Nei paragrafi seguenti, tiro fuori altre cose interessanti che ho scoperto, man mano che mi documentavo sui tribunali dell’inquisizione… e in particolare su come si svolgevano i processi.
Ho diviso le informazioni in cinque paragrafi. Se non vi va di leggere tutto, potete cliccare direttamente i link qui sotto per saltare al paragrafo che vi interessa:
- Comportamento tipico dei tribunali
- Denunce anonime
- Gravità delle pene
- Difesa dell’imputato durante il processo
- Utilizzo della tortura
Per chi invece volesse sapere il numero di morti causati dall’inquisizione, ho dedicato un’altra paginetta del blog alla questione.
1 • Prudenza dei tribunali dell’inquisizione
Molte persone pensano che nei processi inquisitoriali il giudice avesse il potere di condannare l’imputato per capriccio, a seconda di come si fosse alzato la mattina…
I giuristi dell’epoca erano tutti concordi nell’affermare che data la gravità del reato di eresia, la colpevolezza dell’imputato doveva essere certa. C’era chi non esitava ad affermare che era meglio lasciare impunito un colpevole che condannare un innocente:
«Sanctius enim est facinus impunitum relinquere, quam innocentem condemnare»
(Dal manuale trecentesco De Officio Inquisitionis, p.319)
Vi sono prove in abbondanza che la Congregazione romana vigilava sull’applicazione di simili precauzioni da parte dei tribunali.
In una serie di lettere al nunzio, all’arcivescovo e all’inquisitore di Firenze inviate nel marzo 1626 il Sant’Uffizio tentò di arginare un’epidemia di fobia delle streghe che aveva indotto le autorità secolari ad agire in modo precipitoso, pregiudicando seriamente la qualità dell’amministrazione della giustizia:
«…et come l’esperienza cotidiana mostra assai maggiori nell’apprensione degli huomini che nella realtà de’ successi, riducendosi troppo facilmente a maleficio ogni malattia della quale non sia conosciuta subito la causa, o trovato efficace il rimedio […] la voce levata, che in Fiorenza et nel contado sieno molte streghe non ha fondamento reale».
(Biblioteca Apostolica Vaticana, Manoscritto Barb. lat. 6334, f.67v)
Il Sant’Uffizio raccomandò quindi al nunzio di informare i magistrati che la voce sulla presenza di un gran numero di streghe nel contado era infondata.
…cioè…
…vi immaginate la scena, in un film di Hollywood?
2 • Denunce anonime e testimonianze
Le denunce anonime e le testimonianze rese senza giuramento non erano prese in considerazione nei processi dell’inquisizione.
«…avvertendo, che a questi nostri precetti non soddisfaranno, ne s’intendano sodisfare quelli, che con bollettini, o lettere senza nome, & cognome delli autori, o in altra maniera incerti (delle quali niun conto si tiene nel’Sant’Offitio) pretendessero revelare i delinquenti»
(“Instructio seu Praxis Inquisitorum”, Francisco Peña, 1605)
Inoltre, all’inizio della fase difensiva del processo si chiedeva all’imputato di nominare ogni persona che a suo giudizio potesse volere il suo male. Se alcuni nomi appartenevano a testimoni di accusa, l’inquisitore era tenuto a compiere ulteriori accertamenti sulle loro motivazioni e sulla loro credibilità, nonché sulla natura e la gravità dell’ostilità fra essi e l’imputato (cfr. il Directorium Inquisitorum di Nicolas Eymeric, edizione commentata e ampliata da Francisco Peña, p. 607).
Le numerose condanne per falsa testimonianza dimostrano che la verifica della fondatezza delle accuse era presa sul serio: si veda la sentenza emessa il 6 giugno 1566 contro otto napoletani che avevano ingiustamente accusato di eresia un certo dottor Marco di Rosa di Acerno. Tutti gli spergiuri furono condannati alle galee. Nel caso di Hettore Bussone, che aveva istigato gli altri, la sentenza recitava: «[…] ti contemniamo ad essere frustato publicamente per Roma nelli lochi soliti […] et poi che sii mandato in galera per dieci anni a servire per un remigante». In più, tutti i calunniatori furono obbligati a pagare le spese e risarcire i danni patiti dalla loro vittima (cfr. documenti del Trinity Colleg, ms.1224, f.74).
3 • Severità delle pene
Il rogo, la reclusione a vita e i lavori forzati sulle galee sono le raccapriccianti sanzioni associate – nella fantasia delle persone – ai processi dell’inquisizione.
Anche qui purtroppo, la realtà si mescola alla fantasia:
L’esame delle centinaia di sentenze conservate al Trinity College suggerisce che normalmente le pene fossero molto più miti. Con gran frequenza ci si imbatte in forme di pubblica umiliazione, dalle abiure lette sulle gradinate delle Chiese la domenica o in altri giorni festivi, di fronte alle persone che si recano a Messa, alle penitenze sotto forma di cicli di preghiere e devozioni, etc…
4 • Difesa dell’imputato durante il processo
Numerosi blockbuster dalla scarsa attendibilità storiografica (mo’ su due piedi mi viene in mente “L’ultimo dei Templari” con Nicholas Cage, ma ce ne sono veramente a secchiate) ci hanno tramandato un ritratto aberrante della “giurisdizione ecclesiastica”: ingiustizie, pressappochismo, sommarietà, …
John Tedeschi (nel suo «Il giudice e l’eretico») scrive che nei tribunali secolari le prove e gli indizi a carico dell’imputato erano letti ad alta voce, ed egli doveva imbastire la propria difesa sul momento.
Nei tribunali dell’inquisizione invece, se dopo la presentazione delle prove e delle testimonianze di accusa, e la conclusione dell’interrogatorio dell’imputato, quest’ultimo non si era né discolpato né dichiarato colpevole, gli era consentito di mettere a punto la propria difesa; riceveva a tal fine una copia autentica redatta a sue spese (ma gratuita, per gli indigenti) della trascrizione di tutte le fasi del processo svoltesi fino a quel momento, con i capi di accusa (“articuli”) in volgare, per facilitarne la comprensione (cfr. lettera del Commissario del Sant’Uffizio romano, Antonio Balduzzi, all’inquisitore di Bologna, datata 20 settembre 1572; e anche l’editto a stampa, “Ordini da osservarsi da gl’inquisitori, per decreto della Sacra Congregatione del Sant’Officio di Roma” del 1611).
Gli era quindi concesso del tempo per studiare le prove a suo carico e per preparare domande miranti a confutare i testimoni di accusa; e gli era consentito di chiedere la testimonianza di tutte le persone – parenti stretti esclusi – che a suo parere erano in grado di dimostrare la sua innocenza (cfr “La fase difensiva del processo inquisitoriale del Cardinal Morone; documenti e problemi” di Massimo Firpo, 1986). In caso di indigenza dell’imputato l’inquisitore era obbligato a coprire le spese di viaggio dei testimoni della difesa fino al tribunale o al funzionario dell’inquisizione più vicino ai loro domicili.
5 • Utilizzo della tortura durante il processo
L’interrogatorio sotto tortura, o “quaestio”, fu introdotto all’inizio del tredicesimo secolo dai tribunali laici come mezzo estremo per ottenere confessioni.
Nei processi dell’inquisizione la tortura fu introdotta da Innocenzo IV con la bolla “Ad extirpanda” del 15 maggio 1252.
Per giustificare la tortura dovevano essere portate prove corroborate dalla testimonianza di almeno due persone “irreprensibili” («omni tamen exceptione maiores»). Alcuni gruppi sociali (accademici, cavalieri, nobili, ecclesiastici) immuni dalla tortura in base al diritto secolare, non godevano di tale privilegio nei processi di eresia.
L’impiego della tortura era invece vietato nel caso delle donne incinte o che avessero partorito da non più di quaranta giorni, degli anziani, dei giovani di meno di quattordici anni di età e delle persone fisicamente menomate (cfr. “Directorium Inquisitorum” p.594, “Questionum medico-legalium tomi tres”, 1726, p. 488).
Numerosi sono i casi documentati in cui, avendo un inquisitore ricevuto istruzioni da Roma di procedere all’interrogatorio sotto tortura, i superiori stessi erano informati dell’impossibilità di procedere perché, dopo apposito esame, il medico aveva giudicato che l’imputato non fosse in condizione di sopportarlo (cfr. lettera del cardinale di Santa Severina all’inquisitore di Bologna del 1° maggio 1593, BA, ms.B-1861, f.175; oppure la sentenza contro Francesco Vidua di Verona, 25 aprile 1580, TCD, ms. 1225, f.184; oppure la lettera della Congregazione romana all’inquisitore di Modena del 24 gennaio 1626).
Dopo che Nicolas Eymeric (teologo e inquisitore spagnolo) scrisse il «Directorium Inquisitorum» (terminato nel 1376), si fece qualche passo indietro su questa pratica:
«la tortura è un fragile e rischioso strumento, e spesso incapace di condurre alla verità. Infatti molti, grazie alla loro forza d’animo e fisica riescono a sopportare i tormenti, così che in nessun modo si può estorcere loro la verità; altri temono la sofferenza al tal punto da essere pronti a mentire pur di evitarla»
(cfr. Directorium Inquisitorum, p. 483)
6 • Abusi
Quello riportato fin qui è il regolare svolgimento delle attività inquisitorie.
E voi mi direte: «E tutte le storie che ho sentito io di ingiustizie, processi sommari e prepotenze?»
La risposta è molto semplice (e l’avevo già spoilerata la volta scorsa): si tratta di abusi (cioè anomalie, malfunzionamenti rispetto a un comportamento ordinario).
Come risulta dai numerosi carteggi arrivati fino ai giorni nostri, il rischio era (ovviamente) maggiore nei tribunali provinciali: in questi infatti, i funzionari erano spesso sovraccarichi di lavoro, scarsamente preparati e, a volte, poco motivati e inadatti ai compiti loro affidati.
Documenti alla mano, quando Roma veniva a conoscenza di queste anomalie, interveniva come poteva, affinché le procedure prescritte fossero osservate e si punissero i giudici palesemente negligenti o ignoranti.
Conclusioni
Per quel poco che ho avuto modo di approfondire, i risultati delle ricerche accademiche presentano un’inquisizione molto più “sobria” di quella che emerge dai film, dai meme di Instagram (e dai discorsi di alcuni anticlericali col dente avvelenato).
Chiaramente, nessuno si nasconde dietro a un dito: anche durante il periodo storico dell’inquisizione ci sono stati discepoli di Gesù disubbidienti.
Così come nel 2019 ci sono discepoli di Gesù disubbidienti.
Così come quando Gesù predicava per la Galilea c’erano discepoli disubbidienti… a partire dai «Dodici», che Lui stesso aveva scelto perché «stessero con Lui» (Mc 3, 14).
sale
(Inverno 2018-19)
- JOHN TEDESCHI, Il giudice e l’eretico. Studi sull’inquisizione romana, Vita e Pensiero, Milano 1997
- CHRISTOPHER F. BLACK, Storia dell’Inquisizione in Italia. Tribunali, eretici, censura, Carrocci, Roma 2018
- HENRY KAMEN, The Spanish Inquisition: A Historical Revision 4 edizione, Yale Univ Pr, New Haven 2014
- WILLIAM MONTER, Riti, mitologia e magia in Europa all'inizio dell'età moderna, Il Mulino, Bologna 1992