Martin Lutero aveva ragione? Aveva torto? Cosa pensarne oggi?

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1 • Martin Lutero e le 95 tesi

Martin Lutero (1483-1546).

Profeta o ribelle?

Genio o Follia?

Riforma Necessaria o Eresia Evitabile?

Coraggioso o Confusionario?

Salvatore o Distruttore?

lutero tribunale inquisizione

Insomma… cosa si può dire oggi di Martin Lutero?

Come sicuramente saprete, il “casus belli” che ha portato Lutero a scontrarsi con i vertici della Chiesa è la questione della vendita delle indulgenze.

La vendita delle indulgenze è la “compravendita” che avevano messo in piedi alcuni Papi, per la quale:

  • in cambio di denaro
  • veniva offerta la remissione delle pene temporali dei peccati

All’epoca di Lutero, la vendita delle indulgenze era stata praticata da papa Giulio II (1443-1513) e da papa Leone X (1475-1521)…

…ed era arrivata anche a Wittenberg, dopo che il principe Federico II aveva ottenuto da Roma il permesso di avvalernese, una volta l’anno (il giorno di Ognisanti).

Quel che è accaduto lo sappiamo tutti: Lutero ha scritto le sue famose 95 tesi e secondo la tradizione (*) le ha affisse sulla porta della chiesa di Wittenberg il 31 ottobre 1517.

(*) (ho scritto «secondo la tradizione» perché non ci sono prove dirette di questa affissione da parte di Lutero; per chi volesse approfondire, lo rimando a questo articolo)

Nelle tesi, Lutero non solo metteva in dubbio il valore e l’efficacia delle indulgenze…

…ma andava a ri-significare tutto ciò che nel cristianesimo riguardava i concetti di «penitenza», «confessione sacramentale», «assoluzione dei peccati» e via dicendo:

Sbagliano quei predicatori d’indulgenze, i quali dicono che per le indulgenze papali l’uomo è sciolto e salvato da ogni pena.
(Tesi #21; per l’elenco completo, vi rimando a Wikipedia)

Di lì a poco, si è creato un effetto domino senza precedenti nel mondo cristiano:

  • la disputa ha attirato l’attenzione di teologi, religiosi, nobili, la corte del principe elettore;
  • nel 1521, Lutero è stato chiamato a comparire davanti alla Dieta di Worms, un’assemblea imperiale presieduta dall’Imperatore Carlo V;
  • Lutero ha rifiutato di ritrattare le sue idee… e l’Editto di Worms lo ha condannato come eretico;
  • la distanza dalla Chiesa di Roma è diventata pian piano incolmabile;
  • la stampa a caratteri mobili ha permesso una rapida diffusione delle tesi luterane e degli scritti successivi.

Il resto è storia.

Oggi, sappiamo tutti che Martin Lutero è quel monaco e teologo tedesco, noto per…

  • aver dato il via (?)
  • essere stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso (?)
  • essere stato il battito d’ali di farfalla a Singapore che ha causato un uragano a New York (?)
  • aver originato (?)

…quella divisione all’interno della Chiesa cattolica che ha preso il nome di Riforma Protestante.

2 • Lutero: dagli scrupoli all’ “illuminazione”

Qualche anno fa (sarà stato il 2020) ho seguito un corso molto interessante di storia della Chiesa, tenuto da un professore di una importante università pontificia di Roma.

Nel corso si è parlato anche di Lutero e della Riforma protestante.

Tra le tante cose che ho scoperto, sono rimasto stupìto nel constatare che Lutero era una persona molto scurrile.

Divertito da questo fatto, ho scritto una mail a quel professore, chiedendo qualche dettaglio in più sulla biografia del monaco tedesco…

lutero dettagli scabrosi

Il professore mi ha risposto in questo modo:

Penso che sulla biografia di Lutero non valga la pena di approfondire: come ho detto a lezione offre il fianco – in tanti suoi aspetti – ad una critica facile… ma lo stesso vale per la gerarchia cattolica del tempo, anch’essa facilmente attaccabile.
Penso invece che sulla sua teologia valga la pena di approfondire, perché non è solida… e alla fine è del suo pensiero che bisognerebbe discutere, non della sua vita.
La sua proposta di riforma “ecclesiale” non avrebbe nessun senso oggi, perché non ci sono le deviazioni che lui denunciava, nessuno lo seguirebbe…
…invece come teologo continua ad avere un grande influsso.
Per me è stato di grande aiuto leggere quanto ne ha scritto Battista Mondin (cfr. BATTISTA MONDIN, “Martin Lutero”, in Storia della Teologia, ESD, Bologna 1996, vol. III, pp.138-185). È molto chiaro, secondo me.

(un professore di un’università pontificia romana)

Che dire?

Il professore mi è sembrato molto onesto.

È vero: Lutero aveva dei difetti.

Così come il papa e i cardinali dell’epoca avevano dei difetti.

Lutero aveva qualità spirituali, che convivevano con aspetti più spigolosi del suo carattere:

  • era un fervente predicatore, e ancor più un grande oratore;
  • era un uomo rude, che spesso ricorreva ad espressioni volgari;
  • esprimeva pensieri sublimi come teologo, ed aveva una fede solida in Gesù Cristo;
  • ha infranto il voto di castità sposando una suora cistercense…
  • …ma è stato un padre di famiglia premuroso verso i proprî figli;
  • etc.

Su Lutero ho sentito spesso tante fregnacce:

  • sia da parte dei non credenti, che lo usano come “arma” per criticare la Chiesa cattolica;
  • sia da parte dei credenti, che storpiano le sue parole e fanno un cherry picking di alcune sue frasi per sbugiardarlo.

Una cosa molto interessante che ho scoperto è che nel 1510 (cioè tre anni prima che si laureasse in teologia) Lutero è stato mandato a Roma – come rappesentante del proprio convento.

Secondo il luogo comune, il monaco sarebbe rimasto scandalizzato alla vista della città

…in realtà però la questione è molto più complessa:

  • certamente, Lutero rimase deluso dalla condotta dei preti di Roma, dal fatto che fossero sciatti nella liturgia, che celebrassero sei o sette messe nel tempo in cui lui ne celebrava una sola, dal fatto che molti di loro frequentavano quartieri malfamati (cfr. ROLAND H. BAINTON, Lutero, Torino, Giulio Einaudi, 2003, p.23)
  • alcuni critici però sottolineano che Lutero rimase folgorato dalla bellezza della città – tra chiese, monumenti, opere artistiche (cfr. LUIGI MEZZADRI, PAOLA VISMARA, La Chiesa tra Rinascimento e Illuminismo, Roma, Città Nuova 2006, p.75);
  • altri critici invece si soffermano maggiormente sul fatto che Lutero rimase meravigliato dalle storie dei tanti santi che – in un modo o nell’altro – erano passati per Roma (cfr. BAINTON, Ibidem, p.22)…
  • …tanto che secondo una leggenda, quando Lutero arrivò a piazza del Popolo, si inginocchiò ed esclamò: «Salve Roma santa, città di martiri, santificata dal sangue che essi vi hanno sparso» (cfr. MAURO LUCENTINI, La grande guida di Roma, Newton & Compton, 1999, p.28).

Lutero era un uomo scrupoloso e perfezionista.

Quando pensava a Dio – e specialmente a Gesù – aveva in mente un giudice severo; il pensiero di Gesù gli evocava un sentimento di terrore:

Al solo nome di Gesù Cristo, il nostro Salvatore, io tremavo dal capo ai piedi.
(MARTIN LUTERO, Weimarer Ausgabe 44,716)

Quando io stavo nel monastero, dentro il mio cappuccio, ero così nemico di Cristo che se vedevo una scultura o un dipinto che lo rappresentava appeso alla croce, mi riempivo di terrore, e chiudevo gli occhi… avrei preferito vedere il demonio.
(MARTIN LUTERO, Weimarer Ausgabe 47,310)

Leggendo alcuni dei suoi pensieri, forse risulta più chiaro come mai per Lutero fosse tanto cruciale il tema della remissione dei peccati da parte di Dio

…e come mai il sistema della vendita delle indulgenze gli abbia toccato “un nervo scoperto”.

A tal proposito, non so se lo sapete, ma Lutero non ha pubblicato le sue 95 tesi come gesto di sfida nei confronti del papato.

Il monaco ha scritto le tesi come parte di una lettera all’arcivescovo Alberto di Brandeburgo (come accennavo sopra, la storia dell’affissione delle tesi è probabilmente una leggenda), per aprire un dibattito accademico.

Senonché Alberto – rilevando la gravità di alcune affermazioni – ha inoltrato quei testi a Roma.

Poi, da cosa nasce cosa, le reazioni di alcuni teologi agli scritti di Lutero hanno spinto quest’ultimo gradualmente a posizioni sempre più estreme.

Tuttavia.

Rimanendo a quelle prime 95 tesi.

Ora non vorrei dire un’eresia, ma se si leggono con un minimo di elasticità, secondo me sono tesi ancora “cattoliche” (scriviamolo tra virgolette, va)…

…il problema però è che – tra le righe – sembra che Lutero metta in discussione il potere del Papa.

Comunque, tornando a quel che stavo dicendo sulla scrupolosità del monaco e sul suo sentimento «numinoso» nei confronti di Gesù.

Lutero ha continuato a convivere con questo misto di scrupoli e paura, finché non ha avuto un’“illuminazione”:

[…] io odiavo quell’espressione, “la giustizia di Dio”, che l’uso e costume di tutti i dottori mi aveva insegnato a tradurre filosoficamente come ‘giustizia formale o attiva’, come la chiamano, per la quale Dio è giusto e castiga i peccatori e gli ingiusti.
Ma io, che sebbene vivessi come monaco irreprensibile, sapevo di non poterlo placare con le mie buone azioni, peccatori […].
Finalmente, dopo aver atteso giorni e notti meditando sul nesso di queste parole, «Iustitia Dei revelatur in illo, sicut scriptum est: Iustus ex fide vivit», cominciai a intendere per giustizia di Dio, ossia quella della fede […].
Allora mi sentii completamente rinato, come se mi fossero spalancate le porte ed entrassi nello stesso paradiso.
Da quel momento cominciai a lodare la dolcissima espressione di giustizia di Dio con un amore tanto grande come prima era l’odio con cui la odiavo, sicché quel passo di San Paolo fu veramente per me la porta del paradiso.

(MARTIN LUTERO, dalla prefazione alle sue “Opere complete”, scritta il 5 marzo 1545, un anno prima di morire)

Dopo questa “epifania”, Lutero ha ritrovato – a sua detta – la serenità nel proprio rapporto con Gesù Cristo, perché ha raggiunto l’intima certezza che – nonostante tutto – sarebbe stato giustificato e salvato grazie alla propria fede.

Di pari passo, però, dopo questa “epifania”:

  • Lutero si è immedesimato sempre più nella sua veste di “profeta”;
  • è stato sempre più convinto che Dio lo avesse scelto per annunciare un «nuovo Vangelo».

Il risultato di questo suo cambio di atteggiamento è stato irrevocabile.

Lutero si è scontrato in modo sempre più aspro con la Chiesa di Roma:

  • ha attribuito al Papato la colpa delle proprie angosce spirituali;
  • ha accusato la Chiesa di aver inventato una religione non evangelica che imprigiona le persone;
  • ha affermato che non c’è bisogno di «riformare» il Papato o la Curia, ma di abolirli completamente.

La convinzione di Lutero ha reso impossibile ogni negoziato per una eventuale riconciliazione con Roma.

D’altronde, mettetevi nei suoi panni: se il Papa era «l’anticristo» e la Chiesa romana «un’invenzione diabolica», quale mediazione poteva mai esserci?

3 • Il pensiero teologico di Martin Lutero

Arrivati a questo punto, vorrei provare ad approfondire più da vicino il pensiero teologico di Lutero.

Per comodità, dividerò il paragrafo in sei parti:

3.1 • Sola gratia

Neanche a dirlo, la chiave di volta della teologia di Lutero è la dottrina della giustificazione, che ha preso il nome di «Sola gratia».

Secondo Lutero, l’uomo non può fare nulla per santificarsi e – più in generale – non può in nessun modo «meritare» alcunché da Dio.

In che senso?

Nel senso che se Dio dona qualcosa all’uomo, lo fa come dono gratuito, e non come «contraccambio» per qualcosa che l’uomo fa.

Domanda da un milione di dollari: come è arrivato Lutero a questa formulazione teologica?

La risposta è: «osservando la realtà».

Guardandosi intorno, Lutero ha iniziato a credere che ci fosse qualcosa che non andava con il battesimo:

  • «Come è possibile che i cristiani spesso si comportino come i non cristiani?»
  • «Come è possibile che tanto i battezzati, quanto i non battezzati, sono inclini a compiere il male?»
  • «Come è possibile che tanto “noi”, quanto “loro”, siamo irrimediabilmente bacati?»
irrimediabilmente bacati

Qual è però il problema nel ragionamento (mio e di Lutero)?

Il problema è che non bisogna confondere la concupiscenza con il peccato stesso:

  • la concupiscenza (tagliando con il trinciapollo) è il desiderio ardente e disordinato per i piaceri materiali o sensibili;
  • il peccato invece (come spiegavo nel 2019) «è una mancanza contro la ragione, la verità, la retta coscienza; è una trasgressione in ordine all’amore vero, verso Dio e verso il prossimo, a causa di un perverso attaccamento a certi beni. Esso ferisce la natura dell’uomo e attenta alla solidarietà umana» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n.1849).

Secondo la Chiesa, il battesimo cancella il peccato originale, tutti i peccati personali e le pene dovute ai peccati (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n.1263; cfr. anche Concilio di Firenze, bolla Exsultate Deo del 22 novembre 1439, in DH 1316)… ma non cancella la concupiscenza! ( per chi volesse approfondire, a questo link trovate la pagina del blog sul battesimo)

Su questi aspetti, Lutero sembra fare un po’ di confusione: secondo lui, quando Dio perdona l’uomo, non guarisce né santifica l’anima, ma si limita semplicemente a non considerare i suoi peccati. E infatti, per lui, l’uomo è giusto e peccatore allo stesso tempo (psicologicamente è uno stato mentale facile da sperimentare… quindi Lutero si auto-convince di questa tesi).

Stando così le cose, viene da sé che per il monaco tedesco nessun sacramento o opera ha valore per ottenere la salvezza. Al massimo possono servire a rafforzare la fede in Gesù Cristo… ma è lui che salva (Lutero era particolarmente infastidito dalle cosiddette «messe private» – che all’epoca erano oggetto di molti abusi).

Gli unici sacramenti che Lutero mantiene (seppur attribuendo loro un significato teologico differente) sono la cena (l’Eucaristia) e il battesimo (non vorrei dire una scemenza, ma ricordo di aver letto da qualche parte che Lutero aveva mantenuto anche una sorta di “confessione”, ma più per un’utilità psicologica dei penitenti, che non per motivi teologici/spirituali).

Insieme ai sacramenti, il riformatore tedesco abolisce anche:

  • l’ordine sacerdotale – niente più papi, vescovi e preti: tutti i battezzati sono considerati sacerdoti e possono celebrare la messa;
  • i voti monastici e religiosi, eliminando la vita consacrata.

Cosa resta?

La nullità dell’uomo!

Secondo Lutero, l’uomo non può fare altro che riconoscere la propria incapacità di agire bene, l’inutilità delle proprie opere, e accogliere – per mezzo della fede – la salvezza offerta da Gesù (seguendo una certa interpretazione di Romani 1,17).

Per Lutero e per i suoi discepoli, la dottrina della giustificazione viene considerata l’«articolo primo e fondamentale», «guida e giudice di ogni aspetto della dottrina cristiana» (cfr. PONTIFICIO CONSIGLIO PER L’UNITÀ DEI CRISTIANI – FEDERAZIONE LUTERANA MONDIALE, «Dichiarazione sulla giustificazione», in Regno Documenti 43(1998), 250).

Ora.

Lungi da me negare il fatto che la grazia di Dio prepara, accompagna e segue ogni atto buono che viene dal cuore dell’uomo

…il problema dell’affermazione di Lutero sta nell’aver attribuito alla grazia un valore “assoluto”, che neanche le Scritture le attribuiscono.

Infatti, sono le stesse Scritture (che stavano tanto a cuore a Lutero) a contraddire il riformatore tedesco, dato che ci sono versetti che parlano della cooperazione della libertà dell’uomo con la grazia di Dio:

[…] dedicatevi alla vostra salvezza con rispetto e timore.
(Filippesi 2,12)

Quindi, fratelli, cercate di rendere sempre più salda la vostra chiamata e la scelta che Dio ha fatto di voi. Se farete questo non cadrete mai.
(2 Pietro 1,10)

3.2 • Sola Fide: la “Theologia crucis” di Lutero

All’inizio del 1518, Lutero è stato invitato dai suoi confratelli agostiniani a presentare le sue tesi e la sua dottrina teologica.

Il 26 aprile 1518 (presso l’Università di Heidelberg) si è tenuto l’incontro accademico che ha preso il nome di Disputa di Heidelberg.

La Disputa è stata una delle prime occasioni in cui Lutero ha potuto esporre in modo esaustivo il suo pensiero (articolato in 40 tesi – 28 di natura teologica e 12 di natura filosofica).

La parte più importante del discorso ha preso il nome di «teologia della croce».

In che consiste?

Per spiegarlo, bisogna prima fare una premessa: Lutero ha avuto una formazione anti-scolastica (*).

(*) Disclaimer: «anti-scolastica» non significa che Lutero fosse contrario alla scuola; era invece contrario alla Scolastica.

Come ricorderete, la Scolastica è quel movimento filosofico e teologico medievale che si è sviluppato tra il IX e il XVII secolo, caratterizzato dall’uso della ragione e della logica aristotelica per comprendere e spiegare la fede cristiana.

Tra i più importanti filosofi scolastici figurano Anselmo d’Aosta (1033-1109), Pietro Abelardo (1079-1142) e Tommaso d’Aquino (1225)

Lutero non ha mai perdonato san Tommaso per aver usato «quel pagano di Aristotele» nella Summa Theologiae e nelle altre sue opere in cui ha cercato di conciliare filosofia e teologia.

Infatti:

[…] per Lutero la grecità è il pervertimento del cristianesimo che egli vuole eliminare, per mettere in luce il cristianesimo puro mondato della grecità.

(JOSEPH RATZINGER, In principio Dio creò il cielo e la terra : riflessioni sulla creazione e il peccato, Lindau, Torino 2006, p.118)

lutero e tommaso d aquino

Se uniamo:

  • il «Sola fide», che pone l’accento sull’impotenza dell’uomo e sulla necessità della grazia divina per la salvezza (vedi sopra)
  • il rifiuto da parte di Lutero dell’armonizzazione scolastica tra la ragione e la fede cristiana

…otteniamo la «teologia della croce», che possiamo sintetizzare così:

  • secondo Lutero non esiste un accordo tra la fede e la ragione; la filosofia non può essere messa a servizio della teologia; la metafisica non conduce alla conoscenza di Dio;
  • il «vero Dio» della teologia è il Deus Absconditus (Isaia 45,15) che si nasconde nella croce, nelle sofferenze, nelle contraddizioni, nella stoltezza (1 Corinzi 1,23).

[Solo] in Cristo crocifisso c’è la vera teologia e la conoscenza di Dio.

(MARTIN LUTERO, Weimarer Ausgabe, 1,367-68)

Solo con la fede si può accedere a questo Dio.

E infatti, per Lutero, la ragione è:

…la più grande prostituta al servizio del diavolo.
(originale: ist die höchste Hur, die der Teufel hat)

(MARTIN LUTERO, Weimarer Ausgabe, 51,126)

Qual è il problema di questo approccio?

Il problema è che se la ragione non è in alcun modo di aiuto all’uomo, la fede diventa puro fideismo (per chi fosse interessanto, lascio qui sotto un mini-paragrafo bonus su questo aspetto).

Mini-paragrafo su Guglielmo di Occam (clicca per espandere)

Guglielmo di Occam (1287-1347) è stato un importante filosofo e teologo scolastico del XIV secolo, noto per il suo approccio nominalista e la sua teoria della conoscenza.

Una delle questioni su cui Occam ha riflettuto riguarda la relazione tra la bontà di Dio e i comandamenti divini.

Secondo Occam, la bontà non è una qualità intrinseca alle azioni comandate da Dio, ma piuttosto deriva dal fatto che Dio le comanda.

Questo significa che non esiste un criterio morale indipendente e oggettivo che definisce cosa sia buono al di fuori della volontà di Dio.

In altre parole, ciò che è buono è buono perché Dio lo comanda, non perché abbia una bontà intrinseca.

Lutero – non so se deliberatamente o inconsapevolmente – è caduto nella stessa trappola di Occam!

Neanche a dirlo, Tommaso d’Aquino – e più in generale la Chiesa cattolica – sostiene il contrario: Dio comanda le cose buone perché esse sono intrinsecamente buone; la bontà è radicata nell’ordine naturale e razionale.

Esempio: Dio ci comanda di amare il prossimo, perché amarlo è una cosa buona…

…e non è il fatto che Dio ci comandi di amare il prossimo che rende questa azione buona.

Tra l’altro – anche in questo caso – ci sono riferimenti scritturistici che contraddicono Lutero.

Lungi da me dire che la fede non sia importante… ma c’è qualcosa di più importante:

Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!
(1 Corinzi 13,13)

Lo stesso Gesù ha detto più volte che è l’amore/carità (verso Dio e verso il prossimo) ad essere il centro e la sintesi della vita cristiana:

Allora si avvicinò a lui uno degli scribi che li aveva uditi discutere e, visto come aveva ben risposto a loro, gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio».
E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

(Marco 12,28-34)

Sul rapporto tra le virtù teologali, anche Tommaso d’Aquino (1224-1274) ha offerto un’interessante riflessione, spiegando come mai la carità è superiore alla fede e alla speranza:

Tommaso, nel testo già citato della II-II, q.23, a. 6, vede la carità come la più alta virtù perché più direttamente arriva a Dio in quanto Bene in sé, e non solo in quanto Verità, come la fede, né in quanto Bene per noi come la speranza.
Inoltre, manifesta la natura eccelsa della carità come l’unica virtù che rimane per sempre.
Nella III pars, quasi come di passaggio, afferma che la fede unisce a Dio mentaliter, mentre la comunione in Cristo, propria della carità che si dà nel Battesimo, ci unisce anche corporaliter (cfr. III q.69, a.5, ad 1um).
L’intima unione che manifesta quest’espressione permette di affermare la preminenza dell’atto di amore verso Dio sull’atto di conoscenza.
Infatti, l’intelletto, pur essendo una potenza superiore alla volontà, permette la comunione maggiore soltanto con gli esseri inferiori, in quanto sono presenti nel soggetto in base all’atto di conoscenza; in relazione a Dio, invece, l’atto della volontà mossa dalla grazia, per cui noi siamo in comunione con la Sua vita, è superiore all’atto di conoscenza di Dio stesso.
Ciò risulta difficilmente compatibile con l’affermazione luterana della preminenza della fede […].

(JOSÉ MARIA GALVÁN, Scelti in Cristo per essere santi : II. Morale teologale, EDUSC, Roma 2018, p.203-204)

3.3 • Sola Scriptura

Ricapitoliamo… secondo Lutero:

  • le opere sono inutili;
  • l’unica cosa in cui gli uomini possono sperare è la grazia di Cristo («Sola gratia»);
  • il Papa è l’Anticristo;
  • la Tradizione e il Magistero della Chiesa si sbagliano;
  • la ragione è corrotta dal peccato, e solo la fede può aiutare a conoscere Dio («Sola fide»).

Su cosa ci si può appoggiare allora?

«Sulla grazia di Cristo» – direbbe il riformatore.

Però c’è un problema.

Il problema è che con Gesù Cristo NON abbiamo un rapporto diretto:

  • non lo vediamo
  • non lo tocchiamo
  • non lo percepiamo con i cinque sensi

Come se ne esce?

Secondo Lutero, possiamo sperimentare la presenza di Gesù leggendo la Bibbia.

Anzi.

Secondo Lutero, la Sacra Scrittura è la sola fonte sicura per conoscere la verità: questo è il principio protestante del «Sola Scriptura».

La Bibbia – per il monaco tedesco – è l’unica autorità accettata:

È infatti necessario che la Scrittura, come giudice, emetta qui sentenza, il che non può succedere se non diamo alla Scrittura il posto principale in tutte le cose che si attribuiscono ai Padri, cioè che sia essa per se certissima, facilissima, apertissima, interprete di se stessa, che dimostra tutto di tutto, che giudica e che illumina.

(MARTIN LUTERO, testo originale latino in Assertio omnium articulorum M. Lutheri per Bullam Leonis X novissimam damnatorum [1520]; in MARTIN LUTERO, Weimarer Ausgabe, 7, 97; cf. 7, 99)

Che significa che la Scrittura è «facilissima, apertissima, interprete di sé stessa»?

In teoria, questa è la base del principio del «Libero esame»… e dovrebbe significare che la Scrittura «si spiega da sola, senza la necessità di ricorrere ad intermediarî»: secondo il riformatore, non c’è bisogno della Tradizione, non c’è bisogno del Magistero della Chiesa, non c’è bisogno dei Concilî.

In pratica però, come dicevo già qui, Lutero non ha fatto in tempo a separarsi dalla Chiesa cattolica, che poi i suoi seguaci si sono divisi in due, quattro, otto, sedici, trentadue, sessantaquattro, centoventotto, … quattromilanovantasei chiese autocefale, ognuna delle quali ha creduto interpretare la Scrittura «un po’ meglio» della precedente.

Mini-paragrafo sul fatto che il Protestantesimo è nato già scisso (clicca per espandere)

Ora non voglio appesantirvi la lettura, ma facendo una rapida carrellata di eventi storici, si può notare come a partire da Lutero, il mondo del Protestantesimo si sia suddiviso in tantissime realtà, spesso in contrasto tra loro:

  • Lutero scrive le sue 95 tesi nel 1517;
  • tra il 1524 e il 1525 iniziano le prime scissioni: Andreas von Karlstadt (professore di Wittemberg), Thomas Müntzer (pastore protestante, nonché violento rivoluzionario), Huldrych Zwingli (teologo svizzero) si discostano dalle posizioni teologiche del monaco tedesco… e Lutero li ritiene «spiriti di Satana» e «demoni incarnati»;
  • nel 1524, Müntzer è tra i comandanti che danno il via alla cosiddetta Guerra dei contadini tedeschi; in una mescolanza di cause sociali, economiche, religiose, la guerra portò all’uccisione di molti cattolici e ad una ribellione armata; Lutero – accusato di aver fomentato questa insurrezione – ne ripudia la paternità, e anzi sostiene il diritto dei governanti tedeschi di reprimere la ribellione;
  • l’11 ottobre 1531 si tiene in Svizzera la battaglia di Kappel, che vede schierati i cantoni svizzeri protestanti contro quelli cattolici; Zwingli muore nello scontro;
  • alcuni discepoli di Zwingli danno vita al movimento degli anabattisti; nel 1534, un gruppo radicale di anabattisti prende il controllo della città di Münster, in Germania. Guidati da figure carismatiche come Jan Matthys e poi Jan van Leiden, gli anabattisti instaurarono un regime teocratico e comunistico, basato su una visione millenarista;
  • nel 1534, in Inghilterra, Enrico VIII (che vuole divorziare da Caterina d’Aragona) fa approvare dal parlamento l’Atto di supremazia, con il quale viene riconosciuto come capo della Chiesa d’Inghilterra;
  • nel 1541, Calvino conquista il potere a Ginevra e impone una teocrazia; Gineva diventa il centro di una rete che consente al calvinismo di diffondersi in tutti i paesi nei quali stanno prendendo piede queste lotte di religione;
  • verso la fine del XVI secolo nasce il puritanesimo, come derivazione del calvinismo; questa dottrina enfatizza una rigorosa disciplina morale e – nelle comunità più “radicali” – porta all’esclusione dei peccatori non pentiti dalla comunità.
  • etc.

~

Dato che per Lutero la Scrittura era l’unica fonte della verità, il monaco ha avuto la necessità di trovare all’interno della Scrittura un «nucleo dottrinale» in base al quale interpretare la Bibbia e tutti gli insegnamenti che ne conseguono.

Per il riformatore, il nucleo dottrinale, il «centro» della Scrittura, è la morte e risurrezione di Gesù.

Su questo in realtà non ha detto nulla di nuovo: anche il Papa – che lui considerava «l’Anticristo» – si sarebbe trovato d’accordo.

Il problema è che Lutero va un po’ oltre, affermando (*) che la vera sostanza e midollo di tutti i libri biblici sono:

  • il Vangelo di Giovanni
  • la prima lettera di Giovanni
  • le lettere paoline (specialmente Romani, Galati ed Efesini)
  • la prima lettera di Pietro

(*) (cfr. Das Neue Testament [1522], Vorrede, in MARTIN LUTERO, Weimarer Ausgabe DB 6,10)

E che c’è di male in questa affermazione del monaco?

Provo a chiarire facendo un esempio: secondo Lutero, la lettera di Giacomo (che fa parte del Nuovo Testamento) non è ispirata. Cioè, non è «parola di Dio».

E sapete perché?

Perché nella lettera a un certo punto c’è scritto:

A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Quella fede può forse salvarlo?
Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve?
Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta.
Al contrario uno potrebbe dire: «Tu hai la fede e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede».
Tu credi che c’è un Dio solo? Fai bene; anche i demòni lo credono e tremano!
Insensato, vuoi capire che la fede senza le opere non ha valore?
Abramo, nostro padre, non fu forse giustificato per le sue opere, quando offrì Isacco, suo figlio, sull’altare? Vedi: la fede agiva insieme alle opere di lui, e per le opere la fede divenne perfetta.
E si compì la Scrittura che dice: Abramo credette a Dio e gli fu accreditato come giustizia, ed egli fu chiamato amico di Dio. Vedete: l’uomo è giustificato per le opere e non soltanto per la fede.
Così anche Raab, la prostituta, non fu forse giustificata per le opere, perché aveva dato ospitalità agli esploratori e li aveva fatti ripartire per un’altra strada? Infatti come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta.

(Giacomo 2,14-26)

Come si possono conciliare questi versetti con il «Sola fide» di Lutero, secondo il quale l’uomo è giustificato solo grazie alla fede in Cristo?

Ovviamente, è impossibile: la lettera di Giacomo insegna che le opere sono altrettanto importanti.

E qual è la soluzione del riformatore tedesco?

Lutero sostiene che la lettera di Giacomo è una «lettera di paglia» (in Prefazione al Nuovo Testamento, del 1522; cfr. MARIDA NICOLACI, La salvezza viene dai Giudei : Introduzione agli Scritti giovannei e alle Lettere Cattoliche, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2014, p.307): fuffa, scempiaggini, chiacchiere senza alcun fondamento.

Perché?

Perché Paolo di Tarso nella prima lettera ai Romani dice che «Il giusto per fede vivrà» (Romani 1,17)… e questo – secondo il monaco tedesco – è inconciliabile con quello che dice la prima lettera di Giacomo, in cui si parla dell’importanza delle opere di carità.

lutero lettera di paglia

Confrontando la lettera di Giacomo con quella di Paolo di Tarso ai Romani, Lutero ha dichiarato che:

Questi due testi sono diametralmente opposti: è la fede che giustifica, ma la fede da sola non giustifica. Se qualcuno può far convivere queste due affermazioni, sono pronto a mettergli in testa la mia berretta e ad accettare che mi tratti da sciocco.

(MARTIN LUTERO, Discorsi a tavola, CDE, Milano 1989; citato in FABRICE HADJADJ, La fede dei demoni : ovvero il superamento dell’ateismo, Marietti, Genova 2010, p.216)

Il problema è che Lutero sta usando un criterio totalmente arbitrario per definire quali sono i libri «accettabili» e «non accettabili»: un criterio teologico, basato su una sua (più o meno condivisibile) idea.

Nella Chiesa cattolica invece il criterio di canonicità in base al quale un libro è stato o meno inserito nella «Sacra Scrittura» dipende da una serie di caratteristiche.

Alcune sono dei libri stessi:

  • apostolicità
  • antichità
  • ortodossia
  • concordanza con altri libri già accettati
  • comprensibilità
  • carattere edificante
  • non occasionalità (cioè utilità al di là delle circostanze concrete di un momento)

Altre caratteristiche invece dipendono dal uso ecclesiale di quei libri, cioè se:

  • sono stati utilizzati in altre chiese, specialmente quelle di origine apostolica
  • sono ststi usati nella liturgia, a partire dalla «chiesa delle origini»

~

Il principio del «Sola scriptura» penso che sia uno dei più fallaci della teologia di Lutero.

Le obiezioni infatti potrebbero proseguire ancora a lungo.

Come scrive il filosofo francese Fabrice Hadjadj (1971-…):

Non essendo qui il caso di andare più a fondo, si osservi quanto meno che [Giacomo] non cerca tanto di mettere in contrapposizione la fede e le opere, quanto di contrapporre una fede a un’altra: non soltanto le nostre opere, ma neppure la nostra stessa fede non sono sufficienti a salvarci.

(FABRICE HADJADJ, La fede dei demoni : ovvero il superamento dell’ateismo, Marietti, Genova 2010, p.59-60)

[nota a pie’ pagina] A Lutero in verità di questa Lettera ripugna un altro aspetto, ed è il fatto che vi compaiono la citazione e il fondamento del sacramento dei malati. In De Captivitate Babylonis, citato da JOSEPH CHAINE, L’Épître de saint Jacuqes, Études Bibliques, Paris 1927, Lutero scrive: «Io lo affermo: se mai vi è un punto in cui si delira, è questo».

Un’altra testimonianza molto interessante è quella di Scott Hahn (1957-…) e di sua moglie Kimberly.

Scott è un ex pastore protestante, convertitosi al cattolicesimo nel 1986: la sua storia bellissima è raccontata nel libro autobiografico «Roma dolce casa : il nostro viaggio verso il cattolicesimo», scritto a quattro mani con la moglie (anche Scott, tra i tanti errori teologici di Lutero, riporta quello della «lettera di paglia», cfr. SCOTT & KIMBERLY HAHN, Roma dolce casa : il nostro viaggio verso il cattolicesimo, Ares, Milano 1998, p.65)

Comunque.

Senza sbrodolare con le citazioni.

Secondo me i due “buchi” più grandi nel «sola Scriptura» di Lutero sono questi:

  1. tanto per cominciare, il “comandamento” di seguire la sola Scrittura non si trova nella Scrittura! Anzi, se proprio volessimo trovare un fondamento Scritturistico in cui si parla del «luogo in cui cercare la verità», nella lettera di Timoteo c’è scritto che «è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità» (1 Timoteo 3,15); invece nella seconda lettera ai Tessalonicesi, Paolo dice: «Perciò, fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete appreso sia dalla nostra parola sia dalla nostra lettera» (2 Tessalonicesi 2,15)
  2. il Nuovo Testamento è stato scritto nella seconda metà del primo secolo (con la Prima lettera ai Tessalonicesi di Paolo di Tarso del 50-51 e il Libro dell’Apocalisse che è della fine del I secolo)… questo significa che c’è stato un tempo in cui c’erano i cristiani, c’era la Chiesa, ma non esistevano testi con i quali i cristiani potessero entrare in contatto con Cristo attraverso la lettura individuale della Scrittura

Per la serie:

Ora non vorrei appesantire questo sotto-paragrafo.

Pertanto la chiudo qui, con altre due citazioni del vescovo cattolico francese Francesco di Sales (1567-1622):

In primo luogo, tutta la dottrina cristiana è di per sé tradizione. Infatti, l’autore della dottrina cristiana è Cristo Nostro signore in persona, il quale non ha scritto nulla, se non qualche carattere mentre rimetteva i peccati alla donna adultera, carattere che neppure si è premurato di farci conoscere, avendolo tracciato per terra.
A maggior ragione, Cristo non ha ordinato di scrivere, se non quello che voleva insegnare ai vescovi d’Asia.
A motivo di ciò, egli non ha chiamato la sua dottrina “Eugrafia”, bensì Evangelo, e tale dottrina ha comandato di trasmetterla soprattutto per mezzo della predicazione, difatti non ha mai detto: scrivete il Vangelo a ogni creatura; ha detto invece: predicate.

(FRANCESCO DI SALES, Sermone VIII, 1 marzo 1617, in FRANCESCO DI SALES, Siate santi… nella gioia! Testi scelti per cristiani immersi nel mondo, Itaca : Oratorium, Castel Bolognese (RA) 2018, p.127)


Gli eretici dicono: “Non bastano le Scritture? Non sono esse sufficienti, anzi, sovrabbondanti?”. Non andrei mai a dire a cotanti illustrissimi e dottissimi personaggi che le Scritture non bastano. È ovvio che bastano! Siamo noi, però, che non bastiamo ad attingere la dottrina cattolica dalle sole Scritture prese in maniera isolata.
Guardate tutti gli eretici, gli stessi ebrei e altri ancora: non hanno forse avuto le Scritture? Eppure non hanno creduto, anzi, peggio: sono caduti in errore.
La Tradizione è quindi necessaria e l’idea di voler attingere la dottrina dal soffio dello Spirito Santo è del tutto insensata; si arriverebbe ad attribuire alle Scritture tanti significati quante sono le teste […]
La Chiesa basta perché ci dà la Scrittura; la Tradizione basta perché garantisce la Scrittura; la Scrittura basta perché garantisce sia la Chiesa che la Tradizione.
La Chiesa è come una colomba perché ha due ali: la Scrittura e la Tradizione.

(FRANCESCO DI SALES, Sermone VIII, 1 marzo 1617, in FRANCESCO DI SALES, Siate santi… nella gioia! Testi scelti per cristiani immersi nel mondo, Itaca : Oratorium, Castel Bolognese (RA) 2018, p.128)

3.4 • Il “servo arbitrio”: l’antropologia di Lutero

Torniamo un attimo alla Disputa di Heidelberg del 1518.

In quell’occasione, Lutero ha espressamente detto che dopo il peccato originale, il libero arbitrio non esiste più.

Se ci pensate, questa è una diretta conseguenza della «dottrina della giustificazione», di cui ho parlato nel sotto-paragrafo 3.1:

  • se le opere sono inutili
  • se con il mio comportamento – a prescindere dal fatto che io mi comporti bene o male – non mi merito nulla

…le mie azioni sono inutili: se compio il bene, non lo faccio di mia iniziativa; così come se compio il male.

Per il riformatore tedesco, Dio e Satana si contendono il governo della volontà degli uomini:

Così la volontà umana si trova nella condizione di una bestia da soma: se Dio la monta, essa vuole e va dove Dio vuole […] Se la monta Satana essa va dove vuole Satana, e non è in potere dell’uomo scegliere il cavaliere per correre o per cercarlo: i cavalieri lottano per impadronirsi di lui e per possederlo.

(MARTIN LUTERO, Weimarer Ausgabe 18, 635)

Sul libero arbitrio non mi dilungo ulteriormente qui, perché c’è già un’altra pagina del blog nella quale penso di aver argomentato a sufficienza.

3.5 • La predestinazione

Se il libero arbitrio non esiste, viene da sé che gli uomini non sono liberi – con le loro azioni – di potersi meritare il Paradiso o l’Inferno.

E dunque, per Lutero, esiste una doppia predestinazione: alcuni uomini sono creati da Dio predestinati a finire in Paradiso; altri sono creati da Dio predestinati a finire all’Inferno.

(Anche su questo punto, Lutero si rifà alle idee di Occam, per il quale Dio è «pura volontà»: fa quello che vuole, salva alcuni, condanna altri, senza seguire regole che possano essere comprensibili per noi uomini)

Anche in questo caso, penso sia utile riportare le parole del monaco tedesco:

Dio è colui la cui volontà non ha né causa né ragione che gli venga imposta come regola o misura, giacché nulla è a lui eguale o superiore, e la sua è la regola di tutte le cose. (…) Non è perché devo o ha dovuto volere così che ciò che vuole è giusto. Al contrario: è perché essa vuole così, che ciò che fa deve essere giusto.

(MARTIN LUTERO, Weimarer Ausgabe, 18,712)

Lutero era talmente convinto dell’idea di una doppia predestinazione – alcuni alla Salvezza, altri alla Condanna – che a volte ha usato espressioni molto forti per sottolineare questa tesi.

Ad esempio, in una lettera che ha scritto a Melantone, dal castello di Wartburg, dice:

Sii peccatore e pecca fortemente, ma ancora più fortemente credi e gioisci in Cristo.
(originale: esto peccator et pecca foriter, sed fortius fide et gaude in Christo)

(MARTIN LUTERO, lettera del 1 agosto 1521, n.424)

Questo pensiero apre uno spiraglio all’indifferenza riguardo alla legge morale?

Non saprei.

Probabilmente l’espressione di Lutero era iperbolica, e non penso che il suo fosse veramente un invito a peccare.

lutero predestinazione

Se però Lutero intendeva dire letteralmente ciò che ha detto, ovviamente il discorso cambia…

3.6 • La Chiesa “invisibile”: ecclesiologia di Lutero

Siamo arrivato all’ultimo aspetto della teologia di Lutero…

…ed è proprio su questo punto che Lutero cessa di essere solo un teologo e diventa un riformatore.

Mi riferisco al modo in cui il monaco tedesco immagina la Chiesa.

Come ho già accennato nei varî paragrafi fin qui, il «Sola fide» di Lutero manda a gambe all’aria quasi ogni aspetto della Chiesa:

  • i riti sono inutili
  • la gerarchia della Chiesa non serve a nulla
  • i Sacramenti sono solo simboli
  • preti, vescovi e Papa non servono a nulla, poiché ogni cristiano è sacerdote

Cosa rimane allora?

Come scrive Lutero stesso:

La Chiesa è nascosta, i santi sono nascosti.
(MARTIN LUTERO, Weimarer Ausgabe, 18,652)

Che significa che la Chiesa è nascosta?

Se è nascosta, come si fa a riconoscere?

Per il riformatore, si può riconoscere in tutte quelle comunità di credenti in cui si annuncia Cristo, si predica la parola di Dio, si celebra il Battesimo e la Santa Cena: da un punto di vista esteriore, la vera Chiesa è una realtà invisibile, che si può riconoscere solo per mezzo della fede.

Ogni forma di “riconoscibilità esteriore” dei luoghi di culto è non solo inutile, ma dannosa: le parole di Lutero generano – suo malgrado – alcune forme di vandalismo contro chiese e santuarî…

…finché nel 1526, Lutero inizia a parlare del «sommo episcopato dei principi»: l’autorità civile deve farsi garanti del comportamento della popolazione, della sequela dei Dieci Comandamenti, delle pratiche religiose, del modo in cui celebrare i Sacramenti, del modo in cui i sudditi devono perseguire il bene spirituale, etc.

Nasce così la «teoria dei due regni», secondo la quale esistono due sfere in cui Dio opera nel mondo:

  • il regno spirituale, governato dal Vangelo e dall’insegnamento cristiano, che ha il compito di guidare le anime alla salvezza;
  • il regno temporale, governato dalla legge e dall’autorità civile, che ha il compito di mantenere l’ordine, la giustizia e la pace nella società
enrico viii divorzio

4 • “Apologia” di Martin Lutero

Qualche paragrafo più sopra – in una vignetta – scherzavo sul fatto che volevo trovare qualche dettaglio “scabroso” nella vita di Lutero.

Ovviamente era una battuta…

…però non vi nascondo che c’è stato un tempo in cui pensavo che tra i compiti dell’«apologetica» ci fosse anche quello di “gettare fango sui nemici” della Chiesa.

Ecco.

Vorrei dedicare quest ultimo paragrafo per fare l’esatto opposto: io provo una estrema tenerezza nei confronti di Martin Lutero.

I motivi sono molteplici.

Tanto per cominciare, come scrivevo sopra, Lutero era una persona scrupolosa: era inquieto, si sentiva indegno di presentarsi al cospetto di Gesù, aveva la “sindrome dell’impostore”, etc.

Ebbene: Lutero era una persona scrupolosa… come me!.

Ora non voglio tornare sul tema, ma per chi fosse interessato, lo rimando alla pagina in cui parlavo del (mio) combattimento contro gli scrupoli.

Poi.

Come dicevo sopra, Lutero era una testa calda e una persona scurrile: rispondeva male nelle lettere, diceva un sacco di parolacce, etc.

Ebbene: Lutero era una testa calda… come me!.

sale permaloso

Poi.

Lutero credeva che la natura umana fosse «corrotta», e che non ci fosse nulla da fare – se non confidare nella grazia di Dio nei confronti di «questo lerciume».

Ebbene: da un punto di vista antropologico Lutero era pessimista… come me!.

Anch’io spesso ho la tentazione di pensare che nella nostra cultura, nel mondo dello spettacolo (film, serie tv, influencers), nel sistema scolastico, nelle università, nel mondo del lavoro, nel modo in cui gira l’economia, tra le mie amicizie e persino nel mio cuore non ci sia più nulla di buono.

La Chiesa invece insegna che la natura umana è «lapsa» (participio passato di «lābor»), cioè «scivolata», «venuta meno», «caduta in errore»:

Contro Lutero, che sosteneva la totale corruzione della natura umana a causa del peccato originale e la perdita della libertà di fare il bene, il Concilio di Trento riaffermò solennemente che, dopo il peccato originale, non andò perso né venne estinto il libero arbitrio nell’uomo (cfr. CONC. DI TRENTO, decr. De iustificatione, 13-1-1547 (DS 1555)).

(FERNANDO OCÁRIZ, LUCAS F. MATEO-SECO, JOSÉ ANTONIO RIESTRA, Il mistero di Cristo – Manuale di Cristologia, EDUSC, Roma 2000, p.40)

Poi.

Lutero – come si dice a Roma – «se la cantava e se la sônava»:

  • «Leggo e interpreto la Bibbia per conto mio»
  • «Mi confesso da solo con Dio»
  • «Con Gesù ho un rapporto speciale, ce la vediamo tra di noi, senza intermediarî»

Ebbene: Lutero era individualista… come me!: anch’io tante volte ho la tentazione di pensare che avere un intermediario tra me e Dio possa essere un handicap

…mentre invece gli intermediarî sono dei grandi doni:

  • la Tradizione della Chiesa, in cui è confluito il meglio del meglio di tutto ciò che i cristiani hanno creduto, sperato e vissuto, e che i santi hanno incarnato;
  • il Magistero della Chiesa, che è un distillato della sapienza di teologi, biblisti, dottori della Chiesa, che mi aiutano a comprendere – e a non fraintendere – ciò che dice la Bibbia;
  • i sacerdoti, che hanno il potere di dire «Io ti assolvo».

A tal proposito.

Sulla Tradizione e sul Magistero penso che occorra spendere qualche parola in più, perché spesso nella cultura pop vengono dipinte in modo grottesco.

In uno dei documenti del Concilio Vaticano II (che si è tenuto tra il 1962 e il 1965) c’è scritto che (*):

L’ufficio d’interpretare autenticamente la parola di Dio, scritta o trasmessa, è affidato al solo magistero vivo della Chiesa, la cui autorità è esercitata nel nome di Gesù Cristo.
Il quale magistero però non è superiore alla parola di Dio ma la serve, insegnando soltanto ciò che è stato trasmesso.

(Dei Verbum, n.10)

(*) (In realtà, si trovano parole analoghe sia nei documenti del Concilio di Trento (1545-1563) che in quelli del Concilio Vaticano I (1868-1870))

Domanda da un milione di dollari: che significa «interpretare autenticamente la parola di Dio»?

La parola «autentico» – in questo caso – non è da intendersi in contrapposizione ad «erroneo» o a «falso».

All’interno dei documenti del Concilio Vaticano II, la parola «autentico» significa «rivestito dell’autorità di Cristo» (Lumen Gentium, n.25).

Cioè?

Al giorno d’oggi chiunque – all’interno della Chiesa – può leggere e interpretare la Bibbia come gli pare e piace.

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Tutti possono interpretare le Scritture… ma solo alcune persone all’interno della Chiesa possono farlo in modo autorevole e normativo.

Perché?

Perché esercitano un ministero per il quale possono contare sull’assistenza dello Spirito Santo.

Prima che qualcuno gridi allo scandalo, alla censura o al «privilegio ecclesiastico», vorrei subito far notare che il la Chiesa non ha quasi mai esercitato questo potere «in modo positivo» – cioè sono rarissimi i casi nei quali un Papa o un vescovo hanno offerto un’interpretazione univoca di uno specifico brano biblico.

Molto più spesso, questo “potere” è stato esercitato «in modo negativo»: cioè Papi e vescovi sono intervenuti per indicare che un brano biblico sicuramente NON si poteva interpretare in un certo modo.

Quale che sia il caso, di norma la Chiesa si è limitata a raccogliere ciò che i biblisti e gli esegeti hanno partorito:

È compito degli esegeti contribuire, secondo queste norme, alla più profonda intelligenza ed esposizione del senso della sacra Scrittura, affinché mediante i loro studi, in qualche modo preparatori, maturi il giudizio della Chiesa.
Quanto, infatti, è stato qui detto sul modo di interpretare la Scrittura, è sottoposto in ultima istanza al giudizio della Chiesa, la quale adempie il divino mandato e ministero di conservare e interpretare la parola di Dio.

(Dei Verbum, n.12)

Che significa che il lavoro di esegeti e teologi è «sottoposto in ultima istanza al giudizio della Chiesa»?

Significa che:

  • un teologo può anche avere un dottorato, due licenze, una laurea honoris causa all’università di Tubinga, e scrivere sulle pagine di Famiglia Cristiana, l’Avvenire, l’Osservatorio Romano, La Civiltà Cattolica o qualsiasi altra testata più-o-meno nota nel sottobosco cattolico;
  • ma questo non lo esime dal dire fregnacce ed eresie… pertanto, l’ultima parola non può che avercela il Magistero della Chiesa.

E a tal proposito.

Riallacciandoci all’apologia di Lutero.

C’è un ultimo aspetto della sua persona che mi fa provare molta tenerezza per il monaco tedesco.

Lutero era una persona superba.

Come ha scritto l’insegnante, saggista e pedagogista italiano Franco Nembrini (classe ’55) nel suo commento all’Inferno

Quanti eretici avevano delle buone ragioni.
Ma la pretesa di affermarle immediatamente, contro tutti e contro tutto, ha finito per impoverirle, per renderle meno feconde, motivo di divisione e non di crescita per tutti.

(FRANCO NEMBRINI, dal suo commento a DANTE ALIGHIERI, Inferno, Mondadori, Milano 2018, p.545)

Ebbene: Lutero era una persona superba…come me.

Anch’io tante volte mi intestardisco, mi impunto, preferisco «avere ragione da solo», sono poco tollerante nei confronti di chi sbaglia e vorrei creare una mia «chiesa privata» in cui proibire l’alleluja delle lampadine, i preti che fanno i balletti su TikTok e i bans negli oratorî.

A tal proposito, mi ha fatto molta tenerezza uno stralcio del sacerdote francese Vincenzo de’ Paoli (1581-1660).

Vincenzo – che era un santo, e quindi era umile – nelle sue Conversazioni spirituali ha scritto queste righe:

Per tutta la mia vita ho paventato di trovarmi alla nascita di qualche eresia. Avevo visto la rovina arrecata da quelle di Lutero e di Calvino, e quante persone di ogni genere di condizione ne avessero succhiato il letale veleno, volendo assaggiare le fasulle dolcezze della loro pretesa riforma. Ho sempre avuto la paura di trovarmi coinvolto negli errori di qualche nuova dottrina, prima ancora di rendermene conto.

(VINCENT DE PAUL, Entretiens spirituels de saint Vincent de Paul, Éd. du Seuil, Paris 1960, p.902)

Commentando queste parole, il filosofo francese Fabrice Hadjadj (classe ’71) ha scritto quanto segue:

Questa confessione – attenzione a non farsi trarre in inganno – è un omaggio al genio e alla superiorità di Calvino e di Lutero: se questi grandi sono caduti in errore, sotto i colpi del Maligno, come è possibile che io, così inferiore a loro, non tema di cadervi a mia volta? Come non dedicarmi a un’obbedienza tanto libera quanto assoluta al magistero della Chiesa, per proteggermi da tale sventura?
La vera fede fa dunque cadere in dubbio, non nei confronti di Dio, ma di sé: «Signore Mio Dio, mi sono esaminato sotto il tuo sguardo, ecco la mia debolezza» (AGOSTINO D’IPPONA, Le Confessioni, Edizioni Paoline, Roma 1975, X, 33, p. 348).
Questo dubbio distrugge l’idolo della mia capacità e mi obbliga ad abbandonarmi, in una fiducia tanto più salda e irremovibile quanto meglio l’idolo fu distrutto, per potere dell’Altissimo.

(FABRICE HADJADJ, La fede dei demoni : ovvero il superamento dell’ateismo, Marietti, Genova 2010, p.216)

Conclusione

Il discorso è molto complesso.

Per scrivere questa pagina ho cercato di raccogliere più informazioni possibili negli ultimi anni…

…poi ho cercato di scremare più possibile i tanti appunti raccolti, per non ammorbarvi con un pippone cosmico.

E alla fine:

  • per tutti i passaggi che ho sintetizzato, ho il timore/certezza che qualcuno dirà: «Eh, Sale, però così la stai facendo troppo breve! La questione è più complessa!»
  • per tutti i passaggi che NON ho sintetizzato, ho il timore/certezza che qualcuno dirà: «Mammamia, Sale, che palle tutta ‘sta sbrodolata! Ma non potevi tagliare un pochino?»

Come si risolve la questione?

Si risolve – come per ogni pagina del blog – con la bibliografia che trovate a fondo pagina.

Prima di chiudere, vi lascio un ultimo mini-paragrafo opzionale, nel quale vi riporto una citazione di William Monter, storico sociale dell’età moderna (classe ’36), con una serie di altre informazioni qua e là sul protestantesimo delle origini.

Per chi non volesse leggerlo, può scrollare poco più in basso e leggere le ultime righe del post.

Mini-paragrafo con qualche altro aspetto interessante sul protestantesimo delle origini (clicca per espandere)

Non è qui proprio il caso di ripetere ancora una volta la storia della Riforma protestante o di rievocare i suoi principi fondamentali comuni: la giustificazione “sola fide”, il criterio della “sola Scriptura”, la rottura con Roma e via di seguito con i tradizionali aspetti continuamente ribaditi.
Come hanno fatto notare molti specialisti, il primo protestantesimo fu un movimento promotore della dignità dei laici e che si sviluppò con pubblicazioni e prediche in lingua volgare.
[…]
La popolarità di Lutero, che ha dell’incredibile, può essere misurata dai dati statistici sulle opere uscite presso editori tedeschi: nel 1518, nel territorio dell’Impero, uscirono solo 150 nuovi titoli (all’incirca), mentre nel 1522-24 ne uscirono circa 800 l’anno e più della metà delle nuove pubblicazioni avevano per autori o Lutero o i suoi fedelissimi seguaci.
L’originario messaggio protestante è stato di recente caratterizzato per sommi capi come quello che mirava a togliere al clero ogni aureola di sacralità negando valore alle sue prerogative peculiari, alla confessione auricolare e poi al celibato e al diritto canonico.
Anzi, del movimento si è detto che fu la prima forma di illuminismo laico.
Molto si può apprendere delle finalità che si proponeva il movimento se si studiano le sue Utopie.
Anche Lutero ne tratteggiò una nella sezione finale del suo libello più importante, l’“Appello alla nobiltà cristiana della nazione tedesca” (An den christlichen Adel deutscher Nation). Non molto tempo dopo, un dotato seguace del riformatore di Wittenberg, Eberlin von Günzberg, compose una versione più elaborata dell’Utopia protestante formulando leggi e statuti di «Wolfaria», e cioè del paese dove tutto funziona al meglio.
In questo paradiso le festività religiose risultano ridotte a 20 per anno, oltre ovviamente le domeniche; il clero è formato per intero da gente del posto, eletta luogo per luogo dalla popolazione; e tutti i «ministri» eletti hanno moglie. Ogni ordine mendicante e ogni forma di elemosina costituita ne risultano esclusi e aboliti; confessarsi prima di comunicarsi è lasciato alla discrezione dei singoli e una sola preghiera è consentita: il Pater Noster; tutte le immagini di santi e tutti i pellegrinaggi ai loro santuari vi sono vietati; il lutto per i morti vi è limitato ad una sola settimana e non vi hanno luogo messe commemorative; tutti coloro che si sposano clandestinamente (e cioè che contraggono nozze clandestine) sono destinati alla pena capitale.
[…]
Il protestantesimo era certo che l’età dei miracoli fosse terminata durante i secoli della corruzione papale e che non sarebbe ricomparsa mai più. Eliminava poi la funzione della Madonna e dei santi come intercessori presso Dio. L’attacco mosso da Lutero alle indulgenze comportò la negazione del purgatorio; […] i primi Protestanti lasciavano stupefatti i loro ascoltatori quando denunciavano i preti che celebravano messe “pro defunctis” chiamandoli “Totenfresser”, «divoratori di morti».
Molti altri mutamenti significativi furono allora attuati, quali l’uso del volgare nei riti liturgici, il canto corale in cui si univano le voci di tutti i fedeli presenti e il matrimonio degli ecclesiastici.
E poiché né i santi né i sacerdoti potevano più fare miracoli, ecco che i protestanti innalzarono la dignità dei laici forniti della loro Bibbia in lingua volgare e li posero su una posizione di piena e completa parità con gli ecclesiastici al centro della vita religiosa.
I nuovi mezzi prescritti per purificare la vita e le pratiche religiose dei comuni fedeli furono di due specie. La prima fu quella di obbligare i fedeli a sentire il sermone domenicale con cui si sarebbe predicata la «pura» parola di Dio; […] la seconda fu l’istruzione religiosa obbligatoria dei giovani o degli ignoranti […], mediante il catechismo.
Dovunque i protestanti acquistarono il controllo della situazione, questi mutamenti furono attuati in brevissimo volger di tempo.
[…]
[Per quanto concerne l’iconoclastia – cioè la lotta contro il culto di immagini, reliquie, etc. – essa] venne attuata con il corredo di nuove spiegazioni di tipo protestante.
Per esempio, allorché a Ginevra nel 1535 vennero rimosse le reliquie, si dichiarò che il braccio di sant’Antonio era il pene di un cervo, mentre del cervello di san Pietro si disse che altro non era che pietra pomice.
Le élites istruite accolsero con somma rapidità la Riforma, mentre le popolazioni rurali la assimilarono con molta lentezza.
Un caso estremo è quello del ducato di Pomerania nella Germania settentrionale: il ducato era già «luterano» da varie generazioni quando un’ispezione ufficiale venne autorizzata per sapere come la pensavano i contadini. Ebbene, il maggior agricoltore se ne venne fuori (in un villaggio) a dichiarare: «Credo nella Vergine Maria, Madre di Dio, e in Gesù Cristo suo Figlio» e tutti gli altri interrogati fecero coro dicendo solamente: «Credo quello in cui crede Hans Hille».

(WILLIAM MONTER, Riti, mitologia e magia in Europa all’inizio dell’età moderna, Il Mulino, Bologna 1992, p.37-41)

Vorrei chiudere questa pagina con un’ultimissima considerazione.

Come forse avrete notato, in questa pagina non mi sono soffermato quasi per nulla su tanti altri aspetti che Lutero – e con lui tante denominazioni protestanti – hanno scartato:

  • l’Adorazione eucaristica
  • il culto di Maria, Madre di Dio
  • l’amicizia con i santi
  • etc.

Prima o poi scriverò una pagina sul blog per ciascuno di questi punti…

…per oggi però vi risparmio l’agonia, e vi lascio con una citazione da un libro dello scrittore scozzese Bruce Marshall (1899-1987), in cui Padre Smith riflette sul futuro della Scozia, la secolarizzazione, il protestantesimo e…

La sera fra le ombre delle colonne, si cantava la Salve Regina, perché i monaci trovavano giusto che nel tempio risuonassero gli stessi canti gloriosi che si sarebbero uditi poi per tutta l’eternità.
Erano passati, quei tempi, per la Scozia, e il Padre Smith pregò che tornassero presto, perché sapeva che solo nella poesia della fede gli uomini avrebbero potuto trovare la felicità e lo scopo della vita.
Erano passati quei tempi, perché gli uomini erano stati così sciocchi da pretendere di effettuare una riforma cominciando dall’esterno anziché dall’interno e da non capire che una dottrina non è necessariamente falsa per il solo fatto che i suoi aderenti non ne sono all’altezza.
E così se n’erano andati il Santissimo Sacramento, la Madonna e i santi, e si pretendeva che gli uomini menassero una vita buona senza nessuno di quegli aiuti che Dio stesso aveva istituito.

(BRUCE MARSHALL, Tutta la gloria nel profondo : Il mondo, la carne e padre Smith, Jaca book, Milano 2015, p.57-58)

sale

(Autunno 2024)

Fonti/approfondimenti
  • BATTISTA MONDIN, “Martin Lutero”, in Storia della Teologia, ESD, Bologna 1996, vol. III, pp.138-185
  • WILLIAM MONTER, Riti, mitologia e magia in Europa all'inizio dell'età moderna, Il Mulino, Bologna 1992
  • ROLAND H. BAINTON, Lutero, Torino, Giulio Einaudi, 2003
  • LUIGI MEZZADRI, PAOLA VISMARA, La Chiesa tra Rinascimento e Illuminismo, Roma, Città Nuova 2006
  • MARTIN LUTERO, Weimarer Ausgabe
  • DANTE ALIGHIERI, Inferno (commentato da Franco Nembrini, illustrato da Gabriele dell'Otto), Mondadori, Milano 2018

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