Libri sull’inquisizione; quali scegliere?

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1 • “Tempi oscuri”… sì, ma quali?

Ahhh, il Medioevo

Quella stagione della storia umana in cui tutti erano ignoranti, vigeva lo “ius primae noctis”, la gente pensava che la terra fosse piatta, i crociati mettevano la cintura di castità alle donzelle e poi partivano per Gerusalemme (per poi morire o perdere la chiave) e i romani usavano i sorci del Tevere al posto della carta igienica (che fu inventata soltanto nel 1857 da Joseph Gayetty).

Peccato che:

  • Cit: «Lo ius primae noctis è una straordinaria fantasia […], che è nata alla fine del Medioevo, ed a cui hanno creduto così tanto, che c’era quasi il rischio che qualcuno volesse metterlo in pratica davvero, anche se non risulta che sia mai successo davvero. In realtà è una fantasia: non è mai esistito» (da questa conferenza del professor Alessandro Barbero, al minuto 56.51)
  • Che la terra fosse sferica lo sapeva già Pitagora nel IV sec. a.C. e nel Medioevo non si è smesso di crederlo (i malfidati possono andare a controllare su Wikipedia)
  • La «cintura di castità» è un falso storico che risale al XV secolo (gli esemplari che vediamo nei musei sono stati realizzati nel XIX secolo); anche questo potete verificarlo su Wikipedia.

Purtroppo però:

  • sia per il pressappochismo che pullula qua e là…
  • sia perché negli ultimi 2-3 secoli c’è stato un proliferare di fake news a tema “Medioevo” (e molte di queste le troviamo ancora sui libri di scuola)…
  • sia perché il Medioevo era il periodo in cui la Chiesa “era al potere”, e parlare male dell’uno è un po’ come parlare male dell’altra…

…ai nostri giorni si fa ancora una certa fatica a ricredersi su questi luoghi comuni.

Le fake news sull’inquisizione, ad esempio, sono gettonatissime…

inquisizione cardinali

2 • Cosa dicono gli studiosi sull’inquisizione?

Come si dice a Roma:

«Troppi galli a canta’ nun se fa mai ggiorno!»

“Studiosi”, purtroppo, è un termine un po’ generico. Infatti:

  • ci sono libri sull’inquisizione che nascono con un intento dichiaratamente apologetico, nei quali si ha l’impressione che il fine dell’autore sia quello di «addolcire la pillola» nel presentare le pratiche dei tribunali.
  • dall’altro lato, ci sono studi di anticlericali altrettanto faziosi, nei quali vengono selezionati unicamente gli abusi giudiziari, e vengono messe sotto il riflettore soltanto le anomalie e i malfunzionamenti dei suddetti Tribunali.

Non so… a casa mia questa guerra ideologica non è proprio il massimo della serietà…

Insomma, a mio inutilissimo avviso, bisognerebbe cercare di reperire le informazioni da una fonte più onesta possibile…

3 • E quale sarebbe una “fonte onesta”?

Bella domanda.

Premesso che, a voler essere pignoli, ogni fonte è parziale, già solo per il fatto che sceglie i documenti da cui attingere, decide cosa riportare e cosa omettere, etc…

…tuttavia le pubblicazioni scientifiche (*) sono spesso testi migliori sui quali approfondire le proprie conoscenze rispetto ai libri divulgativi.

(*) (Spiegazione per i babbani: quando si parla di “pubblicazione scientifica” non si intende necessariamente un testo di biologia/fisica/chimica, ma qualsiasi pubblicazione per la quale sono state svolte analisi, studi e ricerche in modo rigoroso; queste sono poi pubblicate nei “canali di comunicazione” della comunità scientifica: monografie universitarie, riviste accademiche, etc.)

Sono migliori – dicevo – per una serie di ragioni:

  • Una pubblicazione scientifica (comunemente) è scritta da un professore/ricercatore, il quale (se fa bene il suo lavoro) riporta a piè di pagina – per ogni affermazione che fa – altre fonti che ne certifichino la veridicità.
  • Le riviste scientifiche (solitamente) controllano criticamente ogni testo che viene loro proposto per la pubblicazione (in pratica, hanno un filtro “anti boiate”…); le case editrici (spesso e volentieri) no.
  • (Questa non è sempre vera) Una pubblicazione scientifica di ambito storico (di solito) descrive gli eventi storici senza fornirne un’interpretazione… o per lo meno: l’opinione dell’autore (se è presente) rimane un po’ più sullo sfondo.
clickbait

Spezzo comunque una lancia a favore di alcuni libri di divulgazione sull’inquisizione, perché tutto sommato:

  • sono facilmente reperibili (e non devi andarli a cercare nei mercatini dell’usato, sullo scaffale segreto accanto ai “Manoscritti Pnakotici” o al “Necronomicon”)
  • sono più facili da leggere (non ci sono ottomila note a piè di pagina, rimandi, riferimenti, cfr., idem, e altri geroglifici che ti fanno incrociare gli occhi)
  • hanno un costo relativamente inferiore (essendo stampati per “il grande pubblico”, la produzione su larga scala abbassa le spese di produzione e il prezzo di copertina)
  • non hanno un numero eccessivo di pagine (puoi iniziare e finire un libro divulgativo prima che ti si secchino le gonadi)

Però, ecco, insomma: i libri vanno sempre scelti “cum grano salis”.

4 • Libri sull’inquisizione: un paio di esempi

4.1 • Uno sguardo limpido…

Le origini della mia decisione di scrivere la storia dell’Inquisizione risalgono probabilmente al primo incontro col gran numero di documenti inquisitoriali conservati al Trinity College di Dublino, nell’estate del 1967. La mia intenzione, quando cominciai a sfruttare la ricca collezione di manoscritti, era schedare i materiali del Cinquecento e del primo Seicento, consistenti in sentenze dei tribunali romani e provinciali italiani del Sant’Uffizio.
[…]
Cominciò a formarsi nella mia mente un quadro della giustizia inquisitoriale diverso da quello tradizionale che avevo sempre accettato come scontato.
[…]
Il Sant’Uffizio non fu una caricatura di tribunale, un tunnel degli orrori, un labirinto giudiziario dal quale era impossibile uscire. Decisioni capricciose e arbitrarie, abusi di potere e flagranti violazioni dei diritti umani non erano tollerati.
[…]
Non è un’esagerazione affermare che il Sant’Uffizio fu in certi casi un pioniere della riforma giudiziaria.

(JOHN TEDESCHI, Il giudice e l’eretico. Studi sull’inquisizione romana, Vita e Pensiero, Milano 1997, p. 25)

sant'uffizio pioniere della riforma giudiziaria

Io amo alla follia le persone umili.

«Ehm… ok, grazie! Ma questo che c’entra con l’inquisizione?»

C’entra, perché l’umiltà va a braccetto con l’onestà intellettuale.

La frase che ho riportato qui sopra è presa dal primo libro accademico che ho letto sull’inquisizione: è di John Tedeschi, che ha studiato ad Harvard (concentrando le sue ricerche sulla Riforma protestante in Italia e sulle procedure dell’inquisizione romana), è stato professore associato alle Università di Chicago, dell’Illinois a Chicago e del Wisconsin, e ha fondato numerosi centri di ricerca.

Ho trovato molto onesto l’approccio con cui si è avvicinato ai documenti inquisitoriali: non c’era nessuna traccia di quella presunzione che a volte hanno alcuni “esperti” che “già sanno tutto” e cercano nella realtà soltanto la conferma di idee pre-concette

…al contrario, fin dai primi passi della sua indagine ha avuto un atteggiamento dialogico nei confronti dei documenti che ha studiato, senza aver paura di rivedere le sue opinioni di fronte ad una realtà inaspettata.

4.2 • L’umiltà di chi cambia idea…

Un’altra storia curiosa che mi è capitata sotto gli occhi è quella di Henry Arthur Kamen.

Se leggete la sua pagina di Wikipedia, scoprirete che pure lui è un professorone (dottorato in Storia ad Oxford, poi docente di Storia del primo medioevo a Warwick per quasi 30 anni, poi negli USA, etc.).

Nel 1965 Kamen ha pubblicato «The Spanish Inquisition» (tradotto in Italia da Feltrinelli).

Il libro ruotava intorno alla descrizione delle varie torture, oscurantismi ecclesiastici, giudici corrotti, abusi e via dicendo…

inquisizione combattimenti di uccelli

Nonostante in Italia quel libro non sia più stato ristampato, ho scoperto che nei quaranta anni successivi Kamen lo ha riscritto ben quattro volte, pubblicandolo con le maggiori case editrici accademiche inglesi ed americane (le ultime due edizioni – del 1998 e del 2014 – sono intitolate “The Spanish Inquisition: A Historical Revision”).

Col passare del tempo (nel corso delle riedizioni del libro) Kamen ha rivisto molte delle sue posizioni.

Perché?

Man mano che approfondiva lo studio dei documenti inquisitoriali e dei verbali dei processi, ha preso coscienza di un fatto: di essersi sbagliato (vuoi perché all’epoca aveva studiato un numero parziale di documenti, vuoi per i luoghi comuni riguardo all’inquisizione).

Oh, intendiamoci, non è che nella quarta edizione Kamen ha trasformato l’inquisizione in un tribunale all’acqua di rose che distribuiva confetti e cioccolatini… quello che lo storico descrive è semplicemente un organo giudiziario figlio del suo tempo, che ha avuto un comportamento analogo a quello degli altri tribunali (laici o di altre confessioni religiose).

5 • Tre «regolette» che mi sforzo di seguire

Chiudo questa paginetta con tre “regole” (chiamiamole così) che utilizzo a mo’ di traccia, ogni volta che voglio documentarmi in modo onesto sull’inquisizione, i tribunali ecclesiastici e qualsiasi altra cosa…

5.1 • #1: Conoscere il contesto storico

Premesso che io leggo libri sulla storia dell’inquisizione nel tempo libero per un principio di masochismo interesse personale, e che quindi la mia conoscenza in materia sarà sempre fin troppo approssimativa e limitata rispetto a chi ci ha sbattuto la testa all’università (o in un contesto serio di ricerca) e in un modo o nell’altro ha interiorizzato questi concetti nel corso di anni di studio…

…tuttavia, penso che la conoscenza del contesto storico sia molto importante per evitare di dare giudizi affrettati sull’inquisizione.

Faccio un esempio super-sciocco:

molte persone credono che l’inquisizione dei paesi cattolici mediterranei (Italia e Spagna in primis) sia colpevole di “condotte retrograde” come la condanna della pratica della stregoneria, della bigamia e via dicendo…

…ma queste condotte erano passibili di condanna anche nei paesi a nord delle Alpi e dei Pirenei, con la sola differenza che nei paesi del nord Europa erano di competenza della giurisdizione locale (cioè, se ne occupavano i tribunali laici e non gli organi ecclesiastici).

5.2 • #2: Distinguere tra magistero della Chiesa e cultura popolare

Molte volte ho sentito pronunciare giudizi approssimativi sulla Chiesa, del tipo:

«La Chiesa nel passato condannava a morte le donne, perché credeva che fossero streghe»

Questa frase, a mio avviso, fa un po’ di confusione, perché sovrappone/mescola/confonde questi tre “elementi”:

  • Il magistero della Chiesa
  • L’istituzione dell’inquisizione
  • La cultura popolare

Cosa intendo?

  • la Chiesa cattolica ha un suo magistero, cioè tutto il malloppo di insegnamenti che essa ha custodito, sviluppato e trasmesso nel corso dei secoli;
  • poi c’è l’inquisizione (in realtà, ad essere precisi, di inquisizioni ne esistevano tre – italiana, spagnola e portoghese – e solo la prima è stata fondata dal Papa), ovvero un’istituzione giuridica… il cui comportamento spesso non è stato in linea con il magistero della Chiesa;
  • e infine c’è la cultura popolare del XV-XVI-XVII secolo, incrostata di residui di paganesimo, superstizioni, animismo, etc… che ha causato non pochi problemi nei tribunali dell’inquisizione, e fuori da essi.

Ora.

Nel caos della società dell’epoca, il clero era oltremodo numeroso, ma talvolta privo di una buona formazione; spesso dunque è accaduto che le credenze popolari si siano insinuate nei tribunali.

Ad esempio:

Nel Lussemburgo, nel 1616 un prete venne denunciato dai suoi stessi parrocchiani come «grande mago», perché in una predica aveva detto che le presunte streghe dovevano essere lasciate in libertà in base al principio biblico che è peggio uccidere un innocente che lasciare in vita un colpevole.

Inoltre, aveva minacciato di dannazione eterna quanti si davano alla caccia delle streghe.

(WILLIAM MONTER, “Riti, mitologia e magia in Europa all’inizio dell’età moderna”, p. 122)

Se questa cosa della “cultura popolare dell’epoca” vi sembra un po’ naïf, vi racconto un aneddoto.

Qualche anno fa, al termine di una messa infra-settimanale (età media dei partecipanti centododici anni, me incluso), un’anziana signora mi ha chiesto di riaccompagnarla a casa. Al termine del tragitto, la vecchietta mi ha detto:

leggere la mano

5.3 • #3: Non utilizzare un caso particolare per fare delle considerazioni di carattere generale

Come dice il detto:

«Fa più rumore un albero che cade, di una foresta che cresce»

Non è un atteggiamento onesto prendere a mo’ di esempio i soli processi dell’inquisizione che si sono svolti irregolarmente per distorcere il profilo statistico delle sentenze (naturalmente, vale anche il contrario, cioè filtrare i soli processi che si sono svolti seguendo le regole che venivano imposte dalla Santa Sede).

Facciamo un esempio: uno dei “cavalli di battaglia” di una certa propaganda anticlericale è il famigerato Malleus Maleficarum, un manuale dai toni feroci e spietati, pubblicato nel 1487, nel quale vengono fornite (tra le altre cose) istruzioni pratiche sulla cattura, il processo, la detenzione e tutto ciò che ruota intorno alla caccia alle streghe.

Per alcune persone “studiate” (*), l’operato dell’inquisizione coincide con il contenuto del Malleus Maleficarum.

(*) (Quando dico “persone studiate” intendo quelle che hanno scovato per caso la pagina del «Malleus» su Wikipedia, e sono diventate improvvisamente esperte di tre secoli di storia ecclesiastica, Riforma, contro-Riforma, caccia alle streghe, etc… e nominano il «Malleus» a mo’ di asso-pija-tutto)

Qualche mese fa ho letto un libro di William Monter (Ph.D. a Princeton, e poi anche lui professorone in giro per il mondo). Vi posso assicurare che nel testo non fa nessuno sconto all’inquisizione, quando c’è da raccontare di storpiature, malfunzionamenti, etc. (leggetelo se non mi credete; titolo in bibliografia a fondo pagina).

Ebbene, ecco cosa dice riguardo ai casi di stregoneria, e in particolare riguardo al Malleus:

La mitezza delle sentenze dell’Inquisizione nei casi di stregoneria contrasta in modo nettissimo con la severità in merito dei giudici laici dell’Europa settentrionale in tutti i secoli di cui stiamo parlando; e tale mitezza contrasta anche con l’atteggiamento tenuto dagli stessi inquisitori nei riguardi dei “relapsi”, gli eretici ostinati.

Riempie di stupore il fatto che la “Suprema” spagnola (ndr. l’Inquisizione spagnola) già nel 1538 ammonisse i tribunali da lei dipendenti che gli inquisitori non dovevano credere a tutto quello che si leggeva nel “Malleus Maleficarum”, anche se l’autore «scrive di cose che sembra avere lui stesso visto ed indagato, dato che si tratta di casi di tal natura che può essersi sbagliato, come hanno fatto altri»

Tra l’altro – per tornare al discorso della “Regola #2” (“cultura popolare” ≠ “magistero”): è vero che il Malleus Maleficarum è stato pubblicato da due frati domenicani tedeschi. Ma già all’epoca, appariva chiaro alla stessa inquisizione spagnola che, anche se gli autori erano due religiosi, il testo non faceva certo parte del magistero della Chiesa.

Al massimo, poteva essere un libro da supermercato ante litteram, scritto da qualcuno con le idee in linea con la mentalità spaventata del popolo, ancora impastata di paganesimo, religiosità tellurica e cabale varie.

Però, dai, ne passa di acqua sotto i ponti, prima di chiamare “insegnamento magisteriale” ogni prete che «apre bocca e je da ffiato».

(Disclaimer: quest’ultima cosa che ho scritto non vale solo per il passato, ma anche per i nostri giorni)

sale

(Autunno 2019)

Fonti/approfondimenti
  • JOHN TEDESCHI, Il giudice e l’eretico. Studi sull’inquisizione romana, Vita e Pensiero, Milano 1997
  • CHRISTOPHER F. BLACK, Storia dell’Inquisizione in Italia. Tribunali, eretici, censura, Carrocci, Roma 2018
  • HENRY KAMEN, The Spanish Inquisition: A Historical Revision 4 edizione, Yale Univ Pr, New Haven 2014
  • WILLIAM MONTER, Riti, mitologia e magia in Europa all'inizio dell'età moderna, Il Mulino, Bologna 1992

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