La parola «combattimento» accanto a «spirituale» – da che mondo è mondo – fa venire in mente una sola cosa:
Come mai?
Tra storie sanguinolente dell’Antico Testamento, in cui gli ebrei passano a fil di spada «uomini e donne, giovani e vecchi, buoi, pecore e asini» (Gios 6,21), campagne militari dell’«Europa cristiana» contro «gli infedeli in Oriente» (tra crociate, Impero Ottomano, turchi, Lepanto, etc.) (*), hai voglia a darsi «botte spirituali»!
(*) (Prima o poi giuro che sul blog parlerò anche delle crociate, per provare a sfatare le solite castronerie che si sentono dire in giro…)
1 • Combattimento spirituale… ma «contro chi»?
Un paio di anni fa, Papa Francesco ricordava che:
La vita cristiana è un combattimento permanente.
(PAPA FRANCESCO, Esortazione apostolica Gaudete et exultate, n.158)
E in uno dei documenti del Concilio Vaticano II (che si è svolto negli anni ’60 del secolo scorso) troviamo questa frase altisonante:
Tutta intera la storia umana è infatti pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre; lotta incominciata fin dall’origine del mondo, che durerà, come dice il Signore, fino all’ultimo giorno. Inserito in questa battaglia, l’uomo deve combattere senza soste per rimanere saldo nel bene, né può conseguire la sua interiore unità se non a prezzo di grandi fatiche, con l’aiuto della grazia di Dio.
(Costituzione pastorale Gaudium et spes, n.37)
Mmmm…ok…
…ma combattere contro chi?
Il combattimento spirituale in realtà non ha a che fare con i Mori, i Mamelucchi o il Wahhabismo.
E no, non ha niente a che vedere col litigare con gli atei sulle pagine anticlericali di Instagram e Facebook…
No.
Nella lettera che scrive agli Efesini, Paolo di Tarso spiega che:
La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue […].
(Ef 6,12)
…cioè – parafrasando – la battaglia non è «contro le persone».
Il combattimento spirituale invece è contro il peccato, contro i vizî, contro le «tre concupiscenze», contro «l’uomo vecchio», contro l’attaccamento morboso al proprio ego, contro quella che gli antichi chiamavano «sclerocardia» (ovvero l’indurimento del cuore); in ultima analisi, contro quello che Giovanni nell’Apocalisse chiama «il serpente antico» (*) …
(*) (prometto che un giorno scriverò una paginetta specifica su di Lui…)
2 • Gli «ingredienti» del combattimento
Viene da sé quindi che il combattimento spirituale si svolge nel cuore dell’uomo.
È quello il campo di battaglia.
Tagliando un po’ con l’accetta, gli ingredienti in questa battaglia sono tre:
- l’intelletto
- la volontà
- la grazia di Dio
Affinché il combattimento sia efficace, ognuno di questi deve essere «dosato» in modo preciso…
…da quando esiste il cristianesimo – stringi stringi – tutte le eresie che si sono succedute nel corso della storia non sono state altro che un dosaggio sbagliato di questi tre ingredienti:
Scriveva Vladimir Solov’ëv (1853-1900), filosofo e teologo russo:
Per metterci realmente nella via della grazia, non basta la conoscenza intellettuale. È necessaria l’ascesi, cioè il movimento interiore della volontà: l’uomo deve interiormente combattere per ricevere in sé la grazia e la forza di Dio.
(VLADIMIR SOLOV’ËV, I fondamenti spirituali della vita, Lipa, Roma 2014, p. 34)
Cioè?
Continua Solov’ëv:
Questo movimento da parte dell’uomo, cioè la sua lotta interiore, percorre tre gradi: anzitutto, l’uomo deve provare avversione per il male, sentire e riconoscere il male come peccato.
In secondo luogo, l’uomo deve fare uno sforzo interiore per respingere da sé il male e staccarsi da esso.
In terzo luogo, consapevole che non saprebbe salvarsi dal male con le proprie forze, deve rivolgersi all’aiuto divino. E così, per ricevere la grazia, si richiede all’uomo: l’avversione al male morale come peccato, lo sforzo per liberarsi da esso e la conversione a Dio.
(VLADIMIR SOLOV’ËV, I fondamenti spirituali della vita, Lipa, Roma 2014, p. 34)
4 • Pericolo narcisismo!
Molte persone hanno un’immagine alquanto distorta del combattimento spirituale…
…e credono che coincida con l’esercizio di pratiche autolesionistiche, castrazioni o altre forme più o meno stoiche di ascesi:
Il senso di questo combattimento però non è mostrare i muscoli in una sorta di narcisismo spirituale.
Non si tratta di dimostrare (a sé stessi o agli altri) quanto siamo bravi a dominare le nostre passioni.
Non c’è una classifica. Non vince chi si sforza di più.
Il senso di questa lotta non è l’autoaffermazione sui propri sensi, ma amare Dio sopra ogni cosa e diventare – con l’aiuto dello Spirito Santo – sempre più pienamente figli di Dio, a immagine di Gesù (ciascuno secondo il proprio stato di vita, nel contesto quotidiano in cui vive… non si tratta di farsi tutti francescani o suore!).
In questo cammino capita di inciampare e di dare delle sgrugnate per terra.
Se dovesse succedere (e succede) è normalissimo: non c’è bisogno di farsi venire sensi di colpa.
Diceva san Francesco di Sales (1567-1622):
Mi pare che tutte le nostre volubilità derivino da un unico difetto, cioè che dimentichiamo l’insegnamento dei santi sulla necessità di pensare ogni giorno di essere all’inizio del nostro cammino verso la perfezione. Se tenessimo ben presente questa cosa, infatti, non ci stupiremmo minimamente di vedere in noi della miseria e nemmeno delle cose da eliminare. Non si finisce mai, occorre sempre ricominciare di buon cuore.
(SAN FRANCESCO DI SALES, Lettera a S.Giovanna di Chantal, 12 marzo 1615, citato in Siate santi… nella gioia, Itaca, Castel Bolognese (RA), 2018, p. 151)
Continua il santo francese:
Non turbiamoci per le nostre imperfezioni, giacché la nostra perfezione consiste nel combatterle, e non potremmo combatterle senza vederle, né vincerle senza imbatterci in esse.
La nostra vittoria non è nel non sentirle, bensì nel non consentirvi.
E consentirvi non vuol dir certo esserne infastiditi. È spesso necessario che, per l’esercizio della nostra umiltà, veniamo feriti in questa battaglia spirituale; ad ogni modo, non siamo mai sconfitti, se non quando abbiamo perso o la vita o il coraggio.
(SAN FRANCESCO DI SALES, Introduzione alla vita devota, I, 5, citato in Siate santi… nella gioia, Itaca, Castel Bolognese (RA), 2018, p. 151)
Conclusione
Nello stesso libro che ho citato sopra, Solov’ëv scriveva anche:
Se veramente vogliamo una vita libera e perfetta, allora dobbiamo affidarci e abbandonarci a Colui che può liberarci dal male e darci la forza del bene, a Colui che in eterno possiede la libertà e la perfezione.
(VLADIMIR SOLOV’ËV, I fondamenti spirituali della vita, Lipa, Roma 2014, p. 37)
Insomma, il cristianesimo non ha nulla a che vedere né col moralismo, né col volontarismo, né con lo stoicismo.
sale
(Autunno 2020)
- VLADIMIR SOLOV'ËV, I fondamenti spirituali della vita, Lipa, Roma 2014
- FRANCESCO DI SALES, Siate santi... nella gioia! Testi scelti per cristiani immersi nel mondo, Itaca : Oratorium, Castel Bolognese (RA) 2018
- MARKO IVAN RUPNIK, Il discernimento, Lipa, Roma 2004
- FËDOR DOSTOEVSKIJ, Memorie dal sottosuolo, Biblioteca Economica Newton, Roma 2005