1 • Il passaggio da «vietato avere rapporti sessuali prima del matrimonio!» a «obbligatorio avere rapporti sessuali prima del matrimonio!»
Sapete qual è la cosa buffa della cosiddetta “liberazione sessuale”?
Che non ha liberato un bel nulla!
Cento anni fa, c’erano delle regole che dovevi seguire:
- «NON DEVI avere rapporti sessuali prima del matrimonio!»
- «Per avere rapporti sessuali DEVI prima sposarti!»
Molte persone credono che grazie al Sessantotto finalmente siano state abolite le regole, e che finalmente si respiri un’aria più libera.
Devo essere onesto: lo credevo anch’io.
A farmi cambiare idea è stata Thérèse Hargot – una sessuologa belga (classe ’84) – con il libro «Una gioventù sessualmente liberata (o quasi)».
Questo libro rivolta come un calzino tanti stereotipi e luoghi comuni sul sesso.
Ad esempio, Thérèse fa notare che dopo il Sessantotto le regole sono rimaste: hanno semplicemente “cambiato il segno”.
In che senso?
Nel senso che le frasi che ho scritto sopra si sono trasformate in:
- «DEVI avere rapporti sessuali prima del matrimonio!»
- «Per sposarti DEVI prima avere rapporti sessuali!»
Prima veniva guardato con sospetto chi aveva rapporti prematrimoniali.
Oggi viene guardato con sospetto chi non ne ha.
Prima «quelle strane» erano le donne incinte non sposate.
Oggi «quelle strane» sono le persone che rimandano per troppo tempo la loro prima esperienza sessuale.
La sessualità di un adolescente “normale” consiste ormai nel moltiplicare e diversificare le esperienze sessuali.
Al contrario, la verginità è denigrata e gli ingenui vengono disprezzati dai coetanei.
Ma nel passaggio da un estremo all’altro si è solo rovesciata la prospettiva. La maniera di apprendere la sessualità, in sé, resta identica: normativa.
Che cosa è normale?
Che cosa non lo è?
Che cosa bisogna fare o non fare?
La cura scrupolosa nel conformarsi alla norma è, e resta, l’elemento fondamentale, al di là dei nuovi comportamenti.
Perché?
Semplicemente perché la norma rassicura.
(THÉRÈSE HARGOT, Una gioventù sessualmente liberata (o quasi), Sonzogno, Milano 2017, versione Kindle, 10-11%)
Thérèse aggiunge poi:
Allo stesso modo, sposarsi vergini e giovani non è solamente atipico, ma è soprattutto risibile perché completamente desueto.
Mentre convivere e sposarsi sul tardi (o non sposarsi affatto) fa tendenza… e in fin dei conti è di un conformismo desolante.
Sì, desolante, perché l’individuo crede di vivere una vita sessuale e affettiva svincolata dalle proibizioni, dalle regole e dalle istituzioni ma in realtà si conforma in ogni punto, e a sua insaputa, ai “bisogna”, “si deve” ed “è normale” della sua epoca, ai nuovi comandamenti.
In buona sostanza, si direbbe che l’evoluzione della società occidentale autoproclamatasi sessualmente libera sia rimasta bloccata all’adolescenza.
Ha rimesso in questione i princìpi morali della cultura giudaico-cristiana, si è opposta ai divieti, li ha trasgrediti con fierezza per affermarsi e svincolarsi da ogni autorità, ma è rimasta in un rapporto totalmente immaturo con la sessualità.
(THÉRÈSE HARGOT, Una gioventù sessualmente liberata (o quasi), Sonzogno, Milano 2017, versione Kindle, 11%)
Qualcuno potrebbe dire: «Vabbè, Sale! Ma almeno oggi si possono affrontare certe discussioni! Meglio parlarne che mantenere il tabù come si faceva un tempo! Oggi le persone mi sembrano molto più preparate sulle questioni sessuali».
Ora.
Lungi da me dire che tacere sia meglio di parlare.
Ma ho serî dubbi sul fatto che le persone siano più preparate sul tema…
…soprattutto se a formarle è l’industria pornografica.
E questa cosa non la penso solo io, ma anche la sessuologa belga:
Mi spiegano i genitori: «Ma la parola si è liberata! Lo vede da se stessa: le domande degli adolescenti evocano una diversità di posizioni e di pratiche sessuali con un vocabolario opulento, ficcante, perfino incomprensibile ai non iniziati! Noi non dicevamo mica tutte quelle cose, alla loro età!».
È vero, il vocabolario degli adolescenti si è parecchio arricchito: non hanno ancora un pelo ma pronunciano “zoofilia”, “vibratore” e “fellatio” – per citare solo i termini più soft – con un aplomb perfino esilarante.
Sempre più giovani hanno accumulato un lussureggiante repertorio di parole sessuali.
La memoria è viva, quando si tratta di sesso.
Queste bionde testoline utilizzano meglio dei loro genitori un vocabolario in altri tempi riservato al milieu della prostituzione, reso ormai corrente da una pornografia sempre più accessibile.
Sempre più cruda, pure: l’industria pornografica si vanta di possedere il formidabile potere di sciogliere le lingue e gli immaginari offrendo alla vista ciò che lo spirito cerca di nascondere a se stesso – il mondo dei fantasmi sessuali.
Allora, in effetti, il discorso sessuale sembra francamente liberato.
Non ci sono più tabù.
Si può dire tutto perché tutto viene mostrato, l’immagine e il discorso sessuale si esibiscono per strada o sui monitor.
Eppure, davvero questo è una prova di libertà?
(THÉRÈSE HARGOT, Una gioventù sessualmente liberata (o quasi), Sonzogno, Milano 2017, versione Kindle, 11-12%)
2 • Pornografia e legalità
Ma veniamo al tema della pagina.
Che c’è di male nella pornografia?
Cioè:
- «Non do fastidio a nessuno!»
- «Me ne sto buono buono in camera mia!»
- «È gratis!»
- «È igienica!»
- «Zero rischio malattie sessuali!»
- «Zero rischio gravidanze indesiderate!»
Non so se conoscete l’attivista americana Laila Mickelwait (se avete una mezzoretta, vi suggerisco di vedervi questa sua intervista).
Laila è:
- il CEO del Justice Defense Fund – un’organizzazione (senza scopo di lucro, apartitica e non religiosa) che si occupa di aiutare persone vittime del traffico sessuale e di abusi sessuali (anche minorenni);
- la fondatrice del movimento Trafficking Hub – un movimento globale i cui membri provengono da un ampio spettro di contesti politici, religiosi e non religiosi, economici e ideologici, che si uniscono tutti insieme per l’unico scopo di chiudere Pornhub e ritenere i suoi dirigenti responsabili di aver distribuito e tratto profitto da stupri, abusi sui minori, traffico sessuale e abusi sessuali.
Perché Laila vuole chiudere Pornhub?
Perché l’industria pornografica che c’è dietro si è resa complice di abusi, crimini, violazioni dei diritti umani ed ogni altro possibile genere di reato, perpetrato ai danni di centinaia di migliaia di donne.
La quantità di dati a riguardo è veramente impressionante (articoli, inchieste, docu-film, interviste a persone che hanno lavorato nell’industria pornografica).
Vi cito a titolo di esempio alcuni crimini di cui si è reso complice Pornhub (ma potete trovare un elenco più esaustivo sul sito di Trafficking Hub):
- un numero incalcolabile di ragazze scopre ogni giorni che sono stati caricati online – senza consenso – video in cui erano coinvolte in scene di sesso (a titolo di esempio, questo è uno dei tanti casi);
- una ragazza di 14 anni della California è stata violentata e il video della sua scena del crimine è stato caricato su Pornhub, che ha monetizzato sull’abuso subito dalla ragazza. La registrazione del suo trauma è stata trovata da un compagno di classe che si stava masturbando davanti ai video sul sito (qui trovate la fonte);
- in un’altra occasione, Pornhub stessa ha ammesso che nell’archivio del sito erano presenti 58 video di una ragazza di 15 anni che è stata violentata (qui trovate la fonte);
- altra storia su cui Laila ha fatto luce: nel «programma monetizzato» di Pornhub è stato trovato un trafficante di sesso di nome Michael Terrell Williams (sotto il nome di BigTankDog), che vendeva video di un sedicenne, abusato a scopo di lucro; Pornhub ha avuto il 35% dei ricavi dalla monetizzazione di quei video (qui trovate la fonte);
- otto anni fa, il taiwanese Justin Lee ha violentato 14 donne, filmato le aggressioni e caricato i video su Pornhub. Successivamente Justin è stato arrestato… ma sei anni dopo l’arresto, i video degli stupri erano ancora sul sito (qui trovate la fonte);
- il 16 dicembre 2020, quaranta donne che hanno lavorato su GirlsDoPorn (sito pornografico chiuso nel 2020) hanno intentato una causa contro MindGeek (società proprietaria di Pornhub) e altri siti web di pornografia. La causa afferma che MindGeek era a conoscenza del traffico sessuale dell’azienda già nel 2009 e sicuramente entro l’autunno 2016, ma ha continuato a collaborare con GirlsDoPorn fino a quando la società non ha chiuso (qui trovate la fonte).
Chiudo qui l’elenco, ma si potrebbe andare avanti per settimane.
A questo punto, qualcuno di voi si chiederà: «Ma se ci sono stati tutti questi crimini, come è possibile che siti come Pornhub siano ancora in piedi?».
La risposta è semplicissima: i soldi.
Non so se sapete che l’industria pornografica fattura cifre da capogiro.
Purtroppo è impossibile avere dei numeri precisi, perché è un settore che opera spesso ai limiti dell’illegalità – con frequenti casi di abusi e violazioni dei diritti umani…
…comunque è possibile trovare numeri approssimativi facendo delle ricerche online; alcuni rapporti parlano di un ricavo mondiale pari a 75 miliardi di dollari all’anno; altri di 150 miliardi all’anno.
Giusto per darvi un termine di paragone:
- lo IOR (la famigerata «banca del Vaticano», brutta e cattiva) ha fatturato 5,1 miliardi nel 2019 (si può trovare facilmente il dato nel report pubblico);
- META – la società di Zuckerberg, proprietaria di Facebook, Instagram e Whatsapp – ha fatturato 27,71 miliardi di dollari nel 2022 (fonte);
- Il gruppo Bytedance – che possiede TikTok – nel 2021 ha fatturato 61,7 miliardi di dollari (fonte);
- Tesla – la società dell’imprenditore Elon Musk – nel 2022 ha fatturato 81,46 miliardi di dollari (fonte).
3 • I danni della pornografia
Insomma.
Se ci mettessimo tutti una mano sulla coscienza…
Se approfondissimo alcune delle storie che ho citato nel precedente paragrafo…
Se ci rendessimo conto del fatto che il mondo della pornografia poggia su abusi, violenze e violazioni dei diritti di tante donne…
…chi avrebbe il coraggio di difendere ancora la pornografia?
Purtroppo, la risposta è: «un sacco di persone!».
La società consumistica in cui viviamo è piena di:
- borghesi con la pancia piena – seduti comodi sulla propria poltrona massaggiante – che si straccerebbero le vesti in nome dell’inalienabile diritto a masturbarsi davanti al video di una diciottenne («È maggiorenne! Non potete dirmi niente!!»);
- influencer – che dalle loro camerette dove streamano o caricano video su YouTube – credono di rendere un prezioso servizio alla società facendo fare alla pornografia un passo avanti nella finestra di Overton (penso a Guglielmo Scilla, Marco Merrino, il Masseo, Fedez o chi per loro);
- adolescenti che si fanno ingolosire dallo stile di vita dei borghesi o degli influencer di cui sopra (*) ;
(*) (Ovviamente non glie ne faccio una colpa… anzi, gli adolescenti mi fanno una grande tenerezza: spesso fanno i “ribelli” o i “bastian contrarî”… ma sotto a quella scorza dura sono dei pulcini bagnati, che non sanno distinguere la mano destra dalla sinistra…)
Insomma, i paladini del “sacrosanto diritto di farsi una pippa” sono tanti.
Tra questi, ci sarà sicuramente qualcuno che – di fronte agli abusi di cui ho parlato sopra – risponderà più o meno in questo modo: «Ok, Sale! Ti concedo il fatto che Pornhub è brutto e cattivo perché tratta male le donne! Io però mi guardo i porno su OnlyFans! Lì ci sono delle ragazze che – senza essere costrette in alcun modo – caricano video di loro iniziativa! Sono consenzienti! E ci guadagnano pure! Più onesto di così! Cosa c’è di male in questo?».
Eh! Eh!
Cari masturbatori seriali… mi aspettavo un’obiezione del genere…
Ok, sto al vostro gioco.
Anzi, la sparo ancora più grossa!
Facciamo finta che con il progredire della società, cessino del tutto questi crimini:
- niente più violenza sulle donne;
- niente più traffico di donne dai paesi poveri;
- niente più violazioni dei diritti umani nell’industria pornografica;
- si fa tutto in regola;
- si rispettano le leggi;
- si rispetta il consenso delle donne.
Se fosse così… che male ci sarebbe?
Bene.
Proviamo a capire se – tolte le violenze e l’illegalità – il porno ne esce pulito.
~
Partiamo dalla “citazione che non ti aspetti”.
Ovidie (nome d’arte di Éloïse Delsart, francese, classe 1980) è stata un’attrice pornografica nei primi anni 2000; attualmente è una regista di film porno.
Ecco cosa diceva in un documentario del 2015:
Il porno non ha più niente di trasgressivo.
In sei anni, l’umanità ha guardato l’equivalente di 1,2 milioni di anni in video pornografici e ha visitato 93 miliardi di pagine porno su piattaforme gratuite.
Ciò che era sulfureo è diventato all’improvviso banale.
Questo eccesso di immagini sessuali mi lascia perplessa.
Sento spesso che non siamo mai stati così liberi, mentre talvolta mi domando se, al contrario, non stiamo creando una nuova forma di alienazione.
(OVIDIE, nel documentario «À quoi rêvent les jeunes filles?» del 2015; citata in THÉRÈSE HARGOT, Una gioventù sessualmente liberata (o quasi), Sonzogno, Milano 2017, versione Kindle, 9%)
Nel libro di cui parlavo prima, la sessuologa belga Thérèse Hargot racconta molti aneddoti, accaduti durante gli incontri che teneva nelle scuole per parlare di sessualità, pubertà, concepimento, etc.
Una volta, alla fine di una lezione in una quinta elementare, un ragazzino ha commentato: «Comunque, se uno ha ancora delle domande, basta che vada su YouPorn!».
Thérèse è rimasta un po’ spiazzata…
Dieci anni fa, a uno con quella faccia avrebbero fatto la comunione senza passare dal confessore.
Ed ecco che cosa mi ha appena detto, fresco fresco, quando alla fine della mia lezione nella sua quinta elementare dico che mi dispiace di non aver avuto abbastanza tempo per rispondere alle loro domande sull’inizio della vita umana e sulla pubertà.
[…]
«Dimmi, com’è che sai questa cosa?» gli chiedo poi in disparte.
«Eh, maestra, io ho un fratello maggiore!» ribatte lui fieramente.
«Ah, sì? E quanti anni ha il tuo fratello maggiore?».
«Tredici, maestra».
(THÉRÈSE HARGOT, Una gioventù sessualmente liberata (o quasi), Sonzogno, Milano 2017, versione Kindle, 10%)
Qualche riga dopo, la sessuologa commenta così:
Mettiamo le cose in chiaro: non si tratta affatto della sezione lingerie dei cataloghi di abbigliamento femminile per corrispondenza, che all’epoca titillavano alcuni.
Non si tratta neppure dei film erotici “peace and love” degli anni Settanta.
La pornografia raccomandata da questo bambino consiste in una serie di primissimi piani sugli organi genitali e sulle zone erogene.
Bando a ogni trama, attori o amatori non sono che ammassi di carne che si accroccano secondo fantasmi (*) senza dubbio curiosi, di primo acchito, ma in sostanza estremamente codificati e stereotipati.
Questa volontà di mostrare tutto rivela l’aspetto meccanico della cosa, che riassume la sessualità in una prodezza tecnica, nella quale bisognerebbe essere performanti per realizzarsi nel godimento.
(THÉRÈSE HARGOT, Una gioventù sessualmente liberata (o quasi), Sonzogno, Milano 2017, versione Kindle, 10%)
(*) (NOTA A PIE’ PAGINA: da Freud in poi, nella letteratura psicoanalitica il termine “fantasma” indica uno scenario immaginifico in cui si manifestano componenti profonde del desiderio individuale che non si sono mai concretate nella realtà. I fantasmi libidici e quelli distruttivi, in particolare, sono le grandi coordinate del panorame inconscio dell’uomo [N.d.T.])
Thérèse esprime la stessa perplessità della regista porno Ovidie: «Ma siamo sicuri che questo modo di avvicinarsi al sesso sia un passo avanti?».
Siamo sicuri che questo tentativo di accendere i riflettori su vagine e peni eretti aiuti le giovani generazioni a formarsi un immaginario sessuale buono?
Nel suo saggio sull’eros, il filosofo sudcoreano Byung-chul Han (classe ’59) risponde così:
I nuovi mezzi di comunicazione non mettono affatto le ali alla fantasia.
La loro alta densità informazionale, soprattutto quella visiva, piuttosto la reprime.
L’iper-visibilità non è utile alla forza immaginativa.
In questo modo, il porno – che massimizza, per così dire, l’informazione visiva – distrugge la fantasia erotica.
(BYUNG-CHUL HAN, Eros in agonia, Nottetempo, Milano 2019, versione Kindle, 62-63%)
~
Qualche mese fa dicevo che le battaglie di alcune femministe mi lasciano un po’ perplesso:
- Michela Murgia – che si straccia le vesti per il mancato utilizzo dello schwa nella lingua italiana, ed ha una crisi di identità se non pronuncia le parole «patriarcato» o «maschilismo tossico» settantasette volte al giorno;
- Chiara Ferragni – che dall’alto del suo reddito che la maggior parte di noi può solo sognare, si veste in modo eccentrico a Sanremo, e con i suoi monologhi auto-celebrativi crede di essere un esempio (di cosa?) per tante donne che non hanno avuto la sua fortuna;
- o altre paladine della causa…
Ora.
Io non sono una suffragetta…
E la mia opinione probabilmente lascia un po’ il tempo che trova…
…però, secondo me, una delle battaglie che le femministe dovrebbero combattere è quella contro la pornografia.
E perché mai?
Perché combattere la pornografia è combattere l’oggettificazione del corpo della donna.
Cito di nuovo Thérèse Hargot (scusate se sono ripetitivo: LEGGETEVI IL SUO LIBRO!):
Fin da quando siamo piccolissimi, da un lato siamo bombardati da pubblicità con donne ultrasexy che provocano costantemente le nostre pulsioni sessuali; e dall’altro ci viene propinata una narrazione femminista che ci esorta a non trattare le donne – o a non lasciarsi trattare, in quanto donne – da oggetti sessuali.
(THÉRÈSE HARGOT, Una gioventù sessualmente liberata (o quasi), Sonzogno, Milano 2017, versione Kindle, 7%)
Io a volte rimango interdetto dall’ingenuità di alcune sostenitrici della causa femminile… (per fortuna ci sono ancora donne come Thérèse Hargot… o Edith Stein… o Madeleine Delbrêl… o Wanda Półtawska… che fanno da contrappeso).
Non mi capacito di come alcune paladine del “free the nipple” (o chi per loro) non si rendano conto del fatto che andare in giro mezze nude non sia un passo avanti nella causa per la nobilitazione della dignità della donna.
Non capisco come la perdita del pudore possa essere considerata un valore nel terzo millennio (sul pudore non ci torno, ma per chi fosse interessato ne avevo parlato in quest’altra paginetta).
Tra le tante testimonianze raccolte da Thérèse, ve ne riporto due.
La prima è quella di una ragazza liceale:
«Per un anno, cioè per tutto il mio secondo superiore, il mio ragazzo mi ha proposto di fare delle robe sessuali.
Ogni volta che ci si vedeva, aveva una nuova idea: voleva che la provassimo insieme.
Ho accettato, avevo voglia di fargli piacere.
Ero veramente innamorata e per me, quando si ama, bisogna fare piacere all’altro» mi confida questa ventenne.
«Poi però, mano a mano che la cosa andava avanti, mi sentivo sempre peggio.
Avevo l’impressione che non vedesse niente in me se non il mio corpo, tra noi non c’era più che il solo sesso.
Alla fine mi utilizzava, semplicemente, per il suo piacere.
Mi rendo conto che da allora non ho più alcun rispetto per me, mi detesto, mi sento una nullità, mi faccio schifo.
Di fatto, lui ha distrutto la mia autostima, dal momento che, da parte mia, io accettavo tutto questo perché cercavo in lui la conferma di essere una persona buona, una persona amabile; ma non ero che il suo oggetto.
Un giorno me ne sono accorta, ed è stato lì che ho deciso di lasciarlo. Era furioso ma, per fortuna, ho tenuto duro»
(THÉRÈSE HARGOT, Una gioventù sessualmente liberata (o quasi), Sonzogno, Milano 2017, versione Kindle, 14%)
La seconda è di un ragazzo di ventisei anni:
«Non sono più capace di guardare una ragazza normalmente!» comincia a dirmi il giovane davanti a me.
Lo incoraggio a proseguire.
«Senza volerlo, m’immagino degli scenari sessuali, di continuo, in situazioni totalmente inappropriate.
Tutt’a un tratto, mi trovo a disagio con le ragazze, a disagio soprattutto con la mia coscienza, perché lo so che considerare le donne degli oggetti sessuali è male. Al tempo stesso, è più forte di me, non riesco a impedirmelo».
Ha ventisei anni, è venuto fuori dai quartieri-bene, è stato educato secondo i valori francesi di uguaglianza e di rispetto.
«La verità è che guardo un sacco di video porno» prosegue.
«Quello che voglio dire è che quelle immagini sono impresse nel mio spirito, mi tornano su come un flashback, opacizzano il mio sguardo».
Uno sguardo è capace di riconoscere l’altro come una persona nella sua interezza o di ridurlo allo stato di oggetto.
«Il mio sguardo non riesce più a guardare la persona che sta di fronte a me»: è l’effetto diretto di una pornografia consumata prima dell’età adulta, vale a dire prima che l’individuo abbia una visione unificata della propria persona e di quella altrui.
Come gran parte degli uomini, celibi o no, neppure riesce a guardarla, una donna: resta fissato sul suo sedere, sui suoi seni, sulle sue gambe, vale a dire su frammenti di corpo, senza giungere a guardarla poi come un soggetto.
«È normale, gli uomini non pensano che a questo!» dicono le donne con un tono gravido di disprezzo.
È falso.
Questa visione parziale non riguarda i maschi, ma descrive la conseguenza di un’immaturità, come se l’adulto fosse rimasto bloccato all’età di quattordici anni.
[…]
Il consumo di immagini pornografiche fissa, trattiene, addirittura prolunga questo stato d’immaturità.
(THÉRÈSE HARGOT, Una gioventù sessualmente liberata (o quasi), Sonzogno, Milano 2017, versione Kindle, 16-17%)
Avete presente il detto «sei quello che mangi»?
Beh.
Vale qualcosa di analogo anche da un punto di vista psicologico (se non siete persuasi, leggetevi un qualsiasi libro di Freud, Jung, Frankl, Lowen o dello psicoterapeuta che vi pare).
Se “mangi” pornografia, come puoi pensare che prima o poi non finirai col percepire le donne come degli oggetti con cui masturbarti?
«Ma che dici, Sale! Io sono educato! Io ho rispetto delle donne! So tenere separate le due cose! Pornografia con il computer… e rispetto per la mia ragazza!».
Non illuderti.
Puoi negare l’evidenza…
Puoi fingere…
Puoi dissimulare con i tuoi amici, con la tua ragazza, e con chi ti pare…
…ma c’è una persona davanti alla quale è più difficile nascondere la polvere sotto al tappeto…
Un altro tema spesso passato sotto silenzio è il fatto che il porno disabitua i maschietti a sentirsi dire di «no»!
In che senso?
Cito di nuovo Hadjadj, che spiega molto bene le conseguenze del fatto che la pornografia è «a portata di click»:
Cosa accade con il consumista?
Costui vive nel secolo orizzontale della produzione in serie e della consegna a domicilio.
Ha bisogno ogni volta di qualcosa di nuovo e di rapido, che non faccia resistenza: fast-foot e slim-fast, prêt-à-porter e pronto per essere goduto […]
Una pressione sul mio mouse ed ecco sul mio schermo piatto uno schianto d’attrice che apre le gambe in alta definizione.
Il mio sesso non è più quella mascolonità che mi strappa a me stesso verso una donna per l’estasi completa dei nostri semi, ma quest’organo eccitabile, questo joystick di cui bisogna soddisfare prontamente le voglie.
(FABRICE HADJADJ, Mistica della carne : la profondità dei sessi, Medusa, Milano 2020, p.144)
Pure la sessuologa è dello stesso avviso:
Come possono imparare a diventare padroni delle loro pulsioni sessuali, quando queste possono essere sfogate a qualunque ora del giorno e della notte, in qualsivoglia luogo, a ogni età, visto che i mezzi per estinguerle, individualizzati e connessi, rendono accessibilissime le immagini pornografiche?
L’hi-tech, messo tra le mani dei bambini e degli adolescenti, è un fattore che suscita nuove sfide educative.
«Se voglio, quando voglio» – è dunque questo, essere liberi sessualmente?
Ma quali sono gli effetti di una libertà che consiste nel lasciarsi trascinare dalla propria pulsione?
Non bisognerebbe porsi – in nome della convivenza e del rispetto per ciascuno – una seria e preoccupata domanda sull’abitudine invalsa di lasciare che la generazione allattata alla tettarella della pornografia viva in balia delle sue pulsioni?
(THÉRÈSE HARGOT, Una gioventù sessualmente liberata (o quasi), Sonzogno, Milano 2017, versione Kindle, 15%)
In un’altra pagina del blog parlavo del ciclo di feedback della dopamina.
Ovvero quel meccanismo fisiologico per cui si genera una dipendenza.
L’esempio che facevo è questo:
- apro Instagram;
- posto una foto o una storia;
- ricevo un like;
- il mio cervello interpreta il like come una ricompensa e rilascia una piccola quantità di dopamina;
- chiudo Instagram;
- dopo un po’, in modo inconsapevole, sento nuovamente il bisogno di dopamina;
- sono spinto a postare una nuova foto/storia per ottenere un nuovo like;
- apro di nuovo Instagram;
- il ciclo ricomincia…
Se una cosa inutile come un social network è in grado di generare dipendenze patologiche (fatevi una ricerca su Google a tempo perso), credete che con il porno non avvenga qualcosa di simile?
Anzi… la dipendenza da pornografia – poggiandosi sulla pulsione sessuale – ha un motore molto più potente rispetto al ciclo di feedback della dopamina.
Bene.
Avete presente cosa succede quando una persona che ha sviluppato una dipendenza (qualsiasi essa sia) si trova in astinenza?
…
…
A questo punto i difensori del porno torneranno alla carica: «Sale, ma che discorso esagerato! Sei proprio un catastrofista! Mica tutte le persone che guardano pornografia sviluppano una dipendenza patologica!».
E sia!
Ignoriamo anche questi casi (che comunque sono tutt’altro che trascurabili… anzi!).
Facciamo finta che chi fa uso di materiale pornografico non corra alcun rischio di sviluppare una dipendenza!
In questo caso… che male ci sarebbe?
Non sarebbe un modo per i ragazzi di fare esperienza? Se sanno più cose sulla sessualità, i loro rapporti sessuali non saranno migliori?
Riprendiamo il libro della sessuologa belga (atea):
«Il problema, poi, è che ciò che funziona con una persona non va necessariamente bene con un’altra.
Quindi si può imparare un monte di tecniche, avere un mondo di esperienza, e non è per questo che si arriverà a soddisfare pienamente la persona che si ama!» fa notare al gruppo un’altra ragazza.
Ed è qui che casca l’asino: credere che più si sperimenta più ci si saprà fare è una falsa credenza, perché ogni persona è unica, ciascuna relazione è differente.
In un incontro interpersonale, non si tratta soprattutto di eseguire una prestazione ponendo in atto meccanicamente una serie di gesti – l’altro si sentirebbe certamente intercambiabile.
Per sentirsi unici, bisogna che i movimenti siano spontanei, che abbiano un’aria “naturale”, che siano guidati dal desiderio e non dal dovere.
La meccanica del sesso è invalidata da quella del cuore!
Eh, sì, è seccante, ma se uno aspira all’amore, deve rivedere la propria strategia: la preparazione mediante il porno e la sperimentazione come viene viene sono garanzia dell’insuccesso.
(THÉRÈSE HARGOT, Una gioventù sessualmente liberata (o quasi), Sonzogno, Milano 2017, versione Kindle, 18%)
«Fare esperienze» non serve a nulla!
O meglio – come dicevo in quest’altra paginetta del blog – «fare esperienza di qualcosa» non ha nulla a che vedere con l’atteggiamento “usa e getta” a cui ci ha abituato il consumismo.
Un’«esperienza» è una cosa ben più seria.
Il porno – lungi dall’essere un’«esperienza» – ha il solo effetto collaterale di stuprare l’immaginario, facendo passare il messaggio che c’è un unico imperativo: «godere».
Chiudo questo (mega)paragrafo con un ultimo ritaglio dal libro di Thérèse Hargot:
Il piacere, giustamente, è divenuto lo scopo della sessualità.
Alla domanda «perché abbiamo dei rapporti sessuali?», gli alunni rispondono in automatico: «Per il piacere!».
Quando si nasce con il diritto alla contraccezione e all’aborto, il “godete senza problemi!” non è più un’idea astratta.
«Poiché si possono avere rapporti sessuali senza avere bambini, non siamo neanche più obbligati ad averli con qualcuno che conosciamo, che amiamo, con cui ci si dovrebbe poi per forza impegnare» mi dicono in sintesi i più onesti.
Confinando le donne in uno stato d’infertilità, la contraccezione ormonale ha permesso di svincolarsi dall’imperativo divino “siate fecondi, moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela” e da qualunque responsabilità.
Ma ha lasciato posto a un nuovo imperativo: godere.
[…]
Ponendo il piacere come fine della sessualità, il corpo diventa di fatto uno strumento di godimento per sé, per l’altro.
L’atto sessuale è allora una masturbazione, alle volte reciproca… con un po’ di fortuna…
(THÉRÈSE HARGOT, Una gioventù sessualmente liberata (o quasi), Sonzogno, Milano 2017, versione Kindle, 17%)
Se il senso della sessualità è il godimento, il ragazzino di dieci anni ha ragione di raccomandare l’uso di siti pornografici per informarsi su come ottenerlo.
Se il senso della sessualità è il godimento, gli alunni di seconda superiore hanno ragione di volersi allenare a godere e a far godere per migliorare le loro performance.
Se il senso della sessualità è il piacere, le ragazze fanno bene a lasciarsi trattare passivamente da oggetto di compravendita, perché la ricerca di piacere sessuale le riduce a non essere più che oggetti di consumo.
Altrimenti detto, l’influenza considerevole della pornografia sui giovani è frutto di una società che ha dissociato la dimensione procreativa e il piacere nella sessualità.
Affrancata dalla morale tradizionale, la sessualità è sottomessa a un’altra morale, quella del godimento proposta dalla cultura pornografica.
(THÉRÈSE HARGOT, Una gioventù sessualmente liberata (o quasi), Sonzogno, Milano 2017, versione Kindle, 17-18%)
Quando uno si abitua a guardare scene sessuali, finisce per diventare spettatore della propria intimità, valutando le proprie prodezze sul metro del giudizio (supposto o reale) degli altri.
Quando la pornografia si impone come primo e unico modello in materia, la comparazione con gli attori e gli amatori di film del genere è inevitabile.
(THÉRÈSE HARGOT, Una gioventù sessualmente liberata (o quasi), Sonzogno, Milano 2017, versione Kindle, 18%)
4 • «Ma se una è consenziente, che problema c’è?!»
I Griffin sono una delle serie di animazione più famose degli ultimi vent’anni.
Tra black humor, battute demenziali, blasfemie, satira su temi “intoccabili” (l’omosessualità, gli ebrei, gli afroamericani, le violenze sessuali, l’11 settembre, e altri tabù del terzo millennio), sui Griffin ho sentito sempre pareri molto contrastanti: o li ami, o li odî.
Che vi piacciano o meno, gli autori dei Griffin hanno un talento raro: la capacità di chiamare le cose con il loro nome…
Ad esempio:
Nel paragrafo precedente citavo OnlyFans.
Pensate alle ragazze che caricano video su quella piattaforma.
OnlyFans è difeso a spada tratta dai masturbatori seriali, che si nascondono dietro ad una parolina magica: «il consenso»:
- «Sale, non fare il bigotto! Le attrici (?) di OnlyFans caricano i video di loro iniziativa!»
- «Sono tutte ragazze maggiorenni e consenzienti!»
- «Hanno scelto loro di fare questi video! Nessuno le ha costrette!»
- «Loro sono libere di fare quei video! Tu sei libero di non vederli! Io sono libero di farmici le pippe!»
Torniamo al libro della sessuologa belga.
A un certo punto, Thérèse racconta questo episodio:
«È consenziente, eh! Non la costringe nessuno, è lei che lo vuole».
I ragazzi fanno passaparola.
Nei bagni della scuola media, una loro compagna lo prende in bocca durante le ricreazioni.
I bidelli, scoperta la cosa, hanno tentato di spiegarle che non si fa così e che quello certamente non è il luogo, ma si disperano: «Che puoi dire a una che proprio non vede il problema?».
Tra ragazze, le discussioni volano come frecce: «E tu lo faresti?», e poi arrivano all’irrefutabile conclusione: «Ad ogni modo, del suo corpo lei fa quello che vuole.
Se le piace, è suo diritto, non c’è niente che uno possa dirle».
Essere liberi sessualmente, nel ventunesimo secolo, è quindi avere il diritto di prenderlo in bocca a quattordici anni. Un sogno d’infanzia che può finalmente realizzarsi!
Essere liberi è anche avere il diritto di farselo prendere in bocca da una quattordicenne, che-è-lei-che-lo-vuole nell’impunità più totale.
(THÉRÈSE HARGOT, Una gioventù sessualmente liberata (o quasi), Sonzogno, Milano 2017, versione Kindle, 45%)
Qualche riga dopo, la sessuologa scrive queste righe – che credo siano il cuore del cuore del discorso:
In effetti, se ci si pensa, la loro rivoluzione sessuale non ha rigettato ogni dimensione sacra; l’ha soltanto spostata.
Non è più la sessualità a essere sacra, ma è il principio supremo che la regge: il consenso.
È l’aspetto “fricchettone” della cosa: bisogna che tutti siano d’accordo, che nessuno agisca sotto costrizione perché l’atto sessuale sia permesso.
Il resto non è che una questione di contorno, relativa alla “convivenza”.
Il consenso, che cosa incantevole!
Da sé solo, dà valore morale all’atto sessuale.
Per esempio, durante una gita scolastica di seconda superiore, cinque ragazzi vengono sorpresi mentre hanno rapporti sessuali con una ragazza.
A lume di naso, questo non è né il luogo (vi ricordo che siamo in un contesto scolastico), né l’età (è ancora piuttosto giovane), né la maniera (cinque sono tanti).
Ma attenzione, secondo la morale del consenso, ciò che è veramente accaduto resta ancora da determinare.
La ragazza era consenziente o no?
È lì il punto.
Lei dice “sì”, è una “gang bang”.
Lei dice no, è uno “stupro di branco”.
Quanto ai ragazzi, il loro consenso sembra andare da sé.
Anzitutto perché sono ragazzi, e poi perché hanno quindici anni.
E infine, perché «se non fossero ragazzi e non avessero quindici anni non sarebbero arrapati».
È una cosa talmente ovvia!
Questi presupposti sono tanto stupidi quanto desolanti.
Ma è più facile abbarbicarvisi per assicurarsi che tutti fossero d’accordo.
Il caso si sgonfia più facilmente, ciascuno può lavarsene le mani e restare pulito.
Abbiamo tutti un’educazione, un passato, una storia che condizionano le nostre scelte.
Al contrario, interrogarsi su ciò che ha condotto questa ragazza e questi cinque ragazzi ad adottare tali comportamenti, interrogarsi dunque sui potenziali condizionamenti sociali, sulle pressioni psicologiche e sulle influenze culturali (i videoclip, la pubblicità, le serie tv…) che li hanno condotti ad avere questo rapporto sessuale postulerebbe una rimessa in questione che si preferisce ancora evitare.
Perché?
Non sarà per paura di veder crollare tutto un sistema di pensiero?
(THÉRÈSE HARGOT, Una gioventù sessualmente liberata (o quasi), Sonzogno, Milano 2017, versione Kindle, 46%)
5 • Cosa c’entra la Chiesa con il sesso?
Non so se ci avete fatto caso, ma in tutto il discorso che ho fatto fin ora (siamo a circa 52.000 battute) non ho mai nominato Dio.
Non ho scritto da nessuna parte che «non ci si fa le pippe perché è un peccato» o «perché così dice la Chiesa» o «perché non bisogna commettere atti impuri».
Per schierarsi contro la pornografia non bisogna essere cristiani…
…è sufficiente usare la ragione.
Potrei terminare qui la pagina.
Credo di aver raccolto un discreto numero di argomenti di fronte ai quali chiunque – cristiano, agnostico, ateo, anticlericale – potrebbe concordare.
…
Però.
Mi riservo quest’ultimo paragrafo per «tirare fuori la Chiesa».
Dal 33 dopo Cristo al 2023, una domanda riecheggia nella storia: «cosa c’entra la Chiesa con il sesso?».
Gesù non si è mai sposato.
La Madonna era vergine (anzi, è «la Vergine» per antonomasia).
Molti santi e sante erano vergini.
Molti papi erano vergini…
Cioè.
Al tempo del paganesimo c’era Zeus: lui si che poteva dire la sua in ambito sessuale!
Dove sono finiti i riti orgiastici greci? I baccanali? Le falloforie?
Dove sono finite le prostitute sacre del mondo antico?
Niente più “cose piccanti”… al loro posto ci siamo beccati:
- l’elemosina per i poveri;
- le vecchiette del rosario (che solo a guardarle diventi asessuale);
- la castità pre-matrimoniale (bleah!).
Come scriveva scherzosamente il filosofo francese Fabrice Hadjadj (classe ’71):
Riconosceremmo facilmente i tesori della fede cattolica, se solo non ci fosse la sua morale sessuale.
Questo topo morto basta ad avvelenare i pozzi.
Disgustati da questo flagello, preda in questo caso dei sentimenti, saltiamo al collo di qualunque forma di spiritualità di fortuna, meno pignola su queste quisquilie: un buddismo all’occidentale, che non ci parli di castità, un tantrismo a uso del consumatore, che parli solo di amplessi a chakras aperti; un islam fondamentalista e licenzioso, che prometta in ricompensa una folla di prosperose urì a chi sopporti, quaggiù, il fardello della poligamia.
(FABRICE HADJADJ, Mistica della carne : la profondità dei sessi, Medusa, Milano 2020, p.33)
Dopo tutto quello che ho scritto in questa paginetta – con cui spero di avervi messo una pulce nell’orecchio – vi chiedo:
- «E se non ci avessimo capito nulla sugli insegnamenti della Chiesa?»
- «E se avessimo completamente frainteso ciò che la Chiesa dice sul sesso?»
- «E se la Chiesa fosse l’unica realmente interessata alla pienezza del godimento?»
- «Cosa significa il sesto comandamento “non commettere adulterio”?»
- «Perché la Chiesa è contro la pornografia?»
- «Cosa pensava Gesù della pornografia?»
Partiamo dall’ultima domanda.
Forse qualcuno avrà pensato: «Ma scusa, Sale… come si fa a rispondere? All’epoca di Gesù la pornografia non esisteva!».
Ovviamente Pornhub non esisteva…
…però nel Nuovo Testamento si parla di «porneia».
La parola porneia (πορνεία) compare una trentina di volte nel Nuovo Testamento (per la precisione sono venticinque volte… però c’è qualche altro versetto in cui ci sono parole che derivano dalla stessa radice).
Partiamo da alcuni versetti in cui viene utilizza questa parola:
(Disclaimer: lascio volutamente la parola non tradotta)
(Gesù) Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: porneîai (πορνεῖαι), furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza
(Mc 7,21-22)
(Gesù) Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di porneίa (πορνείᾳ), e ne sposa un’altra, commette adulterio.
(Mt 19,9)
(Paolo di Tarso) Si sente dovunque parlare di porneίa (πορνεία) tra voi, e di una porneίa (πορνεία) tale che non si riscontra neanche tra i pagani.
(1Cor 5,1)
(Paolo di Tarso) Quanto ai pagani che sono venuti alla fede, noi abbiamo deciso e abbiamo loro scritto che si tengano lontani dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, da ogni animale soffocato e dalla porneían (πορνείαν).
(At 21,25)
(il figlio maggiore della famosa parabola) Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le pornòn (πορνῶν) (plurale di pórne, πόρνη, «prostituta»), per lui hai ammazzato il vitello grasso.
(Lc 15,30)
Per chi volesse andare a scartabellarsi tutti gli altri versetti, li potete trovare su BibleHub.
Comunque.
Questa fantomatica «porneia» è un concetto abbastanza ricorrente nel Nuovo Testamento.
Maaa…
…come si traduce questa parola?
BibleHub (che è un sito inglese) traduce con: «immorality, fornication, whoredom».
In italiano, il più delle volte, questa parola è tradotta come «impurità».
Di per sé la traduzione non è sbagliata, secondo me (*)…
Dicevo, secondo me non è una traduzione sbagliata.
Il problema è che nel nostro contesto culturale, parole come «puro» o «impuro» hanno un’accezione moralistica.
Al contrario, parole come «verginità», «castità» o simili, vengono (erroneamente) interpretate come sinonimi di «astinenza sessuale» o addirittura di «castrazione».
Ora.
Su castità, verginità e dintorni c’è un’altra pagina del blog, quindi ora non mi sembra il caso di attaccare un’altra pippa; per chi se la fosse persa può usare questo link, e poi torna a leggere qui.
Comunque.
Che abbiate letto o meno quelle altre pagine, a mio avviso è sbagliato usare le parole «purità» e «impurità» dandogli un’accezione morale – cioè seguendo una scala che si muove tra «giusto» e «sbagliato»…
Se proprio bisogna usare una scala, secondo me è più utile usare quella che va dal «brutto» al «bello» – usare cioè categorie estetiche.
Avere uno «sguardo puro» sulla sessualità non è (innanzitutto) «più giusto»… è «più bello»! Buon per te se ce l’hai! Se hai quello sguardo, sarai più felice, avrai relazioni migliori, amerai meglio tua moglie, quando farai l’amore con tua moglie sarà più bello!
Al contrario, uno «sguardo impuro» sulla sessualità non è (innanzitutto) «più sbagliato»… è «più brutto»! Se hai quello sguardo, sarai più triste, le tue relazioni saranno peggiori, la tua sessualità ne uscirà indebolita (vedi le testimonianze del libro di Thérèse Hargot che ho citato prima).
Se qualcuno crede che io mi stia arrampicando sugli specchî, andiamo a leggere il sesto comandamento.
«Non commettere adulterio».
«Adulterio»… ovvero «ad alterum ire», «andare verso altro».
Non commettere adulterio non significa (solo) «non tradire tua moglie»… significa «non tradire te stesso».
Non significa (solo) «sii fedele a tua moglie»… significa sii fedele a te stesso e agli altri – nelle amicizie, nelle relazioni, etc.
Significa sii fedele a quelle povere ragazze che sono finite in un giro di violenze e violazioni dei diritti, i cui video si trovano su Pornhub.
Significa sii fedele anche alle ragazze che – ingenuamente – credono di caricare video su OnlyFans “di loro libera iniziativa”, ma in realtà sono vittime della cultura piccolo-borghese meschina ed edonista. Sono vittime cioè, di uomini ricchi che si stracciano le vesti in nome del loro “diritto” di farsi una pippa.
Conclusione
Non so quante persone saranno arrivate a leggere fino a qui…
Ma tant’è…
Nel contesto culturale in cui viviamo…
Nella società del «vietato vietare»…
…parlare male della pornografia probabilmente è una delle più grandi eresie che ci siano.
Fa sentire un po’ «Davide contro Golia» – ma moltiplicato mille, vista la quantità enorme di influencer, serie tv, film, canzoni, etc. che trasmettono un messaggio diametralmente opposto!
E niente.
Visto che ho scritto tante cose antipatiche, chiudo questa paginetta con tre citazioni antipatiche.
Le prime due sono nuovamente di Thérèse Hargot:
La pornografia è riuscita a disintegrare la persona umana in mille pezzi?
Ora bisogna rimettere insieme i cocci!
Ancora prima di parlare di qualunque cosa riguardi da vicino o da lontano la sessualità, bisogna cominciare riprendendo le cose dal principio: che cos’è una persona umana? Che cos’è che la distingue dagli animali e dagli oggetti? Il corpo, il cuore e lo spirito possono staccarsi gli uni dagli altri?
È il frutto positivo della cultura pornografica: d’ora in avanti siamo obbligati a porci delle vere questioni, delle questioni esistenziali, essenziali.
E non bisogna aspettare la tesina di filosofia alla maturità: questo lavoro di riflessione deve cominciare dalle elementari, perché già lì i bambini sono assaliti da messaggi sessuali che decostruiscono l’immagine della persona umana.
(THÉRÈSE HARGOT, Una gioventù sessualmente liberata (o quasi), Sonzogno, Milano 2017, versione Kindle, 19%)
Bisognerà pure che le autorità si decidano a condurre un’azione forte contro l’accessibilità dei siti pornografici da parte dei minori.
È complicato? Non è grave: troveranno una soluzione.
Se si possono inviare sonde spaziali, fare operazioni chirurgiche a distanza e far riapparire Michael Jackson per un concerto, non si potrà trovare un modo per impedire a dei mocciosi di nove anni di incappare in siti porno?
Ah, mi dicono che non è un problema tecnico ma simbolico: non possiamo finire, nonostante tutto, con il restringere le libertà!
Ma quali libertà?
Di quelli che ne consumano senza volerlo o di quelli che si arricchiscono rendendo dipendenti i primi?
Gli adulti non si sentono in diritto di condannare il consumo di pornografia da parte dei minori perché la faccenda riguarda anche loro.
Non si sentono in diritto di denunciare le conseguenze sugli adolescenti perché non vogliono immaginare che la cosa possa avere effetti negativi sulla propria vita.
Non si sentono in diritto di limitare l’accesso ai siti pornografici perché questi sono concepiti apposta per loro.
Non si sentono in diritto di denunciare l’abuso dei cellulari da parte degli adolescenti perché sono loro che glieli hanno messi in mano.
Non si sentono in diritto di denunciare la visione della sessualità veicolata dalla pornografia perché hanno strombazzato le virtù di una sessualità liberata da tutte le proibizioni e pilotata dalla ricerca del piacere.
Non si sentono in diritto di agire perché sono totalmente complici.
Ma il ballo degli ipocriti non è durato abbastanza?
(THÉRÈSE HARGOT, Una gioventù sessualmente liberata (o quasi), Sonzogno, Milano 2017, versione Kindle, 19-20%)
L’ultima frase che vi riporto invece è un’altra “citazione che non ti aspetti”.
Ecco cosa faceva dire al suo Zarathustra Friedrich Nietzsche (1844-1900), il filosofo che (forse) più di ogni altro ha odiato la “morale cristiana”:
Io amo il bosco.
Nella città si vive male: vi sono troppi concupiscenti.
Non è meglio cadere nelle mani di un assassino che nei sogni di una femmina frenetica?
E guardateli questi uomini: il loro occhio lo dice – non conoscono niente di meglio sulla terra che giacere con una femmina.
(FRIEDRICH NIETZSCHE, Così parlò Zarathustra: Un libro per tutti e per nessuno, Mondadori, Milano 2013, versione Kindle, 22%)
La citazione è tratta dal capitolo «sulla castità».
È proprio vero il sottotitolo che Nietzsche ha scelto per la sua opera: «un libro per tutti e per nessuno!».
Post Scriptum
Avevo finito di scrivere questa paginetta un paio di settimane fa…
…senonché, in questi giorni stavo leggendo l’ultimo libro di don Fabio Rosini sugli otto pensieri maligni.
Arrivato al capitolo sulla lussuria, ho pensato che – nel fiume di parole che ho scritto qui sopra – non sono riuscito a trovare spazio per chi è caduto nel vizio della pornografia, e vorrebbe uscirne.
Se stai combattendo questa battaglia, hai tutta la mia stima, il mio affetto e la mia solidarietà.
Coraggio!
Non mollare!
Fallo per quella che un giorno sarà la tua futura moglie! Per avere un cuore puro, ed occhi limpidi con cui guardarla!
Ti lascio qui sotto una frase dal libro del donF:
Il pensiero che salva [dalla pornografia] non dice “che schifo! Ma non ti vergogni?”, dice invece: “Ma cosa ci fai tu qui? Ti sei dimenticato chi sei!”
[…]
Al lettore più incastrato nel vizio, nella dipendenza e nella depravazione, dico: c’è sempre speranza, perché Dio è potente ed è tuo Padre.
E non ti molla.
Non gli interessano i tuoi peccati, ma gli interessi tu.
Perché dovunque tu vada e qualunque peccato tu compia, non potrai comunque smettere di essere suo figlio.
E quindi c’è sempre una strada, Dio ti può tirare fuori da qualsiasi vizio.
(FABIO ROSINI, L’arte della buona battaglia : la libertà interiore e gli otto pensieri maligni secondo Evagrio Pontico, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2023, p.148-149)
sale
(Primavera 2023)
- THÉRÈSE HARGOT, Una gioventù sessualmente liberata (o quasi), Sonzogno, Milano 2017
- FABRICE HADJADJ, Mistica della carne : la profondità dei sessi, Medusa, Milano 2020
- BYUNG-CHUL HAN, Eros in agonia, Nottetempo, Milano 2019
- The Downfall of Pornhub! intervista a LAILA MICKELWAIT, fondatrice del «Traffickinghub Movement»
- ANTONIO MORRA, Pornotossina, Verso la meta, Catania 2016