî, progetti, prosettive, sogni, speranze per un’epoca storica che non c’è.
Disclaimer: di per sé, una prospettiva non è migliore dell’altra; si può idealizzare il passato, ma si può idealizzare anche il futuro; si può denigrare il passato, così come si può denigrare il futuro; ci si può lamentare dei «padri di ieri» che erano rigidi, severi, anaffettivi…
…ci si può lamentare dei «giovani di oggi» che si rincoglioniscono di canne seguendo trapper che si sono bruciati il cervello con la droga, e ci si può lamentare dei «giovani di ieri» perché… boh… qualcuno mi scriva su Instagram un motivo per cui lamentarsi dei giovani di ieri…
E così via…
4 • Tradizionalismo e progressismo; conservatorismo e riformismo
Riprendiamo il bandolo della matassa: abbiamo detto che la politica ha come obiettivo una prospettiva ideale (cioè un modo ideale di organizzare lo stato, la cittadinanza, le leggi, etc.).
- Quando la politica si rivolge al futuro per modificare l’essenza/sostanza della società, si parla di progressismo;
- quando si rivolge al futuro per modificare la forma della società, si parla di riformismo;
- quando la politica si rivolge al passato nella sua essenza/sostanza, si parla di tradizionalismo;
- quando si rivolge al passato nella sua forma, si parla di conservatorismo (*).
(*) (Anche queste quattro definizioni vengono dalla lezione di Simone Budini che ho citato sopra)
«Ehm…»
«Aspè, Sale… ma che stai a di? Non capisco! Forma? Sostanza?»
Mhh…
Provo a fare qualche esempio, così ci capiamo…
Esempio #1 (progressismo)
Cosa accomuna la Rivoluzione francese (1789), la rivoluzione d’ottobre che portò alla nascita dell’URSS (1917), la rivoluzione di Fidel Castro a Cuba (1953-1959) o la presa del potere di Kim Il-sung in Corea del Nord?
L’elemento comune è questo: in tutti e tre i contesti, coloro che si opponevano al “vecchio governo” per crearne uno nuovo, volevano cambiarlo in modo radicale, totale – nella sua essenza, appunto: prima c’era il re? Via il re! Prima c’era lo zar? Via lo zar! Prima c’era una base su cui si fondava lo stato? Eliminiamola, e ricostruiamo su altre fondamenta.
In sintesi: quando si vuole soppiantare «l’oggi», in modo radicale (come scrivevo sopra: «nella sua essenza») in nome di progetti, prosettive, speranze in qualcosa che «non c’è ancora», si parla di progressismo.
Esempio #2 (riformismo)
Per spiegare il riformismo, facciamo un’analogia calcistica.
Prendiamo l’AS Roma (ma potete cambiare a piacere con un’altra squadra).
Negli ultimi anni, ha comprato e venduto un sacco di calciatori.
Ha anche cambiato allenatore, più di una volta.
Ma per quanti cambi ci siano stati, è rimasta la «AS Roma».
Non si è trasformata in qualcos altro.
Ci sono stati tanti mutamenti, ma nessuno di questi l’ha cambiata nella sua essenza.
Se prendiamo un romanista degli anni ’50, uno degli anni ’90 o uno del 2022, tutti e tre baseranno il proprio “credo” calcistico su questi tre fondamenti immutabili:
- «La maglia e i colori non si discutono!» (cioè l’essenza)
- «Però si possono criticare la società e le scelte tecniche sbagliate!» (cioè la forma)
- «Che vinca o che perda, la Lazio è una merda!»
Ecco.
Quando si vuole modificare «l’oggi», non in modo radicale, ma in alcuni suoi aspetti (come scrivevo sopra: «nella sua forma») in nome di progetti, prosettive, speranze in qualcosa che «non c’è ancora», si parla di riformismo.
Esempio #3 (conservatorismo)
Come tutti saprete, dopo la Rivoluzione francese e le guerre napoleoniche c’è stata la Restaurazione (a partire dal Congresso di Vienna del 1815).
Wikipedia alla mano, con questo termine si indica «il processo di ristabilimento del potere dei sovrani assoluti in Europa e il conseguente tentativo anacronistico di ritornare all’Ancien Régime precedente la Rivoluzione francese».
Insomma, tagliando violentemente con l’accetta (e facendo venire una pericardite ad Alessandro Barbero o qualche altro storico), i varî sovrani che avevano perso la propria corona, si sono seduti intorno ad un tavolo, per provare a spartirsi nuovamente il potere.
I sovrani che volevano la Restaurazione guardavano – sì – al passato; ma non alla sua sostanza/essenza (un’identità nazionale, dei valori comuni, la tradizione della propria patria), ma solo alla sua forma: cioè al ripristino delle monarchie assolute.
Rifarsi alla forma del passato (e non alla sostanza) si chiama conservatorismo.
5 • …e la Chiesa dove si colloca?
Se è chiaro quel che ho scritto qui sopra, a questo punto nessuno si stupirà se scrivo che il contesto culturale moderno ha una matrice fortemente progressita.
In che senso?
Nel senso che la maggior parte degli influencer di Instagram/YouTube/TikTok, dei film hollywoodiani, delle serie tv di Netflix, Prime Video, Disney+ vivono in questo humus culturale: il rifiuto della cultura del passato – non solo nella sua “forma esteriore”, ma anche nella sua sostanza.
Facciamo qualche esempio:
- La sapienza della cultura ebraica di epoca ellenistica faceva scrivere all’autore del libro del Siracide che l’impudicizia è la radice dell’infedeltà (cfr. Sir 23,16-28)… oggi invece l’educazione sessuale degli adolescenti è affidata alla pornografia.
- Seneca diceva a Lucilio che «non è libero chi è schiavo del proprio corpo» (LUCIO ANNEO SENECA, Epistulae morales ad Lucilium, libro 14, paragrafo 92)… la cultura moderna ha fatto della cura del corpo uno degli idoli più grandi.
- Agostino diceva che la superbia è la radice di ogni male (cfr. AGOSTINO D’IPPONA, De civ. Dei, XIV, 4.1)… la cultura moderna ha fatto del «pride» una bandiera.
- Pascal diceva che il «divertissement» – ovvero i divertimenti da quattro soldi con cui le persone ingannano il tempo in attesa della morte – è uno dei nemici più grandi dell’uomo (BLAISE PASCAL, Pensieri, n.348-352.359)… oggi è il pane quotidiano di gran parte delle persone.
- Leopardi scriveva che «la noia è in qualche modo il più sublime dei sentimenti umani» (cfr. GIACOMO LEOPARDI, Pensiero LXVIII), perché rende l’uomo inquieto, insoddisfatto, lo mette in moto, gli fa crescere nel petto la sete di Infinito… nel nostro contesto culturale invece la noia è esorcizzata come il peggiore dei mali, un nemico da combattere a tutti i costi con stordimenti e svaghi da quattro soldi.
- E via dicendo (potrei continuare per ore)
Insomma.
Abbiamo divagato abbastanza…
È arrivato il momento di rispondere alla fatidica domanda…
…e la Chiesa?
Dove si colloca?
Beh… ovviamente la Chiesa si basa sulla tradizione, ovvero sulla trasmissione della Rivelazione. Quindi la Chiesa è tradizionalista «tradizionale» (*).
Il Kerygma (traslitterazione del greco Κήρυγμα; traducibile con «annuncio», «messaggio») è sempre quello, da duemila anni a questa parte: ovvero l’annuncio del Regno di Dio, che si è fatto presente e prossimo agli uomini di ogni tempo in Gesù – nella sua persona, nei suoi gesti, nelle sue parole, e soprattutto nella sua passione, morte e risurrezione.
Gesù è «il mediatore e la pienezza di tutta intera la Rivelazione» (cfr. Dei Verbum, n.2).
Questa è l’essenza della Chiesa. E non può cambiare.
Scusate l’inciso.
Torniamo alla Chiesa.
Se abbiamo detto che è «tradizionale», per forza di cose dunque la Chiesa non è e non potrà mai essere progressista: ovvero (usando la definizione che ho scritto nel paragrafo precedente) la Chiesa non può guardare al «futuro» per cambiare la propria «essenza», perché essa si fonda sulla persona di Gesù, un carpentiere galileo vissuto nel I secolo, che affermava di essere «una cosa sola con il Padre».
E per quanto riguarda «conservatorismo» e «riformismo»?
Beh.
Queste due correnti, ovviamente, sono sempre esistite all’interno della Chiesa.
In ogni epoca storica, la sostanza/essenza (ovvero la tradizione) è rimasta la stessa…
…ma a volte è stato necessario conservare anche la «forma», altre volte invece è stato necessario modificare la «forma».
Fino alla prima metà del ‘900, la componente «conservatrice» è stata sempre quella maggioritaria all’interno della Chiesa.
Nella seconda metà del secolo scorso però c’è stato un giro di boa…
…quale?
Il Concilio Vaticano II!
Con il Concilio, la Chiesa per salvare la tradizione ha rinunciato alla conservazione.
Dopo il Concilio, la Chiesa cattolica è rimasta tradizionale, senza essere più (necessariamente) conservatrice.
Conclusione
Riassuntone finale:
- la Chiesa è di destra? No.
- la Chiesa è di sinistra? No.
- la Chiesa è conservatrice? Non necessariamente… però, se c’è qualche forma da conservare, si conserva molto volentieri.
- la Chiesa è riformista? Non necessariamente… però, se c’è qualche forma da cambiare, si cambia molto volentieri.
- la Chiesa è progressista? Assolutamente no. Non c’è nessun «progetto futuro» in base al quale la sostanza/essenza della Chiesa possa cambiare.
- la Chiesa è tradizionale? Assolutamente sì. E lo sarà sempre. La sostanza/essenza della Chiesa non cambia: «Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre» (Eb 13,8).
sale
(Autunno 2022)
- Il contenuto della paginetta di oggi è a metà tra una rielaborazione ed una sbobinatura-para-para del video del professor Simone Budini, «La Chiesa è di destra o di sinistra?»)