1 • La Chiesa deve cambiare (?)
Il mondo è pieno di persone molto diverse, con opinioni molto diverse sugli argomenti più disparati…
…su una questione però sembrerebbe che ci sia un consenso pressoché unanime:
- la Chiesa deve aggiornarsi
- la Chiesa è rimasta indietro
- la Chiesa non è al passo con i tempi
- la Chiesa è «medioevale» (*)
- la Chiesa deve cambiare
- la Chiesa ha bisogno di ammodernarsi
(*) (quando qualcuno usa l’aggettivo «medioevale» in senso dispregiativo, mi viene sempre in mente ciò che ha detto lo storico Franco Cardini in una sua intervista del 2019 pubblicata sul Fatto Quotidiano: «Accusare qualcuno di essere medievale, più che un insulto è una dichiarazione di analfabetismo». Per chi fosse perplesso, lo rimando alla pagina di Wikipedia dove vengono spiegate tutte le scoperte fatte durante il Medioevo in ambito agricolo, architettonico, artistico, metallurgico, scientifico, etc.)
Insomma, sul fatto che la Chiesa debba aggiornarsi, sono tutti d’accordo.
Le opinioni iniziano un po’ a diversificarsi quando proviamo a chiederci cosa significhi che la chiesa «deve aggiornarsi».
Cioè.
In cosa dovrebbe consistere l’aggiornamento?
- Somigliare di più al mondo?
- Eliminare il latino dalla liturgia?
- Usare le chitarre a messa?
- Permettere ai preti di sposarsi? (in realtà, nella Chiesa cattolica, i preti sposati già esistono)
- Disconoscere l’esistenza dell’inferno?
2 • «Il quinto evangelo»
Avete presente Giacomo Biffi (1928-2015)?
Per chi non lo conoscesse, Biffi è stato un cardinale italiano; tra i varî incarichi pastorali che ha avuto, è stato arcivescovo di Bologna dal 1984 al 2003.
Nel 2007 ha scritto uno dei libri più geniali in cui io mi sia imbattuto: sto parlando de «Il quinto evangelo».
Questo libro si basa su una finzione letteraria: il ritrovamento di trenta frammenti di un immaginario vangelo apocrifo.
In questi frammenti viene descritto un Gesù in aperto contrasto con quello descritto dai Vangeli canonici.
Tanto per capirci… ecco alcune delle affermazioni di questo «nuovo Gesù» contenute nei frammenti:
- Gli dice Simone: «Maestro, non ti apparti mai in un luogo solitario a pregare?» Rispose Gesù: «La mia preghiera è lavorare per gli altri, la mia solitudine è restare in mezzo alla folla» (Frammento 6) (in contrasto con Mc 1,35-36)
- «Voi siete una città nascosta e una lucerna posta sotto il moggio. La vostra luce non abbagli gli uomini, ma risplenda solo al cospetto del Padre vostro che è nei cieli» (Frammento 9) (in contrasto con Mt 5,14-16)
- «Vi era stato detto: Chiunque guarda una donna con desiderio impuro, ha già commesso con lei adulterio nel suo cuore. Ma adesso io vi dico: Non bisogna esagerare. La donna è fatta per l’uomo e l’uomo per la donna. Purché tutto si faccia per amore» (Frammento 12) (in contrasto con Mt 5,27-28)
- «Se il mondo vi odia, è segno che non lo capite. Conformatevi al mondo, e il mondo vi salverà» (Frammento 22) (in contrasto con Gv 15,18-19)
- «Se vuoi entrare nella vita eterna, osserva i dettami della tua coscienza» (Frammento 23) (in contrasto con Mt 19,17)
Neanche a dirlo, la chiave di lettura del libro di Biffi è l’ironia.
I «frammenti» raccolti infatti «danno voce alle contestazioni più frequenti dell’insegnamento di Gesù, contestazioni mosse dagli stessi credenti e dai non-credenti» (cit. dalla terza di copertina) .
Tra un frammento e l’altro, a un certo punto del libro, Biffi si sofferma sull’atto penitenziale all’inizio della messa.
Avete presente?
Quando si recita la preghiera: «Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli e sorelle, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa etc.» (e ci si batte il petto)?
L’autore afferma scherzosamente che questa preghiera è inutile: anziché farci l’esame di coscienza, sarebbe molto più utile fare l’esame di coscienza “agli altri”.
Anzi… sarebbe molto più utile fare l’esame di coscienza alla Chiesa:
Perfino il rito del «mea culpa» – questo pittoresco residuo del monachesimo medievale – si può salvare.
Basta batterlo sulla pancia del vicino.
La mano non tremerà e i colpi saranno più vigorosi e ben centrati.
Si potrà alla luce di questo nuovo insegnamento proporre una variante alle pratiche ascetiche quotidiane.
Invece del solito esame della nostra coscienza – abitudine tipica del cristianesimo individualista – proponiamo l’«esame della coscienza della Chiesa».
Con umiltà e con gioia ogni sera la riconosceremo peccatrice, faremo il proposito per il giorno dopo di cambiarla per quel che ci sarà consentito e così potremo abbandonarci sereni al sonno del giusto.
(GIACOMO BIFFI, Il quinto evangelo, ESD, Bologna 2007, versione Kindle, 33-34%)
Qualche capitolo dopo, tornando sullo stesso tema, aggiunge:
Benedetta allora la trave che c’è nell’occhio nostro, se proprio essa ci consente di cogliere la più piccola pagliuzza nell’occhio della Chiesa, e di procedere senza sentimentalismi alla correzione di questa nostra indocile madre.
Si sa: l’educazione dei genitori è l’opera più difficile, ma anche la più meritoria.
E sarà anche la meglio ricompensata.
Cristo ci sarà senza dubbio riconoscente per questa nostra capacità di trovare le rughe sul volto della sua sposa e a tempo debito non mancherà di manifestarci sensibilmente la sua gratitudine.
(GIACOMO BIFFI, Il quinto evangelo, ESD, Bologna 2007, versione Kindle, 48%)
Perché ho citato queste righe del cardinal Biffi?
Per dire una cosa molto semplice.
La maggior parte delle persone (cristiane e non) che affermano a gran voce che «la Chiesa deve aggiornarsi» mi fanno rodere il culo sorridere.
Per due motivi:
- il primo motivo, è che queste persone spesso e volentieri hanno un atteggiamento spocchioso, paternalista e presuntuoso. L’atteggiamento di chi «la sa lunga» e vorrebbe spiegare alla Chiesa come essere «più Chiesa»
- il secondo motivo, è che queste persone utilizzano criterî di giudizio mondani: la Chiesa dovrebbe «aggiornarsi» per piacere di più al mondo, per lisciare il pelo all’opinione pubblica, per “abolire il concetto di peccato”… ovvero, la Chiesa dovrebbe rinunciare ad essere «la Chiesa».
3 • Chi sono i veri riformatori della Chiesa?
La Chiesa ha sempre fatto riforme.
Davvero?
Sì, davvero.
E perché?
Perché la Chiesa ha sempre avuto problemi (interni ed esterni) con cui confrontarsi.
Prendiamo ad esempio il Medioevo.
Quali erano i problemi nel Medioevo?
- il concubinato dei sacerdoti
- la simonia (cioè il commercio di «cose spirituali», come ad esempio la vendita di indulgenze)
- la vita indecorosa di tanti sacerdoti e vescovi
- l’inefficienza della curia
- le guerre tra stati cristiani
- etc.
Alcuni papi si sono fatti “un mazzo così” cercando di riformare la Chiesa:
- san Gregorio VII (1020-1085), al secolo Ildebrando di Soana, papa dal 1073 al 1085;
- Innocenzo III (1161-1216), al secolo Lotario dei conti di Segni, diventato papa a soli 37 anni, e rimasto pontefice per 18 anni (nella classifica dei pontificati più lunghi, è al 17° posto)
Insomma, ben prima che Lutero pronunciasse il suo «Ecclesia semper reformanda»…
Ben prima che nel Concilio Vaticano II i padri conciliari affermassero che la Chiesa è «sempre bisognosa di purificazione» («Ecclesia purificanda», Lumen Gentium, n.8)…
…la Chiesa era già passata attraverso tantissime riforme.
~
Però.
A pensarci bene.
Concedetemi di fare l’avvocato del diavolo.
Senza nulla togliere a Leone IX, Gregorio VII e Innocenzo III…
…ma in che consiste la «riforma della Chiesa»?
- Un papa che si rimbocca le maniche e prova a «fare pulizia» è un riformatore?
- Se i cristiani si mettono d’accordo per provare a comportarsi meglio stanno riformando la Chiesa?
- Se i preti suonano la chitarra a messa, organizzano corsi di «yoga cristiano» e fanno i balletti su TikTok stanno riformando la Chiesa?
- Il Sinodo sulla sinodalità – con tutti i suoi documenti, linee guida e vademecum – riformerà la Chiesa?
Siamo sicuri?
Sicuri sicuri?
Mhh.
Secondo me la riforma della Chiesa consiste in tutt’altro.
La riforma della Chiesa non è un movimento «dall’alto verso il basso»…
Non parte dai «documenti sinodali» o dai «palazzi del Vaticano»…
…
A tal proposito, vorrei rispolverare alcune parole di Benedetto XVI:
I santi […] sono i veri riformatori.
[…] Solo dai santi, solo da Dio viene la vera rivoluzione, il cambiamento decisivo del mondo.
(BENEDETTO XVI, discorso durante la veglia con i giovani, 20 agosto 2005)
San Filippo Neri è stato un riformatore ben più efficace dei padri che hanno partecipato al Concilio di Trento.
San Giovanni Bosco è stato un riformatore ben più efficace dei padri che hanno partecipato al Concilio Vaticano I.
San Josemaría Escrivá è stato un riformatore ben più efficace dei padri che hanno partecipato al Concilio Vaticano II.
La «riforma» nella Chiesa è tanto più efficace quanto più si realizza «dal basso verso l’alto».
I santi però non sono dei battitori liberi.
Non sono degli anarchici.
Come spiegava Benedetto XVI in un’altra occasione:
È importante notare che san Francesco non rinnova la Chiesa senza o contro il Papa, ma solo in comunione con lui.
Le due realtà vanno insieme: il Successore di Pietro, i Vescovi, la Chiesa fondata sulla successione degli Apostoli e il carisma nuovo che lo Spirito Santo crea in questo momento per rinnovare la Chiesa.
Insieme cresce il vero rinnovamento.
(BENEDETTO XVI, dall’udienza generale di mercoledì 27 gennaio 2010)
San Francesco ha chiesto al Papa l’approvazione della regola nel 1209 e nel 1223.
Così come ha fatto più tardi san Domenico.
E san Filippo Neri.
E tutti gli altri santi che hanno riformato la Chiesa.
4 • Vera riforma e falsa riforma della Chiesa
Nella Chiesa le cose sono sempre cambiate.
Chi affermasse il contrario, avrebbe bisogno di un bagno di realtà.
Dalla comunità dei dodici al concilio di Gerusalemme, dal Concilio di Nicea al Vaticano II, la Chiesa ha continuato a crescere e a svilupparsi:
[Esiste una] falsa concezione [per cui] nella Chiesa tutto resta fisso per sempre; si trascura così semplicisticamente il fatto che la Chiesa ha una storia, che anch’essa è soggetta, nella sua parte umana, allo sviluppo che condiziona ogni realtà terrena, e che questo sviluppo spesso si presenta anche in forma di lotta.
La maggior parte delle definizioni dogmatiche sono il momento conclusivo di lotte spirituali e intellettuali durate precedentemente decenni o anche secoli.
Qualcosa di simile vale anche per gli articoli del Diritto Canonico, per le strutture liturgiche, per tutte quelle forme oggettive, insomma, in cui prende corpo la vita spirituale.
La Chiesa è il regno di Dio in questo mondo, e deve tener conto del mutamento di tutte le cose terrene; essa può custodire nel tempo la verità eterna e la vita eterna solo a condizione di prendere ogni tempo così come è, e agire in conformità alle sue caratteristiche.
(EDITH STEIN, La donna. Il suo compito secondo la natura e la grazia, Città Nuova, Roma 2018, p.179)
Eppure.
Nonostante tutti i cambiamenti attraverso i quali la Chiesa è passata…
Nonostante le riforme, i concilî, le riunioni dei consigli parrocchiali e il sinodo sulla sinodalità…
…la Chiesa è sempre stata accusata di essere stata «indietro con i tempi».
Ma è così?
La Chiesa non è al passo con i tempi?
Ecco cosa scriveva in proposito lo scrittore e giornalista britannico Gilbert Keith Chesterton (1874-1936), che si è convertito al cattolicesimo all’età di 48 anni:
[Un aspetto, per me degno di nota] riguarda l’accusa corrente e ricorrente contro la Chiesa cattolica che viene rimproverata di essere, per usare un’espressione ormai comune, sempre arretrata rispetto ai tempi.
Quando mi sono convertito al cattolicesimo non ero affatto impreparato a scoprire che per molti aspetti lo fosse davvero.
Ero anzi disponibilissimo a tollerare questa mancanza, avendo avuto in numerose occasioni la possibilità di osservare quelle persone orribili che stanno al passo con i tempi o quelle ancora più noiose e funeste che li precorrono.
Ero pronto a scoprire il cattolicesimo come una religione piuttosto conservatrice e in questo senso lenta, e ora riconosco che sotto certi aspetti lo è davvero.
Ma sapevo che appartenere al movimento del progresso significa in genere soltanto seguire la moda.
Sapevo che le mode hanno lo straordinario potere di essere subito onnipresenti e opprimenti e poi di svuotarsi all’improvviso di senso e venire dimenticate.
Sapevo che la pubblicità sembra fissa come un riflettore ma scompare con la rapidità di un fulmine.
Avevo visto l’immaginazione del pubblico infiammarsi per il succedersi di Kruger e di Kaiser che la settimana dopo finivano gambe all’aria e dei quali il mese successivo a nessuno importava più un accidente.
[…]
Se al mondo esiste una cosa che riesce a non avvertire questi cambiamenti mondiali, confesso di trovare un certo conforto nella sua indifferenza.
(GILBERT KEITH CHESTERTON, La mia fede, Lindau, Torino 2020, versione Kindle, 34%)
~
Yves Marie-Joseph Congar (1904-1995) è stato un cardinale e teologo francese.
Se cercate la sua pagina su Wikipedia, tra le prime righe, si legge che: «insieme a Jean Daniélou e Henri-Marie de Lubac fu uno dei precursori della nuova teologia, che, soprattutto fra gli anni 1940 e 1950, considerò nello studio della dogmatica gli sviluppi della filosofia contemporanea».
Che dire?
Se io facessi parte di un «trio» del quale gli altri due sono Daniélou e de Lubac, penso che sarebbe la prima cosa che scriverei nel mio curriculum.
In un suo libro del 1950 intitolato Vera e falsa riforma nella Chiesa, Congar spiega quali sono le quattro condizioni per avviare una riforma senza scisma (cfr. YVES CONGAR, Vera e falsa riforma nella Chiesa, Jaca Book, Milano 1972, pp.175-266):
- deve primeggiare la dimensione pastorale, senza che la motivazione riformista proceda dalla mera speculazione teoretica;
- si deve restare nella comunione del tutto, sia nel senso del rispetto e sottomissione all’autorità gerarchica, sia nel senso di essere congiunti con tutte le parti integranti del tessuto ecclesiale;
- si deve avere pazienza e non lasciarsi tentare dalla via rapida dei “fatti compiuti”;
- occorre infine rispettare il principio della tradizione, nella quale l’evoluzione verso il bene procede dal doppio movimento di ritorno alle fonti, da una parte, e dallo sviluppo in continuità, dall’altra, evitando, inoltre, l’introduzione di novità assolutamente scollegate col passato, che produrrebbero, ipoteticamente, un “adattamento meccanico”, non “naturale”, il quale alla fine si rivelerebbe nocivo.
(Per comodità, le quattro condizioni che ho riportato qui sopra le ho copiate da un altro libro, che a sua volta aveva sintetizzato le «quattro condizioni» di Congar: PHILIP GOYRET, Chiesa e comunione : introduzione alla teologia ecumenica, Fede & Cultura, Verona 2013, p.134)
5 • Cosa dicono gli ortodossi?
Perché non si dica che Salesalato non è un blog ecumenico, vorrei dedicare questo paragrafo a due filosofi e teologi ortodossi.
~
Vladimir Solov’ëv (1853-1900) è stato un filosofo, teologo, poeta e critico letterario russo.
Pochi mesi prima della sua morte, Solov’ëv ha scritto «I tre dialoghi e il racconto dell’Anticristo».
Che dire di questo libro?
Comunque.
Nel terzo dei dialoghi, a un certo punto c’è questo botta e risposta tra il «Principe» e il «Signor Z.».
Il Principe si sta lamentando di come la Chiesa, dopo diciotto secoli di vita, sia diventata lo schifo che è adesso.
Secondo lui, bisognerebbe buttare giù tutto, e ricominciare da capo; bisognerebbe creare una «Chiesa 2.0».
Il «Signor Z.» – in risposta – fa notare al Principe che il suo progetto non ha speranze di realizzarsi:
IL SIGNOR Z.: […] secondo voi la Chiesa fu aberrazione e distruzione del vero cristianesimo, dato che l’umanità lo ha a tal punto dimenticato che, dopo diciotto secoli, ci sarebbe bisogno di ricostruirlo tutto da capo, senza garanzie di maggior successo, vale a dire assolutamente senza speranza?
IL PRINCIPE: Perché senza speranza?
IL SIGNOR Z.: Non negherete di certo che Cristo e le prime generazioni di cristiani mettevano tutta l’anima in quest’opera, dando la propria vita per la causa; e se comunque, secondo voi, non ne è venuto fuori niente, su cosa bisogna riporre le speranze di giungere a un esito diverso? C’è un solo e unico finale indubbio e costante in quest’opera, assolutamente identico sia per chi l’ha iniziata sia per chi l’ha travisata, chi l’ha distrutta o chi vuole costruirla di nuovo…
(VLADIMIR SOLOV’ËV, I tre dialoghi e il racconto dell’Anticristo, Fazi, Roma 2017, versione Kindle, 73%)
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Sergej Bulgàkov’ëv (1871-1944) era un sacerdote ortodosso russo (anche lui, come Solov’ëv, è stato filosofo, teologo e scrittore).
Ecco cosa scriveva in suo articolo del 1906:
Probabilmente il pensiero espresso offenderà molte persone di Chiesa all’antica.
La Chiesa è da loro considerata come la pienezza perfetta dei doni della grazia divina, che bisogna solo conservare secondo la tradizione, e perciò, per loro, la discussione sulla creatività moderna è inopportuna.
Ad una tale concezione di Chiesa, in base alla quale ad essa si attribuisce solo una funzione di custodia – il conservatorismo della tradizione -, noi contrapponiamo l’ideale di una Chiesa che crea, che cresce, che si sviluppa.
(SERGEJ BULGAKOV, articolo «Chiesa e cultura» del 1906, in SERGEJ BULGAKOV, Lo spirituale della cultura, Lipa, Roma 2006, p.44)
Come istituzione divinoumana, essa ha il suo fondamento fermo e mistico nella persona del suo Capo divino, ha una dottrina dogmatica su di Lui, ma ha anche l’elemento umano, che si sviluppa storicamente nei limiti dello spazio e del tempo.
(SERGEJ BULGAKOV, articolo «Chiesa e cultura» del 1906, in SERGEJ BULGAKOV, Lo spirituale della cultura, Lipa, Roma 2006, p.44)
Prima che qualcuno dica che le frasi di Bulgakov sono «moderniste», vi faccio notare che il teologo russo sta semplicemente parafrasando ciò che Gesù ha detto nei Vangeli sinottici a proposito del Regno di Dio:
Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami»
(Mt 13,31-32; cfr. anche Mc 4,30-32 e Lc Lc 13,18-19)
~
Forse qualcuno penserà che la citazione di Solov’ëv e quella di Bulgakov siano in contrasto tra loro.
Il punto però non è “schierarsi”.
Il punto non è capire se siamo più dalla parte dell’uno o dell’altro.
Il punto è evitare di flirtare con quelle che a mio avviso sono le due eresie più pericolose del terzo millennio:
- il tradizionalismo: pensare che il compito della Chiesa si limiti a «custodire» quanto ricevuto; pensare che il passato sia migliore del futuro; pensare che «un tempo» la Chiesa navigava in acque migliori; pensare che «nuovo» è sinonimo di «cattivo», etc.
- il modernismo: pensare che sia necessario edificare una nuova Chiesa in aperto contrasto con ciò che è sempre stata; pensare di sradicare la Chiesa dai secoli di tradizione che la precedono, per ripiantarla altrove; pensare che «antico» sia sinonimo di «sbagliato»; pensare che «custodire» sia una parolaccia.
(Per chi volesse approfondire il discorso su Chiesa cattolica in rapporto con progressismo, riformismo, tradizionalismo e conservatorismo, lo rimando a quest’altra pagina del blog)
6 • Paragrafo bonus: le interviste di papa Francesco
Qualche giorno fa, ho ricevuto questo messaggio da un mio amico (*):
«Madonna, io finirò all’inferno lo so, ma il papa va preso a ceffoni.
Davvero, non lo reggo.
Mi fa arrabbiare.
Mi fa incazzare»
(un mio amico, del quale manterrò l’anonimato)
(*) (vorrei specificare che il mio amico è cristiano cattolico, non pensa che Francesco sia «un impostore», non va alla Messa tridentina, non è «tradizionalista», non legge «La Bussola Quotidiana», non gli piacciono le chiese barocche, etc.)
Come mai questa reazione scomposta?
Cosa è successo?
È successo che papa Francesco, in un’intervista, ha dato delle risposte un po’ fumose su alcune questioni sulle quali ultimamente c’è stato un gran discutere: il rapporto tra la Chiesa e le persone omosessuali, il ruolo delle donne nella Chiesa, etc…
…e poche ore dopo, un’amica del mio amico (**) ha pubblicato una serie di storie su Instagram, nelle quali ha fatto un taglia-e-cuci delle frasi del papa, per fargli sostenere una tesi con la quale – probabilmente – il papa non sarebbe stato affatto d’accordo.
(**) (laureata in teologia 😅🔫)
A questo punto la domanda sorge spontanea: perché il mio amico si è arrabbiato col papa?
Cioè…
Se il papa dice qualcosa, e poi alcune persone estrapolano alcune frasi dal contesto per portare acqua alle proprie ideologie, Francesco che colpa ne ha?
Era successo qualcosa di simile anche nel 2020, quando il regista Evgeny Afineevsky, in un documentario, aveva fatto un collage di piccoli frammenti di un’intervista fatta al papa l’anno prima, per far dire a Francesco che approvava i matrimoni omosessuali… per la serie:
Ora.
Io voglio bene a papa Francesco…
Ha scritto la Gaudete et exsultate, che è il testo più bello che ho letto tra le varie encicliche e lettere che gli ultimi papi hanno scritto, e dovrebbe leggerla ogni cattolico…
Ha scritto la meravigliosa lettera apostolica Patris Corde su san Giuseppe, che è il mio santo preferito (non vorrei dire una scemenza, ma l’ultimo pontefice ad aver scritto un testo su san Giuseppe è stato Leone XIII nel 1889)…
Penso che sia una brava persona (benché non abbia l’umiltà di Benedetto XVI, né l’empatia di Giovanni Paolo II)…
In più di un’occasione, ha pronunciato delle parole bellissime… ad esempio, nell’udienza generale del 25 gennaio 2023 («Quale è la via più breve per incontrare Gesù? Fatti bisognoso! Fatti bisognoso di grazia, bisognoso di perdono, bisognoso di gioia… e Lui si avvicinerà a te!»)… oppure nell’omelia della V domenica di Quaresima del 2017 («Ciascuno di noi ha già un piccolo sepolcro, qualche zona un po’ morta dentro il cuore: una ferita, un torto subìto o fatto, un rancore che non dà tregua, un rimorso che torna e ritorna, un peccato che non si riesce a superare. Individuiamo oggi questi nostri piccoli sepolcri che abbiamo dentro e lì invitiamo Gesù. È strano, ma spesso preferiamo stare da soli nelle grotte oscure che abbiamo dentro, anziché invitarvi Gesù; siamo tentati di cercare sempre noi stessi, rimuginando e sprofondando nell’angoscia, leccandoci le piaghe, anziché andare da Lui, che dice: «Venite a me, voi che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro»)…
Oh, facciamo a capirci.
Io lo so che la realtà è complessa…
Lo so che – soprattutto quando si parla di tematiche spinose (e invischiate con le ideologie moderne) – la «verità» deve essere accompagnata dalla «carità»…
Lo so che per parlare con i lontani bisogna essere pazienti…
Lo so che la pastorale cristiana è qualcosa di tremendamente complesso, e che spesso bisogna sporcarsi le mani…
…
…ma io ho il sospetto che – partendo da queste buone intenzioni – papa Francesco forse, inavvertitamente, può darsi che, accidentalmente, quando rilascia queste interviste non accontenti nessuno:
- né “i lontani” – che vorrebbero essere legittimati nella loro «mondanità», e invece – no – “purtroppo” la morale cristiana è quella lì, da 2000 anni a questa parte;
- né “i vicini” – che in un mondo così secolarizzato, in cui il cristianesimo non riesce più a fare cultura da almeno un secolo, vorrebbero che almeno all’interno della Chiesa vengano messe in pratica le parole di Gesù: «Sia invece il vostro parlare: “Sì, sì”, “No, no”; il di più viene dal Maligno» (Mt 5,37)
~
Torniamo al messaggio del mio amico, con il quale ho aperto questo paragrafo.
Dopo avermi spiegato che la sua amica (laureata in teologia 😅🔫) ha pubblicato quelle storie su Instagram nelle quali ha fatto un cherry-picking delle parole del papa, il mio amico ha aggiunto:
«Che rabbia che provo.
Su queste cose sento che vorrei dire e parlare.
Ma non ho né gli strumenti né le conoscenze per farlo.
E mi fa rabbia»
(un mio amico, del quale manterrò l’anonimato)
Dunque.
Non so se lo sapete, ma c’è una bellissima cosa che si chiama «sensus fidei».
Cos’è il sensus fidei?
Lo spiega molto bene un documento della Commissione Teologica Internazionale di una decina di anni fa:
[…] i fedeli possiedono un istinto per la verità del Vangelo, che permette loro di riconoscere la dottrina e la prassi cristiane autentiche e di aderirvi.
Questo istinto soprannaturale, che ha un legame intrinseco con il dono della fede ricevuto nella comunione ecclesiale, è chiamato sensus fidei, e permette ai cristiani di rispondere alla propria vocazione profetica.
(COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, dal documento «Il sensus fidei nella vita della Chiesa» del 2014)
In altre parole, il «sensus fidei» è un po’ come i «sensi di ragno» di Spiderman… ma in versione cristiana.
Ecco.
Cosa diceva il «sensus fidei» al mio amico?
Gli ricordava (anche se lui forse non le aveva mai sentite) le parole che Paolo VI ha pronunciato in un’udienza del 1971:
Dobbiamo fare attenzione ad alcuni pericoli che la ricerca di novità può produrre, conducendo a risultati opposti a quelli sperati dal Concilio.
Parliamo a chi ama la Chiesa, e ci limitiamo ad alcune semplici osservazioni, su cui ciascuno può riflettere a lungo da sé.
Per esempio, nessuno può desiderare la novità nella Chiesa, là dove la novità significhi tradimento alla norma della fede; la fede non s’inventa, né si manipola; si riceve, si custodisce, si vive.
[…]
La novità per la novità non sarebbe giustificata.
Specialmente se noi cediamo ad alcune tentazioni caratteristiche del tempo nostro, quella di abolire ogni riguardo alla tradizione, alla storia, alla esperienza, attraverso le quali a noi è giunto il Vangelo e ci è oggi presente la Chiesa.
Forse v’è qualcuno che vorrebbe dimenticare il patrimonio ereditato, e partire da zero per modellare a proprio talento un’impossibile Chiesa totalmente nuova ed arbitraria.
(PAOLO VI, dall’udienza generale di mercoledì 4 agosto 1971)
Ribadisco a scanso di equivoci: io non penso che papa Francesco sia l’Anticristo…
Non sono un «sedevacantista» (anzi, i tradizionalisti mi fanno salire un brividino di ateismo lungo la schiena)…
Penso che il Concilio Vaticano II sia una benedizione di Dio (benché certi fenomeni da baraccone camuffati da sacerdoti alludano ad un fantomatico «spirito del Concilio» per dire le peggiori scempiaggini)…
E penso che don Alessandro Minutella abbia bisogno di un T.S.O…
…
…però non sapevo cosa rispondere al mio amico.
Non glie l’ho scritto, ma lì per lì, mi è venuto in mente un versetto del libro del profeta Geremia:
I saggi restano confusi,
sconcertati e presi come in un laccio.
Ecco, hanno rigettato la parola del Signore:
quale sapienza possono avere?
Curano alla leggera la ferita della figlia del mio popolo,
dicendo: «Pace, pace!», ma pace non c’è.
(Geremia 8,9.11)
Conclusione
Conosco molti cristiani che credono di essere originali… ma sono solo ridicoli.
Conosco molti sacerdoti che credono di essere innovativi… ma sono solo eretici.
Conosco alcuni vescovi che credono di essere riformatori… ma hanno semplicemente perso la fede.
A volte, quando mi capitano sotto gli occhi i virgolettati di alcuni di questi signori, mi sale un po’ di sconforto.
C’è un mio amico – anni luce avanti a me nel cammino di fede – che quando condivido con lui la mia preoccupazione sulla direzione in cui soffiano alcuni venti intra-ecclesiali, mi ripete la locuzione latina:
«Alios vidi ventos, aliasque procellas»
(traduzione letterale: «Ho visto altri venti e altre tempeste»)
(senso della frase: «Dai, Sale, stai sereno che la Chiesa nella sua storia si è trovata in acque ben peggiori rispetto a quelle in cui si trova oggi»)
Spero che il mio amico abbia ragione.
E spero che Dio tenga a tutti – laici, preti, vescovi e papa – una mano sulla testa.
Per il resto… chiudo questa paginetta con una frase che Joseph Ratzinger pronunciò nel 1969, quand’era ancora docente di teologia a Ratisbona:
Dalla crisi odierna emergerà una Chiesa che avrà perso molto.
Diventerà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi.
Non sarà più in grado di abitare molti degli edifici che aveva costruito nella prosperità.
Poiché il numero dei suoi fedeli diminuirà, perderà anche gran parte dei privilegi sociali…
Ma nonostante tutti questi cambiamenti che si possono presumere, la Chiesa troverà di nuovo e con tutta l’energia ciò che le è essenziale, ciò che è sempre stato il suo centro: la fede nel Dio Uno e Trino, in Gesù Cristo, il Figlio di Dio fattosi uomo, nell’assistenza dello Spirito, che durerà fino alla fine.
Ripartirà da piccoli gruppi, da movimenti e da una minoranza che rimetterà la fede e la preghiera al centro dell’esperienza e sperimenterà di nuovo i sacramenti come servizio divino e non come un problema di struttura liturgica.
Sarà una Chiesa più spirituale, che non si arrogherà un mandato politico flirtando ora con la sinistra e ora con la destra.
Essa farà questo con fatica.
Il processo infatti della cristallizzazione e della chiarificazione la renderà povera, la farà diventare una Chiesa dei piccoli, il processo sarà lungo e faticoso…
Ma dopo la prova di questa divisioni uscirà da una Chiesa interiorizzata e semplificata una grande forza.
Gli uomini che vivranno in un mondo totalmente programmato vivranno una solitudine indicibile.
Se avranno perduto completamente il senso di Dio, sentiranno tutto l’orrore della loro povertà.
Ed essi scopriranno allora la piccola comunità dei credenti come qualcosa di totalmente nuovo: lo scopriranno come una speranza per sé stessi, la risposta che avevano sempre cercato in segreto…
A me sembra certo che si stanno preparando per la Chiesa tempi molto difficili. La sua vera crisi è appena incominciata.
Si deve fare i conti con grandi sommovimenti. Ma io sono anche certissimo di ciò che rimarrà alla fine: non la Chiesa del culto politico… ma la Chiesa della fede.
Certo essa non sarà più la forza sociale dominante nella misura in cui lo era fino a poco tempo fa.
Ma la Chiesa conoscerà una nuova fioritura e apparirà come la casa dell’uomo, dove trovare vita e speranza oltre la morte.
(JOSEPH RATZINGER, Omelia letta alla radio il giorno di Natale del 1969, in Id., Fede e futuro, Queriniana, Bologna 1971)
sale
(Autunno 2023)
- VITTORIO MESSORI, Rapporto sulla fede. Vittorio Messori a colloquio con Joseph Ratzinger, San Paolo Edizioni, Cinisello Balsamo (MI) 2005
- VITTORIO MESSORI, Inchiesta sul cristianesimo: Sei tu il Messia che deve venire?, SEI, Torino 1987
- GIACOMO BIFFI, Il quinto evangelo, ESD, Bologna 2007
- BENEDETTO XVI, Udienza generale, mercoledì 27 gennaio 2010
- VLADIMIR SOLOV'ËV, I tre dialoghi e il racconto dell'Anticristo, Fazi, Roma 2017
- SERGEJ BULGÀKOV, Lo spirituale della cultura, Lipa, Roma 2006