Cos’è l’umiltà?

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1 • Umiltà, sforzarsi di credersi brutti e cattivi (?)

Molte persone credono che l’umiltà sia qualcosa di simile:

falsa umilta einstein

Insomma, è diffusa l’idea che l’umiltà consista nello sminuire i talenti che possediamo, mettendocela tutta per credere che non possediamo quei talenti.

E dato che questa cosa a volte è oggettivamente impossibile (vedi la vignetta con Einstein), molto spesso le persone si rattristano per non essere riuscite a credere a una palese fregnaccia.

Bene.

Questa non è l’umiltà.

Non le somiglia neanche un po’.

È lontana anni luce da quel che Gesù chiede, quando dice: «Imparate da me, che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,29).

2 • Una virtù fastidiosa

In greco, umiltà si dice «tapèinosis» («ταπείνωσις»; da cui il verbo «ταπεινόω», tapeinòo, cfr. ad esempio Lc 1,48; Lc 18,14; Mt 23,12; At 8,33; Fil 2,8; Giac 4,10).

Questa parola ha a che fare con i concetti di pochezza, umiliazione, l’avere un basso profilo, l’essere poca cosa (cfr. la voce «tapeinósis» su biblehub.com).

In latino invece, il termine utilizzato è «humilitas» (da humus, che significa «terra»); anche qui, il senso è quello di essere terra terra.

Scriveva Paolo di Tarso:

Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché te ne vanti come non l’avessi ricevuto?
(1Cor 4,7)

Parafrasando queste parole, Paul Claudel (1868-1955), poeta, drammaturgo e diplomatico francese, diceva:

L’umiltà cristiana non consiste nella menzogna ipocrita di chi neghi di avere doni particolari. L’umiltà è verità: riconoscere quei doni, se ci sono, ma riconoscere al contempo che non sono per niente merito nostro, che essi vengono interamente da Dio, come suo dono gratuito e da mettere a disposizione dei fratelli.

Umiltà non è fingere di essere delle pippe.

Non è ostentare una finta modestia (cosa che di solito fa rodere il culo alle persone che ci circondano).

L’umiltà consiste nel costruire la migliore cattedrale del mondo…

…e sapere che si tratta della migliore, e goderne, senza essere più (o meno) o altrimenti contento di averla fatta [noi], che se fosse stata fatta da un altro.

(CLIVE STAPLES LEWIS, Le lettere di Berlicche, Oscar Classici Mondadori, Cles (TN) 2011, p. 59)

~

Ora, non prendiamoci in giro.

Arrivare a questa condizione di umiltà è un po’ tipo «la domanda pa’a lode»

Cioè, non so voi, ma io lotto per la sufficienza…

…tanto per dire: nel mio contesto quotidiano, riesco a compiacermi e impettirmi anche di cose di cui non ho alcun merito…

orgoglio fare la cacca

3 • Come si diventa umili?

Scrivevo sopra che l’umiltà non è un’attività mentale di auto-convincimento.

Non posso sforzarmi di essere umile.

Ma allora… come si fa a diventare umili?

Nella tradizione della Chiesa (dai padri dei primi secoli fino agli autori di spiritualità del ‘900) un po’ tutti concordano su quelli che sono i farmaci per ottenere l’umiltà:

  • le umiliazioni
  • le tentazioni
  • le cadute
rimedio omeopatico

La parola umiliazione fa paura da morire.

Tutti vorrebbero evitare di essere umiliati.

Io per primo, appena ho letto che i Padri parlavano delle umiliazioni come «via per raggiungere l’umiltà», ho iniziato a tirar fuori una serie di scuse:

  • «Ma che è ‘sta cosa antidiluviana delle umiliazioni?»
  • «Secondo me, se mi rimbocco le maniche, riesco a sistemarlo da solo questo problema di orgoglio!»
  • «I padri della Chiesa mica avevano le nostre conoscenze di psicologia e psicoterapia!»
  • «‘sta cosa delle mortificazioni mi sembra un po’ anacronistica!»
  • «Nel terzo millennio, sicuramente ci saranno metodi più efficaci!»

Il problema è che i Padri dei primi secoli non sono stati gli unici a parlare di umiliazioni.

Tanto per dire, ecco cosa scriveva nel 2018 papa Francesco:

L’umiltà può radicarsi nel cuore solamente attraverso le umiliazioni. Senza di esse non c’è umiltà né santità. […] La santità che Dio dona alla sua Chiesa viene mediante l’umiliazione del suo Figlio: questa è la via.

(PAPA FRANCESCO, esortazione apostolica Gaudete et exultate, n.118)

E aggiungeva:

Non dico che l’umiliazione sia qualcosa di gradevole, perché questo sarebbe masochismo, ma che si tratta di una via per imitare Gesù e crescere nell’unione con lui. Questo non è comprensibile sul piano naturale e il mondo ridicolizza una simile proposta. È una grazia che abbiamo bisogno di supplicare: “Signore, quando vengono le umiliazioni, aiutami a sentire che mi trovo dietro di te, sulla tua via”.
Tale atteggiamento presuppone un cuore pacificato da Cristo, libero da quell’aggressività che scaturisce da un io troppo grande.

(PAPA FRANCESCO, esortazione apostolica Gaudete et exultate, n.120-121)

Non è questione di masochismo.

Non è questione di culto del dolore.

E non si tratta di andarsi a cercare le mortificazioni (tanto prima o poi ci pensa la vita… garantisco per esperienza personale!)

È questione di fare esperienza del fatto che Dio è Padre, ed anzi, è un Padre Buono (Mt 23,9; Lc 18,19).

E che c’è una sapienza nella croce (1Cor 1,18-31), che non può essere scoperta se non in un rapporto viscerale con Gesù.

E questo rapporto con Lui (prima o poi) conduce sulla strada stretta delle umiliazioni.

4 • Perché proprio le umiliazioni e le tentazioni?

Scriveva Isacco di Ninive (613 circa – 700 circa), vescovo cristiano orientale:

Quando la grazia constata che un po’ di soddisfazione di sé si insinua nei pensieri di qualcuno e che questi comincia ad avere una buona opinione di sé stesso, subito essa permette alle tentazioni di diventare più forti e persino di avere la meglio, perché quest’uomo impari a conoscere la propria debolezza, e fugga e si rifugi umilmente in Dio. Poiché è così che si giunge alla statura dell’uomo perfetto, nella fede nel Figlio di Dio, e che si viene innalzati fino all’amore.

(ISACCO DI NINIVE, Prima collezione 77)

A queste parole fanno eco quelle di Madeleine Delbrêl (1904-1964), mistica e assistente sociale francese:

L’umiltà può darcela solo Dio; e non può darcela, il più delle volte, se non nascosta tra umiliazioni. Queste però sono tra i suoi regali più belli.

(MADELEINE DELBRÊL, note redatte secondo l’intenzione dei suoi gruppi, 1956, da La gioia di credere, Gribaudi, Torino 2012, p. 119)

Aspè…

…come sarebbe a dire «tra i suoi regali più belli»?

galadriel stella piu amata

Ribadisco ciò che ho scritto sopra: non è questione di masochismo!

Molto più semplicemente: finché confido in me stesso, nelle mie forze, nelle mie capacità, in «anvedi quanto so’ bbravo»

  • …trascorrerò tutta la vita con la guardia alzata, tenendo i denti stretti, e sperando che non arrivi un’onda più alta della diga che ho costruito;
  • …temendo il giorno in cui questa diga crollerà e scoprirò la verità su me stesso.

A quel punto, ci sono due possibilità:

  • guardarmi allo specchio, e rimanere schiacciato dalle mie aspettative tradite, dall’aver deluso le speranze che avevo su me stesso, dal mio super-io (condizionato dall’ambiente in cui vivo, dalla cultura, dal giudizio degli altri, dalla mia superbia);
  • oppure scoprire di trovarmi sotto lo sguardo di Dio, che è l’Unico che non mi giudica (cfr. Mc 2,16), che si commuove per la mia povertà (cfr. Gv 11,33), che mi viene incontro (cfr. Mt 18,12), che mi garantisce che «il meglio deve ancora venire» (cfr. Gv 2,1-11), che dona la pace – quella vera (cfr. Gv 14,27).

5 • …e invece che c’entrano le cadute?

Basilio di Cesarea (330-379), vescovo e teologo greco antico, in un’omelia sull’umiltà, parlando del momento in cui Pietro rinnega Gesù, dice che:

[Dio] lo abbandonò allora alla sua debolezza di uomo ed egli cadde nel rinnegamento, ma la sua caduta lo rese saggio e lo fece stare in guardia. Imparò a trattare con indulgenza i deboli, avendo conosciuto la propria debolezza, e da quel momento seppe con chiarezza che grazie alla forza di Cristo era stato custodito quando era in pericolo di morte a causa della sua mancanza di fede, nella tempesta dello scandalo, così come dalla destra di Cristo era stato salvato quando stava per sprofondare nel mare.

(BASILIO DI CESAREA, Omelia sull’umiltà 4, PG 31,532D-533A)

Infatti, tutti i talenti che possediamo, tutte le virtù, tutti i doni che Dio ci fa, se non sono vissuti nell’umiltà…

…sono una rovina per coloro che li ricevono… Se Dio ti accorda qualche dono, persuadilo a insegnarti anche come quel dono possa farti progredire nell’umiltà… oppure supplicalo di toglierti quel dono, affinché non divenga la causa della tua rovina. Infatti non tutti sono in grado di custodire una ricchezza, senza procurare un danno a sé stessi.

(ISACCO DI NINIVE, Prima collezione 58)

Ogni dono di Dio può essere occasione d’inciampo (per sé stessi o per gli altri):

  • il proprio aspetto;
  • una capacità fisica o un talento;
  • una particolare attitudine o propensione per una professione;
  • i soldi;
orgoglio stare sotto i riflettori selfie

Dunque, al pari delle umiliazioni, anche le cadute sono uno strumento di cui Dio spesso si serve per aiutarci a non confidare nelle nostre forze, ma a trovare riposo unicamente in Lui (cfr. Sal 55,7; Sal 116,6-7):

Ma la tentazione non è l’unica scuola di umiltà: anche il peccato, permesso da Dio quando sembra quasi a corto di altri mezzi, può diventare un passaggio di salvezza. Basterà ricordare il re David: è da lui, nel famoso Salmo 51, che la tradizione spirituale ha preso l’immagine del “cuore affranto e umiliato”. David era sì caduto nel peccato, ma il suo peccato divenne per lui una felix culpa, una felice colpa, che lo mise sulla via della salvezza.

(ANDRÉ LOUF, L’umiltà; con antologia di testi patristici, Qiqajon, Magnano (BI) 2000, p.42)

6 • Rimboccarsi le maniche e provare a «fare i bravi»… senza umiltà

Scriveva Isacco di Ninive:

Fintanto che uno non è umile, non riceverà alcuna ricompensa per la sua ascesi. La ricompensa non viene data a causa dell’ascesi, ma a causa dell’umiltà… La ricompensa non viene neppure data per la virtù, ma per l’umiltà che nasce dalle due. Se manca l’umiltà, vane sono l’ascesi e le virtù.

(ISACCO DI NINIVE, Prima collezione 58)

…e ancora:

Anche senza le opere, l’umiltà ottiene il perdono… invece senza l’umiltà le opere non sono di alcun profitto… Ciò che il sale è per il cibo, l’umiltà lo è per le virtù… ma senza di essa tutte le nostre opere sono vane, ogni virtù e ogni ascesi.

(ISACCO DI NINIVE, Prima collezione 72)

gesu marta e maria

Nel cammino di conversione l’iniziativa non sta a me, ma a Dio.

È Dio che opera questo cambiamento, è Lui che si abbassa sulle mie povertà per colmarle: nel Credo diciamo che «per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo». È Lui che scende.

Senza fretta, nei tempi e nei modi che non decido io:

I più orgogliosi poi, quando si rendono conto delle loro imperfezioni se la prendono con sé stessi poiché tanta è la loro impazienza, che pretenderebbero di farsi santi in un giorno. Questi elaborano molti buoni propositi e se non riescono a metterli in pratica si irritano, perché oltre a mancare di umiltà non hanno neppure la pazienza di aspettare che Dio glieli faccia realizzare quando a Lui piace.

(GIOVANNI DELLA CROCE, Notte oscura, Città nuova, Roma 2006, p. 33-34)

Non a caso Agostino d’Ippona diceva che:

L’umiltà è pressoché l’unica disciplina cristiana.

(AGOSTINO, Discorsi 351,3,4)

Conclusione

Qualche mese fa ho letto un libro di don Giuseppe Forlai (classe ’72) queste righe:

Molte persone credono di essere nate per fare cose grandiose, pie o utili al prossimo. Col tempo si comprende che la grandezza di un’anima si misura dentro la piccola storia che le è data da vivere.
Credere con cuore grande che il poco che mi è dato di compiere oggi, nascosto e ignorato, salva il mondo, è un atto di fede che sposta le montagne.

(GIUSEPPE FORLAI, Vestirsi di luce : introduzione pratica alla vita nello Spirito, Paoline, Milano 2018, p.27-28)

Don Giuseppe ha ragione…

…solo che io sono un crapone, e spesso mi comporto come il mulo della poesia di Jean de La Fontaine (1621-1695), scrittore e poeta francese:

Nel portar certe reliquie
un muletto lusingavasi
che per lui gl’incensi fossero
e le lunghe litanie,
onde spesso riverente
per le piazze, per le vie,
salutavalo la gente.

Ma trovò chi finalmente
gli levò dal cor l’inganno:
– Non per te gl’incensi e i cantici,
bestia sciocca,
dal buon popolo si fanno,
ma per ciò che in spalla porti.
Rendi dunque alle reliquie
quest’onor che non ti tocca -.

Alla croce, al grado, al titolo,
illustrissimi cretini,
non a voi sono gli inchini.

(JEAN DE LA FONTAINE, Fables, libro IV, 14; traduzione dal francese di Emilio De Marchi – XIX secolo)

sale

(Autunno 2021)

Fonti/approfondimenti

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