1 • Esegesi biblica ed epistemologia scientifica
Questa paginetta sarebbe dovuta uscire il mese scorso.
Volevo parlare del rapporto tra ciò che dice la Bibbia e le scoperte scientifiche…
Della corretta interpretazione delle Scritture…
Del senso del libro della Genesi…
Del racconto di Adamo ed Eva…
Dell’origine della vita…
Dell’evoluzione…
Senonché è successa una cosa…
Dopo essermi fatto un esame di coscienza, ho deciso di dividere la pagina in due parti.
La prima parte è quella che ho pubblicato il mese scorso, che avevo intitolato provocatoriamente «Bibbia o scienza: chi ha ragione?».
In quella pagina, provavo a rispondere a domande come:
- Che vuol dire che la Bibbia è «parola di Dio»? Significa forse che al suo interno è scritta «la verità»?
- Se così fosse, di quale verità stiamo parlando? Una verità scientifica? Una verità storiografica? Un racconto preciso e puntuale della storia dell’umanità, da Adamo ed Eva in poi?
- Scienza e teologia sono in contrasto tra loro?
In pratica, era una pagina in cui mi interrogavo sull’esegesi biblica.
Cioè sull’interpretazione della Bibbia.
Nella pagina di oggi invece vorrei focalizzarmi sulla comparsa della specie umana sulla terra:
- Da dove è sbucato l’uomo?
- Dio ha creato il primo uomo dal fango, e sua moglie da una sua costola?
- Oppure c’è stato un lento processo evolutivo, al quale hanno preso parte scimmie, australopitechi e uomini più o meno sapiens?
- O magari è successo qualcosa che è una via di mezzo tra queste due possibilità?
Proviamo a vederci un po’ più chiaro.
(Disclaimer: per la paginetta di oggi userò come canovaccio un paio di capitoli del libro «Scienza e teologia. Figure di un dialogo» di Dominique Lambert, dottore in fisica e in filosofia, nonché docente di filosofia delle scienze all’università «Notre Dame de la Paix» di Namur. Il libro di Lambert per me è stato veramente folgorante: affronta con rigore sia teologico che scientifico i problemi epistemologici più importanti che contraddistinguono l’incontro/scontro tra scienza e fede… veramente una miniera d’oro!)
2 • Materialismo, creazionismo, emergentismo
Come probabilmente saprete, l’uomo condivide con gli scimpanzé il 98,5% del proprio genoma (cfr. DOMINIQUE LAMBERT, Scienza e teologia. Figure di un dialogo, Città Nuova, Roma 2006, p.157).
Da un certo punto di vista, questa analogia genetica si può riscontrare anche empiricamente: in molti primati, infatti, possiamo trovare “abbozzate” molte capacità che si sono sviluppate nella specie umana – l’utilizzo di utensili, la capacità di saper contare, la preparazione del cibo, l’utilizzo di una forma embrionale di simbolismo (cfr. Ibidem, p.157).
Tuttavia, tra la più intelligente delle scimmie e il più scimmiesco degli uomini esiste ancora un abisso di differenza: i paleontologi identificano questa differenza nella presenza del senso – ad esempio, nei riti funerarî o nell’arte rupestre. Le scimmie non possiedono questo livello di astrazione e di significazione (cfr. Ibidem, p.157).
Comunque.
Quali che siano le analogie e le differenze, non so quale sia il rapporto di proporzionalità rispetto al DNA.
Cioè, tanto per dire.
Da quel che so, gli esseri umani condividono anche l’85% del proprio DNA con i topi (o, per lo meno, questo è quel che diceva un video del 2013 dello Smithsonian Museum of Natural History intitolato «The Animated Genome»).
E il 49% con i moscerini della frutta.
E il 41% con le banane.
Di fronte alle scoperte scientifiche sul genoma umano, sulle somiglianze tra il DNA dell’uomo e quello delle scimmie, e sul perché l’uomo sia ciò che sia, sono state avanzate numerose ipotesi nel corso della storia umana.
A lume di naso, mi verrebbe da dire che le più famose sono tre:
Nota bene: qualcuno potrebbe chiedere «E l’evoluzionismo?» In realtà, come vedremo tra poco, l’evoluzionismo è presente sia nella prima che nella terza opzione (ma in realtà, volendo, anche nella seconda).
2.1 • Il materialismo
Che voi siate cristiani, atei o agnostici, concordiamo tutti su un fatto: la vita è profondamente legata alle proprietà fisico-chimiche della materia (cfr. Ibidem, p.157).
Qual è allora la particolarità del materialismo?
Il materialismo sostiene che la vita non è «nient altro che questo»:
Secondo i materialisti l’uomo non è altro che una macchina molecolare, neuroormonale molto sofisticata, un “pacchetto” di cellule estremamente ben coordinate.
(DOMINIQUE LAMBERT, Scienza e teologia. Figure di un dialogo, Città Nuova, Roma 2006, p.157)
Detto in altre parole, secondo i materialisti:
La vita […] è semplicemente un modo di organizzazione complesso della materia.
(DOMINIQUE LAMBERT, Scienza e teologia. Figure di un dialogo, Città Nuova, Roma 2006, p.156)
2.2 • Il creazionismo
Il creazionismo è quella concezione filosofica secondo la quale:
Dio interviene nel corso della storia del mondo per lanciare, già compiuta, la vita o, in modo particolare, la vita umana.
Qui l’idea è quella che l’uomo non può acquisire la propria trascendenza se lo si situa nella lunga catena degli altri esseri viventi, in particolare degli animali.
(DOMINIQUE LAMBERT, Scienza e teologia. Figure di un dialogo, Città Nuova, Roma 2006, p.158)
Sul creazionismo bisogna fare alcune precisazioni:
- Precisazione #1: in teoria, il creazionismo non esclude l’evoluzionismo. Il creazionismo non esclude che tutte le specie animali siano comparse sulla terra a seguito di un lungo processo evolutivo. Quello che nega è che l’uomo sia il risultato di questo processo. L’uomo infatti, a differenza di tutti gli altri animali, possiede un’anima spirituale e immortale, che gli è stata infusa da Dio.
- Precisazione #2: come spiegavo nella pagina «Bibbia vs scienza», la Chiesa cattolica rifiuta una esegesi letteralista del testo di Genesi (per chi volesse approfondire, in quella pagina ho citato anche un documento della «Pontificia Commissione Biblica» che spiega il motivo)
- Precisazione #3: le polemiche sull’insegnamento a scuola del creazionismo e/o dell’evoluzionismo avvengono principalmente negli Stati Uniti. Negli U.S.A. infatti ci sono moltissime chiese cristiane protestanti (dunque non cattoliche); alcune di queste, fanno un’esegesi del libro di Genesi di tipo «letteralista»: credono, cioè, che il mondo sia stato creato in 7 giorni, l’universo abbia 5000 anni, e così via…
- Precisazione #4: nel mondo cattolico esistono cristiani che nutrono perplessità nei confronti delle teorie evoluzionistiche, e sospettano che il mondo possa essere stato creato in 7 giorni. Tra i perplessi, ce ne sono alcuni che hanno posizioni più «estreme», e credono che l’evoluzionismo sia una sorta di «complotto anti-cristiano».
- Precisazione #5: come raccontavo in quest’altra pagina del blog, la teoria del Big Bang è stata formulata da un sacerdote cattolico belga, Georges Edouard Lemaître (1894-1966).
- Precisazione #6: secondo me, «avere paura» che l’evoluzionismo possa intaccare la fede cristiana non è un segno di ortodossia, ma di scarse capacità di lettura e interpretazione del testo biblico.
2.3 • L’emergentismo
L’emergentismo è una posizione un po’ a metà tra le due.
O, per essere precisi, è una sorta di «evoluzionismo 2.0».
Infatti:
La posizione emergentista afferma che la trascendenza dell’uomo è completamente suscitata “dal basso”.
Detto altrimenti, esiste una dimensione umana trascendente, ma essa è collegata all’emergere di una nuova “proprietà” nel momento in cui i sistemi viventi sono diventati molto complessi.
Per dirla in un altro modo ancora, “l’anima” umana (ciò che fa sì che l’uomo sia quello che è in tutte le sue dimensioni) è suscitata dalle forze della sola materia vivente e scompare senza il supporto di quest’ultima.
(DOMINIQUE LAMBERT, Scienza e teologia. Figure di un dialogo, Città Nuova, Roma 2006, p.158)
2.4 • Chi ha ragione?
Million-dollar question: quale delle tre posizioni è quella «corretta»?
Dal modo in cui le ho elencate, qualcuno potrebbe pensare che si tratti della terza.
…
In realtà, tutte e tre le posizioni sono problematiche.
Il problema del materialismo è presto detto:
[La posizione materialista] non è completamente consistente, dato che pretende di servirsi esclusivamente della scienza, mentre nasconde nei fatti un postulato filosofico – «Non esiste altro che la materia» -, postulato che non può essere giustificato dalle scienze stesse.
(DOMINIQUE LAMBERT, Scienza e teologia. Figure di un dialogo, Città Nuova, Roma 2006, p.158)
Il problema del creazionismo è speculare rispetto al precedente:
[La posizione creazionista] non è maggiormente difendibile, dato che mette barriere artificiali all’avanzamento della ragione scientifica.
Perché mai si dovrebbe escludere la vita o l’umanità da una spiegazione di tipo fisico-chimico, genetico e così via?
Ci sarebbe forse qualche vergogna a essere degli esseri fatti di carne e di sangue, di materia?
Alcuni hanno paura dell’accostamento biologico uomo-animale, ma l’animale è in realtà una meraviglia di complessità e di organizzazione… e non sembra che siamo costretti a un decadimento ammettendo che il nostro corpo possiede alcuni caratteri che appartengono anche agli animali più evoluti.
Nella reazione creazionista c’è un disprezzo platonico (ma non certo cristiano!) della corporeità e della creazione.
(DOMINIQUE LAMBERT, Scienza e teologia. Figure di un dialogo, Città Nuova, Roma 2006, p.158)
Il problema dell’emergentismo è analogo a quello del materialismo. Infatti:
[La posizione emergentista], è rispettosa di un’autonomia umana, ma ignora la grazia, ignora cioè il fondamento specificamente trascendente della vita umana.
(DOMINIQUE LAMBERT, Scienza e teologia. Figure di un dialogo, Città Nuova, Roma 2006, p.159)
3 • Il cristianesimo e il processo di ominazione
Dopo il precedente paragrafo, forse vi starete chiedendo:
- «Sale, hai presentato tre ipotesi, e poi hai detto che sono sbagliate… ma ce n’è una corretta?»
- «Esiste un modello scientifico che non “metta in crisi” gli insegnamenti della Chiesa?»
- «C’è una spiegazione teologica che non costringa i cristiani a chiudere aprioristicamente gli occhi di fronte ai modelli proposti dalle scienze moderne?»
- «Cosa “deve” credere un cattolico?»
Allora.
Partiamo dall’ultima domanda.
Che io sappia (*) non ci sono pronunciamenti magisteriali definitivi in merito alla questione creazionismo, evoluzionismo, etc.
(*) (qualcuno mi corregga se ho scritto un’imprecisione)
Quindi – di primo acchito – un cattolico potrebbe credere nel creazionismo o nell’evoluzionismo.
Però – come dicevo prima – l’esegesi letteralista della Bibbia si espone ad un grandissimo problema…
Avevo già scritto questa frase, ma repetita iuvant:
Non accettare il dissidio, non voler, per una sorta di quietismo o per eccesso di prudenza, confrontare la nostra visione teologica con quella delle scienze contemporanee, sarebbe paura della verità, mancanza di fiducia nella ragione […].
(DOMINIQUE LAMBERT, Scienza e teologia. Figure di un dialogo, Città Nuova, Roma 2006, p.13)
Un cattolico non può avere paura dell’evoluzionismo, e rifugiarsi nel creazionismo, pensando (erroneamente) che se non si interpreta letteralmente il libro di Genesi possano venir meno le sue credenze teologiche, la sua concezione dell’universo e la sua fede in Dio.
Non è così.
L’unica posizione veramente cattolica è quella che fa dialogare la scienza e la teologia:
Per mettere in relazione le esperienze della biologia contemporanea con l’antropologia teologica, bisogna evitare gli scogli costituiti dalle tre posizioni suddette, ritenendo contemporaneamente che l’uomo, in quanto essere biologico, è sì quel che sostengono la teoria dell’evoluzione e la biologia molecolare, cioè un animale estremamente sofisticato, ma che non è soltanto questo.
(DOMINIQUE LAMBERT, Scienza e teologia. Figure di un dialogo, Città Nuova, Roma 2006, p.159)
Entrando nel merito della questione, non c’è nessun dato della Rivelazione e nessun pronunciamento magisteriale che impedisca ai cattolici di far dialogare scienza e fede, e di integrare:
- l’evoluzione delle specie (essendoci prove paleontologiche, prove biogeografiche, prove matematico/informatiche, etc.)
- il fatto che Dio abbia creato negli uomini un’anima spirituale che li distingue da tutti gli altri animali.
Tra l’altro, se proprio dobbiamo dirla tutta, si possono trovare facilmente prove teologiche a sostegno dell’evoluzionismo.
A titolo di esempio, io trovo molto convincente quella che Lambert ha riportato nel suo libro:
Se Dio vuole una creatura autonoma e capace di entrare in relazione libera con lui, come sostiene la teologia quando parla di un Dio d’amore, bisogna che Egli offra a questa creatura un’autentica autonomia.
Ora, non può esistere una vera autonomia senza una presa di distanza, senza l’iscrizione di uno scarto.
La lunga storia della vita è proprio la storia di una presa di autonomia.
[…]
L’evoluzione è dunque quella durata nella quale Dio “attende”, nella sua pazienza divina, che si autocostituiscano le condizioni necessarie alla costituzione di un’autentica coscienza, di una riflessione, di un pensiero e di un’autonomia.
Tutto ciò non può formarsi in un solo giorno, ma il tempo necessario perché ciò avvenga è lo scarto che Dio stabilisce tra Sé e la propria creatura affinché essa sia veramente sé stessa.
A partire dal momento in cui si verificano le condizioni per un risveglio della coscienza riflessa, del pensiero, della scoperta e dell’attribuzione di senso, la creatura è come coadeguata al ricevimento di una grazia che la metterà in relazione in modo unico con il proprio Creatore.
Questa grazia è ciò che la teologia chiama la creazione immediata dell’anima umana da parte di Dio.
Si tratta qui dell’istituzione di una relazione metafisica tra l’uomo e Dio, che non va assolutamente a distruggere o a cancellare ciò che era stato messo in cantiere dall’evoluzione biologica, ma che al contrario gli dona una dimensione nuova.
[…]
Si può pensare questa creazione al modo del sacramento: irruzione della trascendenza nella temporalità, necessità di una materia sacramentale, impossibilità di mettere in evidenza la realtà trascendente con mezzi immanenti, ma presenza reale della trascendenza nel cuore dell’immanenza.
La creazione immediata non modifica nessuno degli elementi che il biologo, metodologicamente riduzionista, può mettere in evidenza, ma essa viene a coronare ciò che si preparava già a livello biologico, assegnando all’essere di carne e ossa una finalità che non possedeva ancora e che gli fa raggiungere il suo pieno compimento.
(DOMINIQUE LAMBERT, Scienza e teologia. Figure di un dialogo, Città Nuova, Roma 2006, p.159-161)
Il fatto che il processo di ominazione (*) sia stato lento e graduale, nulla toglie alla rivelazione cristiana, alla paternità di Dio o alla storia della salvezza.
(*) (cioè tutti i processi evolutivi che hanno portato alla specie umana)
(Lascio qui tra parentesi una precisazione terminologica: «Dal punto di vista biologico, è importante marcare una differenza tra l’origine degli ominidi (che si separarono dalle scimmie oltre 4 milioni di anni fa), quella del genere homo (che si verificò circa 2 milioni di anni fa) e quella dell’uomo moderno, l’homo sapiens (che giunse in Europa più o meno 40.000 anni fa). L’ominazione propriamente detta è legata al risveglio della coscienza riflessa e del linguaggio, le cui tracce si cristallizzano nei riti funerari, nell’arte o in qualunque utilizzazione di simboli che lasci intravedere un processo evoluto di attribuzione di senso»; DOMINIQUE LAMBERT, Scienza e teologia. Figure di un dialogo, Città Nuova, Roma 2006, p.161)
Il fatto che la comparsa dell’uomo sulla terra non sia un «evento puntiforme» (come nel creazionismo), ma avvenga nell’arco di una durata più o meno lunga nel corso della quale l’uomo si sveglia alla coscienza di sé stesso (cfr. Ibidem, p.162), nulla toglie al fatto che Dio si sia incarnato, alla predicazione di Gesù o alla veridicità del cristianesimo.
E vorrei far presente che la posizione che sto sostenendo (che poi è quella di Lambert) non è una posizione materialista o riduzionista.
È piuttosto – per citare il termine che avevo utilizzato nella pagina «Bibbia vs scienza» – una posizione che tiene conto dell’«articolazione» tra le ragioni scientifiche e quelle filosofico/teologiche:
È importante qui notare bene che la posizione che sosteniamo non è dualista, discordista.
Non si dà un’estrinseca giustapposizione di due “livelli di umanità”.
Quello materiale, la preparazione evolutiva dell’uomo come essere biologico, si apre “naturalmente” alla grazia, e questa non viene donata se non quando la natura presenta ben precise caratteristiche.
È il caso di ricordare che il dono dell’anima richiede un fondamento naturale niente affatto arbitrario.
Non sarebbe corretto collocare la relazione profonda di Dio con la propria creatura, per esempio, alle origini del genere homo, là dove l’uomo e la scimmia possono forse ancora incrociarsi e dove le capacità di coscienza riflessa e di linguaggio evoluto non sono ancora messe a punto.
(DOMINIQUE LAMBERT, Scienza e teologia. Figure di un dialogo, Città Nuova, Roma 2006, p.162)
4 • Monogenismo o poligenismo? Ovvero: siamo partiti tutti da un’unica coppia?
I cristiani che difendono il creazionismo spesso fanno questa osservazione:
«Il creazionismo è imprescindibile per il cristianesimo. Infatti è necessario che tutto il genere umano derivi da Adamo ed Eva… altrimenti, non riusciremo a giustificare teologicamente il fatto che il peccato originale si sia propagato – a partire da un’unica coppia – a tutti gli uomini»
Il problema in questione (per dirla con gli studiati) sarebbe lo scontro tra monogenismo e poligenismo:
- secondo il monogenismo l’intera specie umana deriva da un’unica coppia originaria;
- secondo il poligenismo invece il genere umano deriverebbe da più coppie appartenenti a più ceppi umani.
Spesso, i cristiani contrarî al poligenismo si rifanno un paragrafo dell’enciclica Humani generis, che Pio XII (1876-1958) ha pubblicato nel 1950:
[Per quanto riguarda il poligenismo] i fedeli non possono abbracciare quell’opinione i cui assertori insegnano che dopo Adamo sono esistiti qui sulla terra veri uomini che non hanno avuto origine, per generazione naturale, dal medesimo come da progenitore di tutti gli uomini, oppure che Adamo rappresenta l’insieme di molti progenitori; non appare in nessun modo come queste affermazioni si possano accordare con quanto le fonti della Rivelazione e gli atti del Magistero della Chiesa ci insegnano circa il peccato originale, che proviene da un peccato veramente commesso da Adamo individualmente e personalmente, e che, trasmesso a tutti per generazione, è inerente in ciascun uomo come suo proprio (cfr. Rom. V, 12-19; Conc. Trident., sess. V, can. 1-4).
(PIO XII, Lettera enciclica Humani generis, 22 agosto 1950, punto IV)
In realtà, se leggete bene il testo, il papa non ha negato la possibilità del poligenismo.
Allora.
Mettiamo i puntini sulle «i».
Come ho già detto spesso qui sul blog, non bisogna estrapolare le frasi dal loro contesto (come spiegato in questo mazzo di carte, questa fallacia logica si chiama «cherry picking»).
Infatti, poche righe più sopra, il papa aveva detto:
Per queste ragioni il Magistero della Chiesa non proibisce che in conformità dell’attuale stato delle scienze e della teologia, sia oggetto di ricerche e di discussioni, da parte dei competenti in tutti e due i campi, la dottrina dell’evoluzionismo, in quanto cioè essa fa ricerche sull’origine del corpo umano, che proverrebbe da materia organica preesistente.
(PIO XII, Lettera enciclica Humani generis, 22 agosto 1950, punto IV)
Il papa non ha negato la possibilità del poligenismo. Ha semplicemente detto:
- che i fedeli non possono abbracciare come «fatto» quella che (ad oggi) è ancora un’ipotesi;
- che a lui «non appare» (cit.) come il poligenismo si possa accordare con le Scritture
Sulla prima frase non penso ci sia nulla da obiettare: prima stabiliamo se questa teoria sia un fatto, poi la mettiamo nei libri di Catechismo.
La seconda frase però non significa che «il poligenismo non va bene».
Il papa ha semplicemente detto «[ad oggi] non appare in nessun modo come il poligenismo possa accordarsi con la Scrittura».
Detto in altri termini: «se qualcuno trova un modo per accordare il poligenismo e le Scritture, nulla da ridire».
Anche il teologo Karl Rahner (1904-1984), insieme ad altri suoi colleghi, aveva ribadito che Pio XII non ha né rifiutato, né approvato il poligenismo (cfr. KARL RAHNER, Saggi di teologia soprannaturale, Paoline, Roma 1965, p.175) (*).
Per tornare alle parole del papa, vediamo se al giorno d’oggi può «apparire in qualche modo» che il poligenismo sia verosimile, e che si accordi con le Scritture.
Ecco cosa scrive Lambert:
Il problema dell’inizio dell’uomo implica quelli del monogenismo o del poligenismo.
Tradizionalmente, monogenismo e poligenismo costituiscono le tesi secondo cui l’inizio biologico e metafisico dell’umanità avviene attraverso una o più coppie.
Al giorno d’oggi, questa tesi è divenuta delicata per ragioni scientifiche.
Infatti, non sembra del tutto impossibile che gli ominidi derivino da un’unica coppia a sua volta discendente da un individuo unico, il cui genoma mutante si sarebbe differenziato da quello delle scimmie (è noto che all’uomo mancano dei geni che esprimono, nel corso dello sviluppo, delle caratteristiche scimmiesche).
Tuttavia, questa coppia si differenzia enormemente dall’homo sapiens del quale è l’antenato, ed è assolutamente da escludere, nel suo caso, una possibilità di attribuzione dell’anima.
Per contro, appare difficile poter concepire, allo stato attuale delle conoscenze, la possibilità di un monogenismo a livello dell’homo sapiens sapiens.
Questo può forse porre dei problemi fondamentali a livello teologico?
Non lo pensiamo.
[…]
Bisogna dunque diffidare di un’interpretazione che qui rischierebbe di entrare in flagrante contraddizione con la paleontologia o con il contenuto dogmatico.
(DOMINIQUE LAMBERT, Scienza e teologia. Figure di un dialogo, Città Nuova, Roma 2006, p.163)
Provando a tradurre in italiano, Lambert ha detto:
- che in base alle nostre attuali conoscenze scientifiche, non è da escludersi che tutta l’umanità derivi da un’unica coppia originaria;
- però quell’unica coppia originaria non appartiene alla specie homo sapiens sapiens, ma è un suo pro-pro-genitore.
Insomma, verosimilmente la coppia originaria è formata da due ominidi (due australopitechi? due scimmioni semi-senzienti?)…
…quindi sembra un po’ difficile attribuire a due umanoidi così imperfetti e scimmieschi il racconto biblico del peccato originale.
Il processo di ominazione, quello cioè che conduce all’homo sapiens sapiens non è certo istantaneo.
Trascorre un tempo considerevole tra la mutazione, che dà inizio al processo evolutivo dell’ominazione, e il risveglio del pensiero, del linguaggio, della coscienza.
L’origine naturale dell’uomo è dunque, non certo un punto, ma una storia in sé stessa.
Questo risveglio della coscienza si verifica in due individui, una coppia, nello stesso tempo, o avviene invece in un’intera popolazione?
Dal punto di vista scientifico, non ne sappiamo nulla.
Quel che è certo, è che una riflessione sui dati scientifici ci conduce a dissociare il mutante (forse unico) che si distingue dai primati superiori, e l’individuo, appartenente al genere homo, che si risveglia alla coscienza riflessa.
Il monogenismo o il poligenismo restano dunque indeterminati.
Ed effettivamente, nella discendenza di questo mutante, si può immaginare tanto che una sola, quanto più coppie si risveglino alla coscienza o al linguaggio.
(DOMINIQUE LAMBERT, Scienza e teologia. Figure di un dialogo, Città Nuova, Roma 2006, p.175)
Se le cose stanno così, a me non sembra affatto assurdo pensare «che Adamo rappresenta l’insieme di molti progenitori» (cfr. la citazione di Pio XII poco più sopra).
Infatti, anche il versetto di Paolo di Tarso che cita il papa, può essere letto a mo’ di sineddoche (figura retorica che consiste nel prendere «la parte per il tutto»).
Paolo dice…
Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, e così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato…
(Romani 5,12)
…ma l’espressione «un solo uomo» può essere tranquillamente letta come «una sola umanità».
Cioè:
- Ammesso e non concesso che il poligenismo sia vero…
- …e che quindi l’umanità derivi da molte coppie di ominidi che si sono risvegliate alla coscienza (e nelle quali Dio ha infuso un’anima immortale)…
- …il peccato originale rimarrebbe comunque un peccato personale…
- …ma sarebbe stato commesso non in modo puntuale in un istante X, ma nell’arco di una serie di eventi che hanno portato l’umanità primigenia ad allontanarsi da Dio e a perdere la fiducia in Lui.
D’altronde, come dicevo in quest’altra paginetta del blog, quando parliamo del peccato originale, è di questo che parliamo: del fatto che l’uomo ha rifiutato la paternità di Dio e si è ripiegato su sé stesso:
Questo ripiegamento su di sé raggiunge il più profondo dell’uomo e modifica il suo sguardo sugli altri («Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi», Gn 3,7), sul mondo, sulla vita, il dolore, la morte.
La morte non è più vissuta come un passaggio, ma come un termine assoluto; le prove umane non sono più vissute all’interno di una confidenza radicale in Dio Salvatore e Padre («Signore, se lo vuoi, tu puoi guarirmi»…), ma come un cammino verso il nulla…
Il mondo non è forse cambiato, ma il suo mondo vissuto, la sua rappresentrazione del mondo, la sua natura profonda si sono profondamente modificati, lasciandolo accecato, diminuito, indebolito di fronte alle prove e alla morte.
L’uomo che nasce in questo mondo eredita obbettivamente delle conseguenze del ripiegamento, delle scelte contro Dio e contro i suoi congeneri: egli entra in una struttura di morte e di peccato.
Le scienze dell’ambiente e l’economia hanno dato a questa struttura un’immagine concreta rendendo manifesto, ad esempio, fino a che punto si può pesare sulla vita degli uomini deregolamentando i cicli fondamentali della biosfera con l’inquinamento o favorendo alcune politiche finanziarie inegualitarie.
(DOMINIQUE LAMBERT, Scienza e teologia. Figure di un dialogo, Città Nuova, Roma 2006, p.183-184)
Dunque:
Se partiamo dall’interpretazione filosofica dei dati scientifici, vediamo che l’unità biologicamente profonda del genere umano può dare un nuovo soffio all’unicità dell’origine del primo errore.
Le scienze, sollevando le difficoltà riguardo l’ominazione, spingono il teologo a chiedersi se l’affermazione di questa unicità debba essere confusa con un monogenismo (e se sì quale) o se essa può adattarsi a un poligenismo.
L’esegesi completa questa riflessione mostrando se il monogenismo è o no un’affermazione chiaramente implicata dalla Scrittura.
(DOMINIQUE LAMBERT, Scienza e teologia. Figure di un dialogo, Città Nuova, Roma 2006, p.180)
Insomma.
Il discorso è ancora tutto aperto…
…ma, onestamente, non vedo come il poligenismo possa essere in contraddizione con il peccato originale.
Conclusione
Visto che, come accennavo più sopra, per scrivere questa paginetta ho usato come canovaccio alcuni capitoli del libro di Lambert, chiudo con un’ultima sua citazione:
Dio agisce facendo in modo che le cose si facciano, Egli mantiene nell’esistenza lo sviluppo autonomo delle causalità naturali.
Dio può porre benissimo nell’esistenza un mondo le cui leggi comportino una possibilità di apparizione della vita e della vita complessa.
Lo sviluppo effettivo di questa vita dipende dal gioco delle causalità naturali, che beneficiano di una loro autonomia.
[…]
Dio non causa dunque l’orientamento dell’evoluzione agendo come una causa immanente, ma fa sì che si dispieghino le cause naturali, le quali, potenzialmente, possono generare la vita al termine di una storia più o meno lunga, poiché la possibilità di essa è inscritta nel più profondo delle leggi della natura.
[…]
L’azione di Dio consiste nello scagliare nell’essere un universo compatibile con l’emergere della vita e nel sostenere la sua esistenza.
Dio non è dunque causa (naturale), ma causa delle cause.
Ora, dal punto di vista filosofico, è proprio questa che viene chiamata causa finale.
Non esiste perciò un conflitto tra la biologia e la teologia, a condizione di pensare correttamente questa articolazione tra le cause fisiche e la causa finale.
(DOMINIQUE LAMBERT, Scienza e teologia. Figure di un dialogo, Città Nuova, Roma 2006, p.163)
sale
(Inverno 2023-2024)
- DOMINIQUE LAMBERT, Scienza e teologia. Figure di un dialogo, Città Nuova, Roma 2006
- PIO XII, «Humani generis» (enciclica circa alcune false opinioni che minacciano di sovvertire i fondamenti della dottrina cattolica)