1 • «L’eclissi del sacro»
La religione è un fenomeno destinato ad estinguersi?
Il cristianesimo ha vita breve?
Tra 100 anni, Dio sarà solo un lontano ricordo?
A partire dall’Illuminismo, molte persone hanno dato la Chiesa per spacciata.
Ad oggi, sembrerebbe che avessero torto… ma quanto durerà ancora la fede cristiana?
La Chiesa crollerà sotto i colpi dei suoi nemici?
Di fronte alla secolarizzazione che avanza, qual è l’atteggiamento più ragionevole da avere?
Da un lato, nel Vangelo Gesù dice a Pietro che le porte degli inferi non resisteranno contro la Chiesa, perché il suo ariete le butterà giù (Matteo 16,18)…
…d’altra parte però, lo stesso Gesù – parlando del suo ritorno alla fine dei tempi – si domanda se troverà ancora qualcuno sulla terra che abbia fede:
Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?
(Luca 18,8)
Nel 1961, il sociologo italiano Sabino Acquaviva (1927-2015) ha scritto «L’eclissi del sacro nella civiltà industriale», un libro che lo ha reso celebre a livello internazionale.
Nel testo, l’autore parla della «secolarizzazione», cioè quel processo attraverso il quale la religione perde la sua influenza nella vita sociale e culturale.
La cosa curiosa è che Acquaviva, oltre a parlare della secolarizzazione «della società», parla anche della secolarizzazione «della religione».
Maaa… in che senso?
Come fa la religione a secolarizzarsi?
Vediamo.
Vi riporto qui sotto un dialogo tratto da un libro dello scrittore britannico Bruce Marshall (1899-1987).
A parlare sono Padre Smith e il pastore della chiesa presbiteriana, il Reverendissimo Giacomo Gillespie:
«Chissà», fece il Padre Smith, «che non dipenda dal fatto che in questi ultimi tempi la gente si è troppo riunita in folla.
Ho sempre osservato che l’intelligenza degli assembramenti, di qualunque tipo siano, è inversamente proporzionale al numero dei presenti.
Forse succede lo stesso con la pietà.
Forse il Signore voleva esser preso alla lettera quando disse: “Quando due o tre si sono riuniti in nome mio, ecco che Io sono presente in mezzo a loro”. Forse voleva dire che quando sono riunite sei o sette, sia pure in nome Suo, Lui è meno presente, e se lo è, la gente non gli presta attenzione».
«Ma questo», osservò il pastore, «succede quando la folla non è riunita in nome Suo».
«Se fossimo veramente cristiani, non dovrebbe esistere nessuna occasione in cui non siamo riuniti in nome Suo», rispose il prete.
«Egli dovrebbe essere presente nelle nostre sale da ballo e nei nostri teatri, tal quale come nelle nostre chiese.
Ma noi, nelle folle, abbiamo paura di essere noi stessi […]. E così ciascuno fa finta di essere meno pio, meno virtuoso, meno uomo d’onore di quel che realmente non sia».
(BRUCE MARSHALL, Tutta la gloria nel profondo : Il mondo, la carne e padre Smith, Jaca book, Milano 2015, p.114)
2 • Siamo come la Chiesa delle origini?
Le Chiese si svuotano.
Sempre meno persone si fanno battezzare.
C’è una crescente indifferenza nei confronti della religione, del sacro e di tutto ciò che è «spirituale» (qualsiasi cosa significhi questa parola).
Di fronte alla débâcle della Chiesa, ho sentito molti cristiani fare commenti del tipo:
- «Dai però, viviamo in un mondo sempre più simile a quello dei primi cristiani!»
- «Saremo nuovamente una minoranza, e andremo in giro ad evangelizzare i “nuovi pagani”!»
- «Sembra quasi di vivere nel cinquanta dopo Cristo!»
- «Siamo come la chiesa delle origini!»
Ma è davvero così?
Per rispondere, vi riporto lo stralcio di una lettera che lo scrittore britannico Clive Staples Lewis (1898-1963) scrisse a don Giovanni Calabria nel 1953 (*):
(*) (Don Calabria è stato proclamato santo nel 1999. Lui e Lewis hanno avuto una corrispondenza di circa 28 lettere… e dato che uno era inglese, e l’altro italiano, si sono scritti in latino!)
Le cose che dice riguardo alla condizione attuale degli uomini sono vere: anzi la situazione è ancora peggiore. […] Ora infatti non si vergognano dell’adulterio, del tradimento, dello spergiuro, del furto e degli altri peccati che, non dico i maestri cristiani, ma gli stessi pagani e i barbari condannarono.
Sbagliano coloro che dicono: “Il mondo ridiventa pagano”.
Magari lo diventasse!
In realtà cadiamo in uno stato ben peggiore.
L’uomo post-cristiano non è per niente simile all’uomo pre-cristiano.
I due distano l’uno dall’altro come una vedova da una vergine: non c’è niente in comune tra queste se non la mancanza dello sposo: ma è molto grande la differenza tra la mancanza dello sposo futuro e quella dello sposo perduto.
(CLIVE STAPLES LEWIS, dall’epistolario con Don Calabria, Lettera 26, 17 marzo 1953, in CLIVE STAPLES LEWIS, DON GIOVANNI CALABRIA, Una gioia insolita: lettere tra un prete cattolico e un laico anglicano, Jaca Book, Milano 2017, p.189.191)
Insomma.
Un conto è parlare di Dio a chi non ne ha mai sentito parlare.
Altra cosa è parlarne a chi «già sa tutto» (o in realtà «crede di sapere»).
Un conto è essere testimoni in terre pagane.
Altra cosa è essere testimoni in terre borghesi – dove annacquiamo la fede con la mondanità, viviamo un cristianesimo sempre più tiepido e timbriamo il cartellino a messa la domenica per avere la nostra «patente di cattolicità», ma poi in ufficio, nel tempo libero o su Instagram ci comportiamo in modo narcisistico e vanaglorioso.
In un’altra lettera a don Calabria, Lewis scriveva queste righe:
Riguardo allo stato morale del nostro tempo […] penso queste cose.
Gli anziani, come siamo noi due, sono sempre esaltatori del passato, pensano sempre che il mondo sia peggiore di quanto fu nei loro anni giovanili.
Dobbiamo dunque stare attenti a non ingannarci.
Premesso tuttavia questo, certamente avverto che su di noi incombono pericoli gravissimi.
Queste cose capitano perché la maggior parte dell’Europa consuma l’apostasia dalla fede cristiana.
Da ciò è derivato uno stato peggiore di quello in cui eravamo prima di ricevere la fede.
Nessuno infatti dal Cristianesimo ritorna allo stato che ebbe prima del Cristianesimo, ma ad una condizione peggiore: c’è tanta differenza tra un pagano e un apostata quanta ce n’è tra una donna non sposata e un’adultera.
Infatti la fede perfeziona la natura, ma la fede perduta corrompe la natura.
Dunque la maggior parte degli uomini del nostro tempo ha perduto non solo il lume soprannaturale ma anche quel lume naturale che ebbero i pagani.
(CLIVE STAPLES LEWIS, dall’epistolario con Don Calabria, Lettera 29, 15 settembre 1953, in CLIVE STAPLES LEWIS, DON GIOVANNI CALABRIA, Una gioia insolita: lettere tra un prete cattolico e un laico anglicano, Jaca Book, Milano 2017, p.199)
3 • Qualche statistica
Il giornalista italiano Vittorio Messori (classe ’41) ha scritto due libri che secondo me dovrebbero essere letti da ogni battezzato.
Anzi.
Dovrebbero essere letti come pre-requisito per ricevere il battesimo.
Il primo di questi libri è un intervista che Messori ha fatto a Joseph Ratzinger quando quest’ultimo era Prefetto del Dicastero per la dottrina della fede nel 1984.
Ebbene.
In un passaggio del libro, Messori e Ratzinger stanno discutendo della secolarizzazione…
…e il giornalista tira fuori alcuni dati su quel che sta accadendo agli ordini religiosi in Canada:
C’è un rapporto aggiornato e minuzioso sulle religiose del Québec, la provincia-stato del Canada che parla francese.
Un caso esemplare, quello québécois: si tratta infatti della sola zona del Nord America che si dagli inizi sia stata colonizzata ed evangelizzata da cattolici, che vi avevano costruito un regime di chrétienté gestito da una Chiesa onnipresente.
In effetti, ancora vent’anni fa, all’inizio degli anni Sessanta, il Québec era la regione del mondo con il più alto numero di religiose rispetto agli abitanti, che sono in tutto sei milioni.
Tra il 1961 e il 1981 per uscite, morti, arresto del reclutamento, le religiose si sono ridotte da 46933 a 26294.
Una caduta, dunque, del 44 per cento e che sembra inarrestabile.
Le nuove vocazioni, infatti, si sono ridotte nello stesso periodo di ben il 98,5 per cento.
Risulta poi che buona parte di quel’1,5 superstite è costituito non da giovani ma da “vocazioni tardive”.
Tanto che, con una semplice proiezione, tutti i sociologi concordano in una conclusione cruda ma oggettiva: «Tra poco (a meno di rovesciamenti di tendenza del tutto improbabili almeno a viste umane), la vita religiosa femminile così come l’abbiamo conosciuta non sarà in Canada che un ricordo».
Sono gli stessi sociologi che hanno preparato il rapporto che ricordano come in questi vent’anni tutte le comunità abbiano proceduto a ogni sorta di riforma immaginabile: abbandono dell’abito religioso, stipendio individuale, lauree nelle università laiche, inserimento nelle professioni secolari, assistenza massiccia di ogni tipo di “specialisti”.
Eppure, le suore hanno continuato a uscire, le nuove non sono arrivate, quelle rimaste – età media attorno ai sessant’anni – spesso non sembrano avere risolto i problemi di identità e in qualche caso dichiaraono di attendere rassegnate l’estinzione delle loro congregazioni.
L’aggiornamento, anche il più coraggioso, era certo necessario, ma non sembra avere funzionato […].
Forse perché, dimenticando l’ammonimento evangelico, si è cercato di mettere «vino nuovo» in «otri vecchi», in comunità cioè nate in altri climi spirituali, figlie di una Societas christiana che non è più la nostra? Dunque, la fine di una vita religiosa non significa la fine della vita religiosa che si incarnerà in forme nuove, adeguate ai nostri tempi?
Il Prefetto [=Ratzinger] non lo esclude di certo, anche se il caso esemplare del Québec conferma che gli ordini in apparenza più opposti alla mentalità attuale e più refrattari alle modifiche, quelli di contemplative, di claustrali «hanno al massimo registrato qualche problema ma non hanno conosciuto una vera crisi», per stare alle parole dei sociologi stessi.
(VITTORIO MESSORI, Rapporto sulla fede. Vittorio Messori a colloquio con Joseph Ratzinger, San Paolo Edizioni, Cinisello Balsamo 2005, p.101)
Ogni volta che rileggo questa pagina, da un lato provo una sensazione di desolazione… dall’altro lato però, non riesco a non cogliere il lato ironico della statistica.
E quale sarebbe il lato ironico?
Beh, il fatto che gli ordini che hanno cercato maggiormente di “riformarsi”, sono quelli che hanno vissuto la crisi in modo peggiore.
Gli ordini nei quali le madri superiore hanno detto alle consacrate:
- «Se non ci vestiamo da suore non cambia nulla: l’abito non fa il monaco…»
- «Dobbiamo pregare di meno ed essere più attive nel sociale…»
- «Anziché fare adorazione eucaristica, contattiamo un mental coach che ci faccia counseling una volta a settimana…»
- «Dobbiamo parlare meno possibile di Gesù, sennò i non credenti si offendono e poi non vogliono più dialogare con noi…»
- etc.
Al contrario, gli ordini che sono rimasti in modo più saldo nel solco della tradizione, della preghiera, della contemplazione, della radicalità al carisma del proprio fondatore, hanno resistito molto meglio alla secolarizzazione, alla mondanità, e all’eclissi del sacro:
L’attivismo, il voler fare comunque cose “produttive”, “rilevanti” è la tentazione costante dell’uomo, anche del religioso.
Ed è proprio questo orientamento che domina nelle ecclesiologie che presentano la Chiesa come un “popolo di Dio” indaffarato, impegnato a tradurre il Vangelo in un programma di azione che consegua dei “risultati” sociali, politici, culturali.
Ma non è un caso se la chiesa è nome di genere femminile.
In essa, infatti, vive il mistero della maternità, della gratuità, della contemplazione, della bellezza, dei valori insomma che sembrano inutili agli occhi del mondo profano.
(VITTORIO MESSORI, Rapporto sulla fede. Vittorio Messori a colloquio con Joseph Ratzinger, San Paolo Edizioni, Cinisello Balsamo 2005, p.103)
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Ho aperto questo paragrafo citando uno dei due libri imprescindibili di Messori.
Il secondo dei due è «Inchiesta sul cristianesimo: sei tu il Messia che deve venire?».
In questo libro, Messori intervista una serie di intellettuali – scienziati, letterati, artisti, politici, giuristi, credenti, non credenti – e si confronta con loro.
Uno dei tanti intervistati è il filosofo francese Jean Guitton (1901-1999), che è stato nominato da papa Paolo VI primo uditore laico al Concilio Vaticano II.
Ecco cosa racconta Guitton a Messori:
Vidi Paolo VI per l’ultima volta pochi mesi prima della morte.
Parlammo come tante volte in decenni di intimità, del futuro del cristianesimo.
Ripetei a Papa Montini la mia convinzione che il numero dei credenti è destinato a diminuire rapidamente. Diminuirà per ragioni demografiche: la natalità asiatica è assai superiore a quella dei popoli di tradizione cristiana.
Ma diminuirà anche in Occidente, sotto il bombardamento di quelle macchine per atei di straordinaria efficacia che sono i mass media, la televisione soprattutto.
La fede delle masse nel Cristo, per quanto si può vedere a viste umane, andrà perduta.
Non si potrà più di certo fare appello al principio di autorità: “puoi credere perché la maggioranza dei tuoi connazionali crede”.
Dissi al papa che forse anche il Vaticano diventerà un monumento storico: dovrete abbandonare questi palazzi carichi di gloria.
Eppure, non per questo la fede scomparirà dal mondo: diverrà anzi più pura e più forte; alla quantità si sostituirà la qualità.
Anche la Chiesa cattolica, stia o no in Vaticano, ci sarà sempre.
Ma chi ha detto che dovrà essere di seicento milioni di battezzati?
Forse ce ne saranno seimila, seicento, sei: un gruppo minuscolo ma fervente, in un mondo devastato dall’insipienza tecnologica dell’uomo e dalla mancanza di fede, di speranza, di amore.
(JEAN GUITTON, intervistato in VITTORIO MESSORI, Inchiesta sul cristianesimo: sei tu il Messia che deve venire?, Società editrice internazionale, Torino 1987, p.69)
4 • La Chiesa e «il mondo»
Il rapporto tra la Chiesa e «il mondo» è sempre stato travagliato.
In teoria, Gesù sarebbe venuto a salvare il mondo (Giovanni 3,17), e avrebbe creato la Chiesa per raggiungere quante più persone possibile (Matteo 28,19)…
…in pratica però, il mondo non sembra molto interessato alla questione… e anzi, con questa “salvezza” spesso ci si sciacqua le ascelle (Giovanni 3,19).
Di questo però, non c’è da stupirsi… Gesù stesso aveva anticipato ai suoi discepoli quale sarebbe stato lo sguardo «del mondo» su di loro:
Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia.
(Giovanni 15,18-19)
Molti di voi probabilmente ricorderanno dalla scuola le persecuzioni dei cristiani sotto l’impero romano da parte di Nerone, Domiziano, Traiano, Marco Aurelio, Settimio Severo, Massimino, Decio e molti altri imperatori.
In realtà, i cristiani morti in quegli anni (qualche migliaio) sono una percentuale molto piccola, se paragonata a quella dei cristiani che continuano ad essere uccisi ai nostri giorni (parliamo di centinaia di migliaia; per chi volesse approfondire, a questo link può trovare maggiori informazioni).
Nei continenti più popolati del mondo (Africa ed Asia), l’odio contro i cristiani spesso assume la forma della violenza fisica (leggetevi qualche articolo sul sito di «Aiuto alla Chiesa che soffre»).
Qui in Europa – dove ormai siamo “quattro gatti” (nel 2010, secondi i dati dell’ONU, la popolazione dell’Europa ammontava a 738,2 milioni… ovvero l’11% della popolazione mondiale) – i casi di cronaca nera per motivi religiosi per fortuna sono rari…
…nondimeno, l’odio nei confronti dei cristiani non è certo minore; semplicemente, è più subdolo, ed assume la forma del bullismo (a scuola), del dileggio, della derisione, dell’anticlericalismo o di altre forme di discriminazione (se le battutine cattive sono rivolte contro gli ebrei è «antisemitismo»; se sono rivolte contro gli omosessuali è «omofobia»; ma se sono rivolte contro i cristiani è «satira» e «non puoi fare il pesantone, devi stare al gioco!»).
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Per queste (ed altre) ragioni, nel corso della storia è capitato più volte che la Chiesa abbia assunto nei confronti del mondo un atteggiamento «difensivo».
Spesso, i cristiani hanno guardato al mondo come se quest’ultimo fosse ormai «irrimediabilmente compromesso».
Spesso, i cristiani hanno guardato alla cultura come al suo interno regnasse «un principio oscuro e satanico» (come fa notare con molta lucidità il filosofo e teologo ortodosso Sergej Bulgàkov; cfr. l’ articolo «Chiesa e cultura» del 1906, in SERGEJ BULGAKOV, Lo spirituale della cultura, Lipa, Roma 2006, p.48).
Neanche a dirlo, secondo me questo sguardo sulla «cultura del mondo» è fuorviante.
Infatti:
Tutto ciò che c’è di vero nella cultura, nella relazione creativa con il mondo appartiene a Cristo, e sarà rivelato nella sua appartenenza alla Chiesa […].
(SERGEJ BULGAKOV, «Ortodossia e cultura», conferenza al convegno della Lega della cultura ortodossa del 1931, in SERGEJ BULGAKOV, Lo spirituale della cultura, Lipa, Roma 2006, p.95)
O per dirla con le parole di Gesù stesso:
Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito.
(Giovanni 3,8)
Parafrasando le parole di Gesù: soprattutto in un epoca secolarizzata ed dissacrante come la nostra, in cui il cristianesimo non fa più cultura da almeno un secolo, noi cristiani abbiamo il compito di aguzzare lo sguardo per provare a scorgere quei frammenti di realtà nei quali Dio “è passato di nascosto” (si tratti di film, serie tv, canzoni, libri, fumetti, i cui autori magari non sono cristiani… ma inconsapevolmente hanno raccontato qualcosa che “profuma di Mistero”).
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Bene.
Dopo aver fatto questa “apologia” del Vero, del Bello e del Buono che si nascondono (a volte molto bene) nella cultura moderna…
E dopo aver detto che la demonizzazione del contesto culturale in cui viviamo non è un atteggiamento cristiano…
…oggi, secondo me, siamo caduti nell’estremo opposto.
Oggi i cristiani hanno uno sguardo eccessivamente irenista e accondiscendente nei confronti del mondo, e non si rendono conto che così facendo annacquano la propria fede, ed offrono una contro-testimonianza al Vero, al Bello e al Buono.
Infatti:
La cultura secolarizzata diventa all’inizio rivale del cristianesimo, ma in seguito sua aperta nemica.
(SERGEJ BULGAKOV, «Ortodossia e cultura», conferenza al convegno della Lega della cultura ortodossa del 1931, in SERGEJ BULGAKOV, Lo spirituale della cultura, Lipa, Roma 2006, p.88)
A questo punto qualcuno dirà:
- «Ma come, Sale?»
- «Prima dicevi che non dobbiamo pensare al mondo come qualcosa di “satanico”, e ora dici che la cultura secolarizzata è nemica del cristianesimo?»
- «Quale delle due è vera?»
In realtà… sono vere entrambe le cose.
È vero che «lo Spirito soffia dove vuole»…
…ma è anche vero che il momento storico in cui viviamo è stato preparato da movimenti culturali, politici, antropologici in aperta opposizione al cristianesimo:
A colui che è abituato a considerare ponderatamente la realtà circostante e a dare ascolto all’autentica voce della vita, al suo sussurro nascosto e intimo, che invece per l’orecchio distratto spesso è coperto dalla confusione e dal chiasso delle piazze, difficilmente sembrerà inaspettato e discutibile affermare che nel contesto spirituale dell’uomo contemporaneo già da lungo tempo qualcosa non va, che matura una certa crisi, forse presagio di una svolta sul punto di accadere.
Questa crisi è stata preparata da tutta la storia moderna.
(SERGEJ BULGAKOV, articolo «Chiesa e cultura» del 1906, in SERGEJ BULGAKOV, Lo spirituale della cultura, Lipa, Roma 2006, p.39)
La cultura in cui viviamo è la conseguenza del fatto che l’umanità ha buttato Dio nello scarico, e poi ha tirato lo sciacquone.
O per dirla ancora una volta con le parole di Bulgakov:
Tutta la cultura contemporanea, cresciuta come un albero lussureggiante e possente, comincia ad avvizzire e a sbiadire per la mancanza delle profonde radici di un nutrimento mistico-religioso.
(SERGEJ BULGAKOV, articolo «Chiesa e cultura» del 1906, in SERGEJ BULGAKOV, Lo spirituale della cultura, Lipa, Roma 2006, p.41)
5 • Di chi è la colpa?
Ogni volta che si parla della secolarizzazione, della perdita della fede, delle chiese sempre più vuote (etc.), prima o poi qualcuno porge la faticida domanda: «Ma di chi è la colpa?».
- Dell’ipocrisia dei cristiani?
- Dell’incoerenza dei sacerdoti?
- Dei soldi del Vaticano?
- Del diavolo?
- Delle messe in italiano anziché in latino?
- Dell’alleluja delle lampadine?
- Delle teologhe femministe?
- Delle catechiste ottuagenarie?
- Del fatto che «non ci sono più i preti di una volta»?
Ebbene… di chi è la colpa?
Allora.
Io non penso di avere abbastanza dati a disposizione per poter rispondere a questa domanda.
E anche se li avessi, temo che mi mancherebbero la cultura o “l’occhio clinico” per poter fare questa diagnosi.
Però.
Se dovessi rispondere a questa domanda “a lume di naso”.
Inizierei dicendo…
Anzi, inizierei rubando le parole alla teologa italiana Maria Campatelli (classe ’62) che scriveva:
Nella vita non ci sono zone neutre religiosamente indifferenti.
Anzi, l’allargamento dell’autocoscienza ecclesiale è fondamentale per smascherare il bene e il male e vedere quanto è permeabile alla luce e quanto invece rimane impenetrabile.
(MARIA CAMPATELLI, dall’introduzione a SERGEJ BULGAKOV, Lo spirituale della cultura, Lipa, Roma 2006, p.16)
Che significa questa cosa?
Significa che più i cristiani diventano Chiesa…
Più i cristiani si rendono conto del proprio ruolo e posto nel mondo…
…e più riescono a far luce sul reale e a distinguere il bene («ciò che è permeabile alla luce») dal male («cioè che rimane impermeabile alla luce»).
O per dirla con le parole di Gesù:
Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me disperde.
(Matteo 12,30; Luca 11,23)
A tal proposito, vi riporto qui sotto un celebre brano tratto da un articolo di Pier Paolo Pasolini (1922-1975) pubblicato nel 1973 (*).
(*) (Prima di leggere il passo qui sotto, vi ricordo che Pasolini non era cattolico… ed era fieramente antifascista)
Non c’è contraddizione più scandalosa infatti che quella tra religione e borghesia, essendo quest’ultima il contrario della religione.
Il potere monarchico o feudale lo era in fondo di meno.
Il fascismo, perciò, in quanto momento regressivo del capitalismo, era meno diabolico, oggettivamente, dal punto di vista della Chiesa, che il regime democratico: il fascismo era una bestemmia, ma non minava all’interno la Chiesa, perché esso era una falsa nuova ideologia.
Il Concordato non è stato un sacrilegio negli anni trenta, ma lo è oggi, se il fascismo non ha nemmeno scalfito la Chiesa, mentre oggi il Neocapitalismo la distrugge.
L’accettazione del fascismo è stato un atroce episodio: ma l’accettazione della civiltà borghese capitalistica è un fatto definitivo, il cui cinismo non è solo una macchia, l’ennesima macchia nella storia della Chiesa, ma un errore storico che la Chiesa pagherà probabilmente con il suo declino.
Essa non ha infatti intuito – nella sua cieca ansia di stabilizzazione e di fissazione eterna della propria funzione istituzionale – che la Borghesia rappresentava un nuovo spirito che non è certo quello fascista: un nuovo spirito che si sarebbe mostrato dapprima competitivo con quello religioso (salvandone solo il clericalismo), e avrebbe finito poi col prendere il suo posto nel fornire agli uomini una visione totale e unica della vita (e col non avere più bisogno quindi del clericalismo come strumento di potere).
(PIER PAOLO PASOLINI, Il folle slogan dei jeans Jesus, articolo del «Corriere della Sera» del 17 maggio 1973, in Scritti corsari, Garzanti, Milano 2011, versione Kindle, 8-9%)
Non mi stancherò mai di ripeterlo qui sul blog.
Io penso che oggi i nemici più subdoli del cristianesimo siano la cultura piccolo-borghese, la mondanità, la società dei consumi (di cui parlavo qui), la tiepidezza (di cui parlavo qui), la mollezza.
E come si manifestano questi nemici?
Purtroppo, la risposta è: «in modo fumoso».
I mezzi di cui si servono sono quelli con cui entriamo più spesso a contatto:
- i social network;
- Netflix, Disney+ e le varie piattaforme di streaming;
- il cinema;
- i videogiochi;
- YouTube;
- la televisione (finché esisterà);
- gli influencer;
- etc.
A questo punto, qualcuno potrebbe chiedere:
- «Ma, scusami, Sale… se tutte queste cose “remano contro” la fede cristiana, quale dovrebbe essere la soluzione?»
- «Cancellarsi da tutti i social, buttare il cellulare, non andare più al cinema e chiudersi in un bunker?»
- «Qualcuno potrà pure fare il monaco o la suora di clausura… ma le persone normali come possono fare?»
- «In una normale famiglia si guarda la tv, si sta sui social network, si va al cinema insieme, si gioca ai videogiochi… dovrebbero togliere di mezzo tutto?»
…
Fatico un po’ a rispondere a queste domande.
Ognuno ha la sua storia.
Ognuno ha i suoi tempi con Dio.
Ognuno ha un’andatura diversa… e Dio non manca mai di mettersi al passo di ciascuno, senza forzare nessuno.
Però.
Rivolgendomi invece ad una cerchia più ristretta di persone.
A chi ha intuìto che Dio è Bellezza…
A chi ha intuìto la relazione con Lui è la cosa più vera, bella e buona che si possa desiderare, cercare e coltivare nella vita…
A chi ha intuìto che tutto questo richiede radicalità…
A chi ha intuìto che tutto questo richiede prudenza e vigilanza…
A chi ha intuìto che per comprare la «perla di grande valore» ed essere felici, è necessario «vendere tutto»…
…a queste persone, ricordo ancora una volta le parole del monaco ed asceta Evagrio Pontico (345-399):
Sii portiere del tuo cuore, non lasciare entrare alcun pensiero senza interrogarlo.
(EVAGRIO PONTICO, Contro i pensieri malvagi. Antirrhetikós, Qiqajon, Magnano (BI), p.38)
E che significa?
«Essere portiere del tuo cuore» significa tante cose:
- saperlo custodire da tutto ciò che è di ostacolo alla mia relazione con Dio;
- saper scegliere quali film, libri, serie tv, etc. sono di aiuto a questa relazione, e quali sono d’ostacolo;
- saper digiunare, rinunciando ad un film, un libro, una serie tv, etc.
- saper fruire di un film, un libro, una serie tv «dai contenuti un po’ meh», senza attaccare il cuore a quelle cose;
- saper vagliare, nella cultura narcisistica e vanagloriosa in cui viviamo, ciò che c’è di Vero, di Bello e di Buono;
- saper volgere lo sguardo altrove, e non rimanere incantati dai tanti ninnoli e dalle tante distrazioni consumistiche tra le quali viviamo.
Mini-paragrafo extra su Pio XI e il cinema (clicca per espandere)
In teoria, il paragrafo poteva finire qui sopra.
Mi riservo però qualche altra riga per raccontare un aneddoto.
Dunque.
Premesso che non penso che siano mai esistite «età dell’oro» della Chiesa… né i «bei tempi di una volta» tanto compianti da alcuni tradizionalisti…
E premesso che so bene che in ogni epoca la Chiesa ha avuto zone d’ombra e problemi varî…
…un paio di mesi fa leggevo un libro sul modo in cui la Chiesa cattolica si è approcciata alla nascita e diffusione dei media del ‘900: radio, cinema e televisione.
Che dire?
Sono rimasto veramente spiazzato da come la Chiesa di cento anni fa fosse così tanto sul pezzo.
Grazie a questo libro, ho potuto conoscere una serie di encicliche, esortazioni apostoliche e discorsi varî di Pio XI (1857-1939) e di Pio XII (1876-1958).
Ora.
Lungi da me attaccare una pippa su questo tema.
Però mi è rimasto veramente molto impresso il modo in cui Pio XI si è confrontato con il cinema e con la sua esplosione su scala globale.
Per Pio XI, il cinema non era «uno dei tanti temi» di cui parlare, ma era in cima alla lista delle sue priorità (un po’ come la questione climatica per papa Francesco), tanto che nel 1936 ha scritto un’enciclica sul cinema (la Vigilanti Cura, rivolta ai vescovi degli Stati Uniti).
Nell’enciclica, il papa ha parlato dei pregi del cinema, del ruolo che potrebbe avere nell’educazione della popolazione e di mille altri «punti di forza» di questo strumento.
Però non si è fermato qui.
È stato altrettanto lucido nel rendersi conto che il cinema poteva fare molti danni: se infatti è vero che un buon film può educare, è altrettanto vero che un cattivo film può diventare «scuola di corruzione» (parole sue).
Secondo il papa, non era sufficiente che i film «evitassero il male»… quello che chiedeva ai registi era un cambio di prospettiva molto più radicale:
Procurino, poi, i vescovi di tutto il mondo di lumeggiare agli industriali del cinema che una forza così potente e universale può essere utilmente indirizzata ad un altissimo scopo di miglioramento individuale e sociale.
Perché, infatti, si deve far solo questione di evitare il male? I film non devono riuscire un semplice divertimento, né occupare soltanto ore frivole e oziose, ma possono e devono con la loro magnifica forza illuminare e positivamente indirizzare al bene.
(PIO XI, lettera enciclica Vigilanti cura, sul cinema, 29 giugno 1936)
Il papa si era reso conto da tempo che il cinema aveva un potere immenso.
Già qualche anno prima, il suo segretario di Stato Eugenio Pacelli (il futuro papa Pio XII) – in una lettera all’Arcivescovo di Utrecht e Primate dei Paesi Bassi – aveva scritto queste righe:
I nemici più dichiarati di Dio si sono resi padroni del cinema – la cui influenza è resa ancora più efficace da quando diventò parlato – e, con uso nefasto ed empio, se ne servono per annientare nelle anime tutto quello che in esse arde di divino e di religioso.
(EUGENIO PACELLI, da una lettera a mons. Johannes H.G. Jansen, 17 giugno 1932, in MARIO MENEGHINI, Due documenti di Pio XII sui problemi del cinema, in «L’Osservatore Romano», 11 marzo 1939)
Perché Pacelli ha scritto queste righe al papa?
Non sembrano un po’ esagerate?
Qualche anno dopo, nel 1935, la Segreteria di Stato del Vaticano ha fatto un sondaggio.
Ha inviato a 55 rappresentanze pontificie in Europa, America, Asia e Africa dei questionarî, chiedendo di ragguagliare Roma sulle implicazioni politiche, sociali ed economiche connesse con la diffusione del cinema nei varî paesi (cfr. S.RR.SS., AA.EE.SS., Stati Ecclesiastici, IV, pos. 445, fasc. 415, F. 3r, Circolare n.964/35, firmata da G. Pizzardo, 25 marzo 1935).
Al questionario, hanno risposto in 29 (le risposte si trovano sparse in Ibidem ai fascicoli 423, 424, 425).
Cosa emerge dalle risposte al questionario?
[Emerge] il riscontro planetario sulla capacità di penetrazione del verbo di Hollywood in ogni tipo di società.
Pressoché tutti i rappresentanti pontifici avevano denunciato l’«invasione pervertitrice» dei prodotti americani, come la definì, ad esempio, il nunzio in Argentina Filippo Cortesi (Ibidem, fasc. 424, ff. 79rv-80r, F. Cortesi a G. Pizzardo,o Buenos Aires, 24 agosto 1935).
(GIANLUCA DELLA MAGGIORE, Vigilanti cura : l’enciclica «americana» sul cinema (1936), in DARIO EDOARDO VIGANÒ (a cura di), Papi e media : redazione e ricezione dei documenti di Pio XI e Pio XII su cinema, radio e TV, Il mulino, Bologna 2023, p.34)
Qualcuno forse dirà che il tono del discorso è «esagerato».
«Pesantone».
Troppo «bacchettone» o «moralista».
Non so.
Come dicevo prima, secondo me, la questione è diversa.
La questione ha a che fare con l’aver intuìto che c’è una Bellezza più grande.
Aver fatto esperienza di qualcosa di tremendamente più Bello rispetto a ciò che il mondo ha da offrire.
E quando un Vescovo si rende conto che questa Bellezza è minacciata, e che tanti fedeli più semplici corrono il rischio di farsi abbagliare dalla cultura piccolo-borghese e dalle derive del consumismo, secondo me ha il compito di mettere in guardia le persone che gli sono affidate.
E se usa queste parole, fa bene.
Conclusione
Io penso che finché la Chiesa continuerà a flirtare con il mondo, imbarcherà acqua da tutte le parti.
Finché la Chiesa continuerà ad abbassare l’asticella, il numero di cristiani in Occidente continuerà a diminuire.
Finché la Chiesa continuerà a rincorrere le mode, il mondo riderà di lei.
Come disse Joseph Ratzinger (1927-2022) durante l’omelia della messa «Pro eligendo romano pontefice»:
Adulta e matura non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo.
È quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, inganno e verità.
(JOSEPH RATZINGER, dall’omelia della Messa “Pro eligendo romano pontefice”, 18 aprile 2005)
sale
(Estate 2024)
- VITTORIO MESSORI, Rapporto sulla fede. Vittorio Messori a colloquio con Joseph Ratzinger, San Paolo Edizioni, Cinisello Balsamo (MI) 2005
- VITTORIO MESSORI, Inchiesta sul cristianesimo: Sei tu il Messia che deve venire?, SEI, Torino 1987
- SERGEJ BULGÀKOV, Lo spirituale della cultura, Lipa, Roma 2006
- ROBERT HUGH BENSON, Il padrone del mondo, Jaca book, Milano 2010
- DARIO EDOARDO VIGANÒ (a cura di), Papi e media : redazione e ricezione dei documenti di Pio XI e Pio XII su cinema, radio e TV, Il mulino, Bologna 2023