1 • «Gesù non diceva di essere Dio!» (?)
Un paio di anni fa ero alla festa di compleanno di un mio ex compagno di corsi dell’università.
Terminata la cena, ho assistito alla performance di un suo amico che – dopo un paio di bicchieri di troppo – ha tirato fuori un elenco di bufale niente male:
- «L’inquisizione ha fatto milioni di vittime!» (in questo articolo ho spiegato che non è vero)
- «Le crociate hanno causato un massacro per colpa delle mire colonialistiche dei Papi in oriente» (falso! Per chi volesse approfondire, può leggere qui)
- «Galileo Galilei è stato condannato a morte dalla Chiesa!» (altra informazione falsa; per chi fosse interessato, può leggere quest’altro articolo)
Una delle cose che ha detto l’amico del mio amico è stata questa:
«Gesù non diceva di essere Dio!
È stato divinizzato dai suoi discepoli dopo la sua morte!»
Niente di nuovo sotto il sole…
Questa frase è uno dei «cavalli di battaglia» di Corrado Augias, il giornalista italiano (classe ’35) famoso per sostenere tesi su Gesù e sul cristianesimo che sono state confutate almeno un secolo fa nel mondo accademico (per chi volesse approfondire, lo rimando a questo video nel quale Gabriele Boccaccini – professore presso la University of Michigan – spiega come mai il famoso libro di Augias «Inchiesta su Gesù» del 2006 propone delle teorie che sono state smentite più di un secolo fa).
Facciamo un passo indietro però.
E «diamo a Cesare quello che è di Cesare».
Il primo (*) a sostenere che Gesù sia stato divinizzato dai suoi discepoli non è stato Corrado Augias, ma Reimarus.
(*) (in epoca moderna)
Chiii?
Hermann Samuel Reimarus (1694-1768) è stato un filosofo e scrittore tedesco.
Illuminista.
E razionalista.
Reimarus è famoso – o famigerato – per le sue critiche alla storicità dei racconti evangelici (*).
(*) (In realtà, a differenza di Augias, Reimarus credeva in Dio, essendo un teista; quello che sosteneva però, è che la “religione naturale” bastasse e avanzasse agli uomini, mentre la rivelazione divina fosse superflua, oltre che impossibile)
Dopo la sua morte, il filosofo illuminista Gotthold Ephraim Lessing (1729-1781) – suo estimatore – ha pubblicato tra il 1774 e il 1778 una serie di saggi critici, intitolata «Frammenti di un anonimo», nei quali ha raccolto alcuni estratti di Reimarus.
In super-sintesi, secondo Reimarus:
- Gesù era un sovversivo, contrario alla dominazione romana;
- voleva fomentare una rivolta per liberare Israele;
- la rivolta purtroppo è fallita con la sua crocifissione;
- dopo la sua morte, i discepoli si sono “reinventati” la figura di Gesù, spacciandolo per un personaggio spirituale/religioso;
- hanno inscenato la sua risurrezione, trafugando il corpo dal sepolcro e nascondendolo;
- si sono inventati la storiella per cui la sua morte è servita a salvare il genere umano;
- «i cristiani non sono che dei pappagalli i quali ripetono ciò che sentono dire» (HERMANN SAMUEL REIMARUS, citato in VITTORIO MESSORI, Patì sotto Ponzio Pilato?: Un’indagine storica sulla passione e morte di Cristo, Ares, Milano 2020, versione Kindle, 2%)
Neanche a dirlo, Reimarus ha fatto scuola… non solo tra i non credenti, ma anche tra i cristiani.
Vi ricordate il teologo protestante Rudolf Bultmann (1884-1976)? (L’ho citato in quest’altra pagina del blog, quando dicevo che è stato il primo autore a distinguere tra il «Gesù storico» e il «Cristo della fede»).
Dopo Bultmann, molti altri “specialisti” hanno continuato a seguire il suo metodo d’indagine che – riducendo all’osso – potrebbe essere sintetizzato in questi tre punti:
- la Bibbia è un testo di molti secoli fa, di difficile comprensione;
- per comprenderla correttamente è necessario seguire il metodo storico-critico;
- i filologi, i critici testuali, i paleografi e gli specialisti di lingue morte sono i soli che – con i loro studî e la loro preparazione – possono decodificare la Bibbia.
Sapete qual è la cosa buffa?
La cosa buffa è che Rudolf Bultmann era un protestante, cioè un seguace di Martin Lutero.
E come sicuramente saprete, Lutero incoraggiava ogni cristiano a leggere le Scritture, sostenendo che la lettura della Bibbia non dovesse essere un’ esclusiva dei teologi e degli “esperti”…
…un bel paradosso insomma:
Il protestantesimo, che intendeva porre la Scrittura in mano a tutti, ha finito per farne un libro chiuso, grazie al culto dell’esperto che ha sostituito il pastore.
E a questa prospettiva anche i cattolici si sono accodati.
Non solo il cristiano «comune», ma anche il teologo che non sia biblista non può più azzardarsi a leggere da solo la Bibbia, Vangeli compresi: se non ha lauree e diplomi in esegesi sarebbe considerato solo un imprudente dilettante.
La scienza degli specialisti ha steso un filo spinato attorno alla parola di Dio, sequestrata dagli accademici.
(JOSEPH RATZINGER, citato in VITTORIO MESSORI, Patì sotto Ponzio Pilato?: Un’indagine storica sulla passione e morte di Cristo, Ares, Milano 2020, versione Kindle, 3%)
Purtroppo, Bultmann ha avuto molti allievi…
…non solo tra i protestanti, ma anche tra i cattolici: ho perso il conto del numero di volte in cui mi è capitato di sentire teologi – e teologhe – squalificare con aria di sufficienza i cristiani “casa e parrocchia”.
Oh, intendiamoci.
Non sto dicendo che una formazione specialistica (teologia, filologia, paleografia, etc.) non sia utile alla fede…
…ma quando i teologi (e le teologhe) liquidano come «non sufficientemente studiati» i cristiani che non hanno un titolo accademico (e un secondo dopo impugnano la loro «licenza in teologia» per dire delle eresie conclamate)…
…quando il sacerdote viene sostituito dal professore, e la lettura del Vangelo è rimpiazzata dal commento storico-critico dell’esegeta…
…quando diventano più importanti le note a pie’ pagina della Bibbia di Gerusalemme, che non i versetti a cui quelle note si riferiscono…
…rimango perplesso.
2 • Teologi non credenti e seminaristi scettici
Prima di Bultmann, c’era stato un altro teologo – anche lui protestante – a mettere in dubbio i fatti raccontati nei Vangeli.
Si tratta di Heinrich Paulus (1761-1851).
Per presentarvi il suo pensiero, vi cito uno stralcio da un saggio pubblicato un paio di anni fa:
[…] Heinrich Eberhard Gottlob Paulus (1761-1851), nel suo voluminoso libro La vita di Gesù come base di un racconto puramente storico del cristianesimo antico.
In questo scritto, ritenendo fondamentalmente affidabili i racconti dei vangeli, l’autore cerca di trovare una spiegazione razionale per i miracoli in essi narrati.
C’è da dire che, in realtà, il tema dei miracoli non rappresenta il fulcro del suo scrittto, ma è ciò per cui il suo autore attrasse maggiormente l’attenzione sia tra i suoi contemporanei che tra i posteri ed il motivo per cui si guadagnò un posto significativo nella storia della ricerca del Gesù storico.
Secondo Paulus, per esempio, quando i vangeli ci parlano di Gesù che risuscita dei morti, in veritù ci descrivono degli episodi in cui delle persone che erano in coma furono rianimate. E la stessa cosa varrebbe per la risurrezione di Gesù: questi non sarebbe davvero morto sulla croce, ma ridotto ad uno stato di morte apparente, dal quale in seguito si sarebbe ripreso.
E quando il Nazareno sfamò le moltitudini, non lo fece moltiplicando realmente il cibo a disposizione (così come i cristiani da sempre pensano che sia accaduto), ma, molto più semplicemente, cominciando a condividere quanto aveva con i presenti, i quali poi si misero ad imitarlo, così che i meno abbienti poterono mangiare di quanto avevano con sé i più abbienti, e tutti furono saziati.
(ADRIANO VIRGILI, Sulle tracce del Nazareno: Introduzione al Gesù storico, Phronesis Editore, Palermo 2022, p.7-8)
Sulla questione della credibilità dei racconti dei Vangeli ho già scritto due pagine sul blog, quindi ora non vorrei nuovamente attaccare la pippa.
Per chi fosse interessato, lo rimando a:
- «I Vangeli sono credibili?» (di gennaio 2021)
- «E se i Vangeli fossero una cronaca?» (di aprile 2021)
Tornando invece ad Heinrich Paulus, vi racconto un aneddoto.
Nel 1823, Paulus è stato professore di teologia del filosofo tedesco Ludwig Feuerbach (1804-1872).
Come racconta il filosofo nella propria corrispondenza (cfr. LUDWIG FEUERBACH, Ludwig Feuerbach in seinem Briefwechsel, I, Leipzig 1874, p.387), dopo aver seguito il corso di Paulus, Feuerbach ha capito che la teologia non lo attirava particolarmente, e ha ripiegato sulla filosofia.
Un altro intellettuale che ha fatto scuola è Ernest Renan (1823-1892), filosofo, filologo, storico delle religioni e scrittore francese.
Cosa sosteneva Renan?
Come Paulus (che ho presentato qui sopra)…
E come molti altri autori di quel periodo…
…Renan sosteneva:
- che Gesù non ha mai compiuto miracoli
- e che quindi bisogna leggere tutti i brani del Vangelo sovrannaturali “in chiave simbolica”
Infatti:
Pur non asserendo mai una vera e propria impossibilità metafisica dei miracoli, Renan affermò che nessun evento miracoloso sembrava essersi verificato in modo inoppugnabilmente documentato in epoca moderna, per cui uno studioso come lui era tenuto a considerare come storicamente inattendibili tutti i racconti infarciti di elementi sovrannaturali.
(ADRIANO VIRGILI, Sulle tracce del Nazareno: Introduzione al Gesù storico, Phronesis Editore, Palermo 2022, p.9)
La domanda sorge spontanea: se Gesù era una persona “normale”, senza nulla di speciale, come è possibile che sia diventato così famoso?
Renan si arrampica un po’ sugli specchi, sostenendo che Gesù:
- era un uomo illuminato
- era un faro di saggezza
- era un modello di spiritualità
- era una fonte di ispirazione di fratellanza umana
Il filosofo francese non era il solo a sostenere questa tesi.
Nel XIX secolo infatti sono state scritte un sacco di biografie su Gesù che seguono queste idee; quella di Renan è solo la punta dell’iceberg (pubblicata nel 1863, acquisì una grande popolarità, diventando uno dei libri più letti del suo tempo).
In realtà, non sorprende che il filosofo francese – pur non essendo cristiano – fosse ammirato dalla figura di Gesù.
Renan infatti aveva frequentato il seminario, ma aveva rinunciato a diventare sacerdote a causa dei numerosi dubbi che aveva maturato riguardo alla fede cristiana (cfr. ADRIANO VIRGILI, Sulle tracce del Nazareno: Introduzione al Gesù storico, Phronesis Editore, Palermo 2022, p.9)
E voi mi direte: «E che male c’è in questo?».
La risposta è: «Nessuno, ovviamente!».
Anzi, Renan è stato onesto: aveva dei dubbi, ha perso la fede, è uscito dal seminario.
Tanto di cappello!
Ci sono un sacco di cristiani invece – tra clero, Azione Cattolica, AGESCI, Opus Dei, Comunione e Liberazione, Avvenire, Famiglia Cristiana, e un sacco di altre realtà – che dovrebbero avere l’onestà di dire: «Io ho perso la fede… non sarebbe il caso di fare un passo indietro e rinunciare al mio ruolo?».
Perché non lo fanno?
Difficile a dirsi…
Forse, anche nella Chiesa vale la «regola d’oro» di Checco Zalone?
3 • L’«ipotesi critica» ovvero la «divinizzazione di Gesù da parte dei suoi discepoli»
Nel corso degli ultimi secoli ci sono stati molti studiosi che si sono posti la seguente domanda:
«Partendo dal presupposto che io non credo e sono scettico, come è nato il cristianesimo? Come ha fatto Gesù di Nazaret – un semplice carpentiere galileo – a diventare l’uomo più famoso della storia?»
Comunque.
Se la domanda è posta in modo scettico, le risposte non possono che essere scettiche.
E infatti, tutti i tentativi di risposta alla domanda che ho scritto qui sopra rientrano in due categorie:
- l’ipotesi critica
- l’ipotesi mitica
In che consistono?
Secondo l’ipotesi critica, all’origine della fede cristiana c’è un uomo in carne e ossa – Gesù di Nazaret: probabilmente Gesù era un bravo oratore, un maestro sapiente, un abile guru del passato. I discepoli erano talmente affascinati dalla sua personalità che dopo la sua morte – nel corso delle generazioni – hanno iniziato a “imbellettare” la sua storia, aggiungendo miracoli ed eventi soprannaturali… fino a divinizzare la figura di Gesù (cfr. VITTORIO MESSORI, Ipotesi su Gesù, SEI, Torino, 2007, p.93).
Al contrario, secondo l’ipotesi mitica, esistevano già una serie di “leggende” e racconti mitologici che attribuivano a un personaggio miracoli e poteri speciali; questi miti si sono poi “condensati” nella figura di Gesù di Nazaret, un uomo che potrebbe anche non essere esistito.
Riassumendo:
- secondo l’ipotesi critica c’è un uomo che è stato divinizzato;
- secondo l’ipotesi mitica c’è un dio che è stato umanizzato.
Sull’ipotesi mitica pubblicherò una pagina qui sul blog il mese prossimo.
Per quanto riguarda l’ipotesi critica invece… proviamo a confutarla.
O meglio, proviamo a insinuare un dubbio sulla sua infondatezza.
Dunque.
Secondo voi.
È verosimile che un predicatore Palestinese particolarmente bravo sia stato insignito del titolo di «Figlio di Dio» a causa di un imprevedibile effetto domino?
È plausibile che un gruppo di pescatori esaltati sia riuscito a convincere il mondo che un carpentiere megalomane fosse «l’Alfa e l’Omega»?
È realistico pensare che i suddetti esaltati, di fronte alla crocifissione e morte del maestro, si siano inventati la storiella della risurrezione? E andando a raccontare questa bufala per tutto l’Impero romano, nel giro di tre secoli ne abbiano fatto la religione di stato?
Non so se lo sapete, ma all’epoca di Gesù c’erano tanti «aspiranti messia»…
…ma la stragrande maggioranza di questi personaggi è finita nell’oblio:
- liberatori politici
- messia guerrieri
- schiavi ribelli
- condottieri rivoluzionarî
- capi insurrezionisti
Di alcuni di loro però sappiamo qualcosa.
Ad esempio, conosciamo Teuda (morto nel 46 circa).
Lo storico Giuseppe Flavio (37-100) nelle Antichità giudaiche racconta che intorno al 44 (quando Cuspio Fado era procuratore della Giudea) Teuda si autodefinì «Messia» e convinse molte persone a seguirlo sulle sponde del Giordano, vantandosi che le acque del fiume si sarebbero aperte a un suo comando (GIUSEPPE FLAVIO, Antichità giudaiche, 20.97–8).
Purtroppo però il procuratore romano temeva che l’assembramento potesse finire male… e quindi inviò un reparto di cavalleria, che disperse la folla: ci fu una strage, Teuda venne catturato e ucciso, e la sua testa fu mandata a Gerusalemme come monito.
Morte gloriosa in battaglia, questa del profeta del Giordano.
Fine ben più adatta a stimolare la fede dei discepoli di quanto non fosse un supplizio infamante in croce.
Eppure, non sappiamo nulla della comunità di Theudas, se mai vi fu.
(VITTORIO MESSORI, Ipotesi su Gesù, SEI, Torino, 2007, p.119)
Un altro personaggio degno di menzione è Bar Kochba.
Bar Kochba (morto nel 132-135), condottiero ebreo, pretendente al trono del regno di Giudea, nel 132 si autoproclamò «Messia» e guidò la terza (e ultima) guerra giudaica contro i romani.
Anche lui poteva essere un candidato messia molto più figo di Gesù…
Perché l’unico Messia che ha avuto successo è stato Gesù?
Non era un leader come lo sono stati tanti altri pretendenti.
Non è morto valorosamente in battaglia, nel tentativo di liberare Israele.
E spesso le persone a cui si rivolgeva non capivano ciò che diceva (cfr. ad esempio Giovanni 8,43).
Insomma… rispetto a tanti altri Messia, Gesù faceva proprio schifo.
Al massimo poteva suscitare un po’ di curiosità tra i poveri della Galilea… ma niente di più…
A rigor di logica, un personaggio come lui doveva finire nel dimenticatoio, non nei libri di scuola.
Tra l’altro, come ho ampiamente spiegato in quest’altra pagina del blog, la predicazione di Gesù era scandalosa per l’israelita medio.
Noi oggi infatti siamo fin troppo abituati a sentir parlare di Gesù come del «Figlio di Dio», ma per gli israeliti il monoteismo era una cosa seria: Israele adorava JHWH, l’Unico Dio, il Signore, Colui che ha fatto il cielo e la terra, il Creatore di tutte le cose – visibili e invisibili.
Come si fa a sostenere la tesi secondo la quale Gesù è stato divinzzato dai suoi discepoli?
Per sostenere una simile tesi [cioè la “divinizzazione” dell’uomo-Gesù] come pur hanno fatto e così a lungo gli studiosi “critici”, bisognerebbe, appunto, non conoscere nulla di un giudeo e dimenticare tutto.
Bisognerebbe dimenticare che…
Bisognerebbe dimenticare che gli ebrei si opposero sino al martirio collettivo, sino alla distruzione totale del loro paese, piuttosto che accettare non la divinizzazione dell’imperatore romano, ma la semplice presenza delle immagini di quel “dio” per loro ripugnante dipinte sui labari dei legionari romani a Gerusalemme.
Bisognerebbe dimenticare che nei quattromila anni di storia religiosa dell’ebraismo non solo mai è avvenuto l’inspiegabile processo di divinizzazione operato per Gesù. Ma che non è neppure mai avvenuto che qualcuno dei discepoli dei tanti Messia, pur nell’entusiasmo iniziale, abbia pensato di equiparare, anche solo in parte, anche solo per un momento, il suo Cristo a Jahvè. Rispetto ai tanti altri pretendenti messianici ebraici, infatti, Gesù non è soltanto l’unico che sopravviva allo scacco della morte. È anche (e soprattutto) l’unico per cui si osi l’identificazione divina. Mai prima e mai dopo, in quaranta secoli di vicenda religiosa d’Israele: Gesù è il solo ebreo che ebrei abbiano mai adorato.
Bisognerebbe dimenticare che l’ebraismo, di fronte all’adorazione di un uomo, oggi come allora si lacera le vesti scandalizzato.
(VITTORIO MESSORI, Ipotesi su Gesù, SEI, Torino, 2007, p.123-124)
Peraltro, Gesù non si è limitato a questa blasfemia.
In tanti momenti della sua vita, ha fatto o detto cose per le quali avrebbe meritato di essere lapidato.
Una di queste è l’istituzione dell’Eucaristia.
Infatti:
Un comune israelita che avesse detto «Bevete il mio sangue», come al Cristo è fatto dire, sarebbe stato lapidato sul posto.
Tra i tabù più rigorosi dell’ebraismo di sempre c’è proprio quello della assoluta “astensione dal sangue”.
Quel precetto è stato recepito anche da gruppi di letterale osservanza biblica; come i Testimoni di Geova che, com’è noto, preferiscono morire piuttosto che lasciarsi praticare trasfusioni, vedendo in questa pratica medica un “nutrirsi di sangue”.
(VITTORIO MESSORI, Ipotesi su Gesù, SEI, Torino, 2007, p.125)
Dunque, ricapitolando…
…i critici che ritengono verosimile l’ipotesi critica, sostengono quanto segue:
- un gruppo di pescatori semi-analfabeti ha seguito un Messia che – rispetto a tanti altri candidati – corrispondeva molto meno alle aspettative degli israeliti;
- i discepoli di questo messia lo hanno visto morire in modo umiliante;
- sono rimasti scottati di fronte alle aspettative tradite;
- nonostante l’ostilità della comunità ebraica, sono rimasti talmente tanto affascinati dal loro maestro, da inventarsi una figura di Messia blasfema e scandalosa;
- sono andati in giro per il Mediterraneo, tra minacce di morte, persecuzioni e martirî;
- nel giro di qualche secolo, sono riusciti a convincere buona parte del mondo conosciuto che il carpentiere megalomane che seguivano fosse «il Figlio di Dio».
Che dire?
Come sostiene Messori:
Per negare un miracolo, i critici ne accumulano una serie intera.
(VITTORIO MESSORI, Ipotesi su Gesù, SEI, Torino, 2007, p.128)
4 • La quanto-mai-rapida attribuzione di divinità a Gesù
Che voi siate credenti o meno, leggendo i Vangeli una cosa è chiara… il singolare rapporto tra Gesù e Dio Padre:
Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
(Matteo 11,27)
In verità, in verità io vi dico: il Figlio da se stesso non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo.
(Giovanni 5,19)
Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa.
(Giovanni 17,21-22)
(Ora non vi voglio annoiare a morte… per chi volesse altri versetti però, può leggere anche Giovanni 5,23 e ss; 14,8 e ss; 15,23; 16,28; 17,5)
Cosa si evince da queste frasi?
Risulta evidente qui che esiste tra il Figlio e il Padre una relazione unica, che essi appartengono alla stessa sfera d’esistenza e che esiste tra loro una totale comunicazione e reciprocità.
(JEAN DANIELOU, Dio e noi, Rizzoli, Milano 2009, versione Kindle, xx%)
Quando sono stati scritti questi testi?
I Vangeli sono stati scritti tra i trenta e i settanta anni dopo la predicazione di Gesù (per chi volesse approfondire la questione della datazione dei Vangeli, lo rimando a questa pagina)… ovvero, una-due generazioni dopo.
Secondo me, se si leggono i Vangeli con un minimo di onestà intellettuale, non si può mettere Gesù sullo stesso livello di altri uomini del passato, siano essi Socrate, Platone, Buddha o Lao Tzu.
Oh, intendiamoci: si può NON credere in ciò che diceva Gesù…
…ma non si può negare che Gesù aveva l’autocoscienza di non essere semplicemente un uomo.
E infatti, nel Nuovo Testamento ci sono varî versetti nei quali Gesù viene chiamato Dio (Theós, Θεός).
Vorrei dedicare il resto di questo paragrafo facendo una rapida carrellata di questi versetti.
Il primo versetto, neanche a dirlo è il prologo del Vangelo di Giovanni:
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
(Giovanni 1,1)
Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato..
(Giovanni 1,18)
Nel prologo, Giovanni si riferisce a Gesù con la parola Theós, che è la stessa con cui nella versione greca dell’Antico Testamento si indica YHWH, il Dio di Israele.
Secondo Giovanni, il Verbo, la «parola interiore» che si trova in Dio, ha un’esistenza personale, ed è Gesù di Nazaret (cfr. ANTONIO DUCAY, Il Figlio Salvatore : breve cristologia, Cantagalli, Siena 2014, p.55).
Il secondo versetto nel quale ci si riferisce a Gesù come Dio è quello in cui – dopo la risurrezione – l’apostolo Tommaso (quello scettico), dopo aver visto Gesù risorto, si rivolge a lui chiamandolo: «Mio Signore e mio Dio» (Giovanni 20,28).
Anche in questo caso, la parola utilizzata è Theós (è l’unica volta in cui un discepolo si rivolge a Gesù con questo appellativo).
Gli altri versetti in cui Gesù viene chiamato Dio non si trovano nei Vangeli, ma nelle altre lettere del Nuovo Testamento.
Partiamo dall’epistolario paolino.
Come spiegavo qui, l’epistolario Paolino è più antico dei Vangeli: Paolo ha scritto le sue lettere tra il 50-51 d.C. e il 63-67 d.C.
Ovvero, in un periodo di tempo che va tra i venti e i trent’anni dopo la predicazione di Gesù.
Il primo versetto che vi riporto è tratto dalla lettera ai Romani (datata tra il 55 e il 57 d.C.):
[Gli israeliti] hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo, secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.
(Romani 9,5)
Ben prima del Vangelo di Giovanni, Paolo già utilizzava la parola Theós per riferirsi a Gesù.
Faccio notare che probabilmente questo è il testo più antico nel quale si attesta la divinità di Gesù: quindici anni dopo la sua crocifissione… altro che «divinizzato nel corso delle generazioni»!
Il secondo versetto paolino in cui Gesù è chiamato «Dio» si trova nella lettera di Tito (generalmente collocata tra il 62 e il 67 d.C.):
È apparsa infatti la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo.
(Tito 2,11-13)
Ci sono poi altri due versetti che fanno parte delle lettere del Nuovo Testamento che NON sono state scritte da Paolo di Tarso.
Il primo è dalla seconda lettera di Pietro (scritta verosimilmente nella prima metà del II secolo):
Simon Pietro, servo e apostolo di Gesù Cristo, a coloro ai quali il nostro Dio e salvatore Gesù Cristo, nella sua giustizia, ha dato il medesimo e prezioso dono della fede.
(2 Pietro 1,1)
Il secondo si trova nella lettera agli Ebrei (scritta nella seconda metà del I secolo):
[il Figlio è] divenuto tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato. Infatti, a quale degli angeli Dio ha mai detto: Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato? […] Al Figlio invece dice: il tuo trono, o Dio, sta nei secoli.
(Ebrei 1,8)
Anche in questi ultimi due casi, Gesù viene chiamato «Dio», Theós.
Insomma, riassumendo:
Nella storia del cristianesimo l’attribuzione a Gesù di una condizione divina non è uno sviluppo tardivo. Molto presto, dopo gli eventi della Pasqua, i discepoli iniziarono a chiamare Gesù con lo stesso titolo con cui da ebrei avevano chiamato Dio, cioè “il Signore”.
[…] Il Nuovo Testamento […] in alcune sporadiche occasioni afferma direttamente che Gesù è “Dio”.
Quest’uso parsimonioso non può stupire, poiché con il termine “Dio” i discepoli non intendevano normalmente Gesù, bensì il Padre.
[…] Inoltre, quando dicevano che Gesù è “Dio”, nessuno dei discepoli immaginava che ci fossero due dèi, Jhwh e Gesù; di conseguenza, era necessario usare un tipo di linguaggio che fosse in grado di evitare malintesi. Spesso il termine “Dio” veniva riservato per parlare del Padre e si associava Gesù al Padre in qualche modo. San Paolo ce ne fornisce buoni esempi. Egli scrive ai Corinzi: “Per noi c’è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo per lui; e un solo Signore, Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo grazie a lui” (1 Corinzi 8,6). Qui si vede come il Padre venga chiamato Dio e Gesù venga chiamato Signore, connotando così nel caso di Cristo la divinità […].
(ANTONIO DUCAY, Il Figlio Salvatore : breve cristologia, Cantagalli, Siena 2014, p.54-55)
Conclusione
Si può non essere cristiani…
Si può “rimanere agnosticamente sulla porta”…
Si può essere atei…
Si può credere in un’altra religione…
…ma non è un’affermazione storica sostenere che Gesù sia stato divinizzato «nel corso delle generazioni».
sale
(Autunno 2024)
- VITTORIO MESSORI, Ipotesi su Gesù, Ares, Milano 2019
- VITTORIO MESSORI, Patì sotto Ponzio Pilato?: Un'indagine storica sulla passione e morte di Cristo, Ares, Milano 2020
- ADRIANO VIRGILI, Sulle tracce del Nazareno: Introduzione al Gesù storico, Phronesis Editore, Palermo 2022
- ANTONIO DUCAY, Il Figlio Salvatore : breve cristologia, Cantagalli, Siena 2014
- JEAN DANIELOU, Dio e noi, Rizzoli, Milano 2009
- MARCO FASOL, L'autenticità storica dei Vangeli : una catechesi aggiornata in un mondo scientifico ed illuminista